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E così il cerchio di sua vita volse
Fuor del suo patrio nido, e così frutto
Alla semenza sua contrario colse.
Nè fu già sola Roma ingrata al tutto:
Risguarda Atene, dove Ingratitudo
Pose il suo nido, più che altrove brutto.
Nè valse contro a lei prender lo scudo,
Quando all'incontro assai leggi creolle
Per reprimer lor vizio atroce, e crudo.
E tanto più fu quella Città folle,
Quanto si vede, come con ragione
Conobbe il bene, e seguitar nol volle,
Milciade, Aristide, e Focione,

Di Temistocle ancor la dura sorte
Furon del viver suo buon testimone.
Questi per loro oprare egregio, e forte
Furo i trionfi, ch'egli ebbon da quella;
Prigione, esilio, vilipendio, e morte.
Perchè nel volgo le prese castella,
Il sangue sparso, e l'oneste ferite,
Di picciol fallo ogn' infamia cancella.
Ma l'ingiuste calunnie, e tanto ardite
Contro al buon cittadin, tal volta fanno
Tirannico un ingegno umano, e mite.
Spesso diventa un cittadin tiranno,
E del viver civil trapassa il segno,
Per non sentir d'Ingratitudo il danno.

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A Cesare occupar fe' questa il Regno;
E quel che Ingratitudo non concesse,
Gli diede la giust' ira, e'l giusto sdegno.
Ma lasciam ir del popol l'interesse;
'A' Principi, e moderni mi rivolto,
Dove anco ingrato cuor natura messe.
Acomatto Bascià, non dopo molto

Ch'egli ebbe dato il Regno a Baisitte, Mori col laccio intorno al collo avvolto. Ha le parti di Puglia derelitte

Consalvo, ed al suo Re sospetto vive, In premio delle Galliche sconfitte. Cerca del mondo tutte l'ampie rive. Troverai pochi Principi esser grati, Se leggerai quel che di lor si scrive. E vedrai, come i mutator di Stati, E donator di Regni sempremai Son con esilio, o morte ristorati. Perchè se uno Stato mutar sai, Dubita chi tu hai Principe fatto, Tu non gli tolga quel che dato gli hai; E non ti osserva poi fede, nè patto; Perchè è più potente la paura

Ch'egli ha di te, che l' obbligo contratto. E tanto tempo questo timor dura,

Quanto e' pena a veder tua stirpe spenta,

E di te, e de' tuoi la sepoltura.

Ondechè spesso servendo si stenta,
E poi del ben servir se ne riporta
Misera vita, e morte violenta.
Dunque non sendo Ingratitudin morta,
Ciascun fuggir le Corti, e Stati debbe;
Che non c' è via, che guidi l'uom più corta
A pianger quel ch'e' volle, poi che l' ebbe.

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CAPITOLO

DELL' AMBIZIONE

A LUIGI GUICCIARDINI.

Luigi, poi che tu ti maravigli

Di questo caso, che a Siena è seguito, Non mi par che pel verso il mondo pigli. E se nuovo ti par quel ch'hai sentito, Come tu m'hai certificato, e scritto, Pensa un po' meglio all'umano appetito. Perchè dal Sol di Scizia a quel d'Egitto, Dall'Inghilterra all'opposita riva Si vede germinar questo delitto. Qual regione, o qual Città n'è priva? Qual bosco, qual tugurio? In ogni lato L'Ambizione, e l'Avarizia arriva. Queste nel mondo, come l'uom fu nato Nacquero ancora, e se non fusser quelle, Sarebbe assai felice il nostro stato. Di poco Iddio avea fatte le stelle, Il Ciel, la luce, gli elementi, e l'uomo, Dominator di tante cose belle;

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E la superbia degli Angeli domo,
Di Paradiso Adam fece ribello

Con la sua donna pel gustar del pomo;
Quando che (nati Cain, ed Abello,
Col Padre loro, e della lor fatica)
Vivendo lieti nel povero ostello.

Potenzia occulta, che in Ciel si nutrica
Tra le stelle, che quel girando serra,
Alla natura umana poco amica,

Per privarci di pace, e porci in guerra,
Per torci ogni quiete, ed ogni bene,
Mandò due Furie ad abitare in terra.
Nude son queste, e ciascheduna viene i
Con grazia tale, che agli occhi di molti
Pajon di quella, e di diletto piene.
Ma ciascheduna d'esse ha quattro volti
Con otto mani; e queste cose fanno
Ti prenda, e volga, ovunque una si volti
Con queste Invidia, Accidia, ed Odio vanno
Della lor peste riempiendo il mondo,
E con lor Crudeltà, Superbia o Inganno.
Da queste Concordia è cacciata in fondo;
E per mostrar la lor voglia infinita
Portano in mano un'urna senza fondo.
Per costor la quieta, e dolce vita,
Di che l'albergo d' Adam era pieno,
Si fu con pace, e carità fuggita.

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