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sto immediatamente dilatò il Pomerio : muros urbi Romae dilatavit ; nec tamen pomoerio addidit eo tempore, sed postea. Varrone De Ling. Lat. lib. IV. §. 143 dice: Postea qui fiebat orbis, urbis principium, qui quod erat post murum POMERIUM dictum (al. POSTMERIUM), eiusque ambitu auspicia urbana finiuntur. La etimologia pertanto traevasi dall' essere post moerum o murum, dietro il muro, cioè fuori, di là, senza essere al muro immediatamente aderente, e perciò Festo nel definirlo, chiamandolo Pontificale Pomoerium lo dice LOCUM ILLUM, AGRUMQUE PONE MURUM : e senza neppure essere eccedentemente lontano, altrimenti non reggerebbe il nome, onde lo stesso Festo nella voce PROSIMURIUM lo dice locum proximum muro: egli poi nel darne la etimologia la deduce da PRO, avanti, MOERUS, muro, che viene a ribattere all' altra indicata di sopra. Livio lib. I. c. XLIV. nel definire il pomerio come uno spazio puro (solum purum) dagli uomini, che non potevano nè abitarvi, nè coltivarlo, dice che così appellavasi tanto perchè stava dietro il muro, quanto perchè il muro stava dietro ad esso : Hoc spatium, quod neque habitari neque arari fas erat, non magis quod post murum esset, quam quod murus post id, pomoerium Romani appellarunt. Non essendo pertanto le mura che potevano determinare l'andamento del Pomerio fu necessario designarlo con cippi, de' quali molti pertinenti alla epoca imperiale di Augusto, Claudio, e Trajano si riportano dai raccoglitori delle lapidi, ed alcuni esistono nel Museo Vaticano. Quindi Varrone 1. c. dice: cippi Pomoerii stant et circum Ariciam et circum Romam. Questi venivano rimossi allorchè dilatavasi il Pomerio ed in tal circostanza gli Auguri pronunciavano la formola solenne conservataci da Festo in Prosimurium: Di TVTELARES URBIS POMERIVM HOC NE MIP. I. 8

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NVS MAIVSVE FAXITIS SED IIS QVIBVS TERMINATVM EST REGIONIEVS EFFERATIS. Ma non a tutti era lecito ampliare il Pomerio, solo il capo della republica poteva farlo che avea esteso i confini del dominio romano, di che quest' ampliamento era come una immagine. E dapprincipio questa facoltà fu ristretta soltanto a coloro che dilatavano i confini entro la Italia per testimonianza di Seneca 1. c. Sullam ultimum Romanorum protulisse pomoerium,, quod nunquam provinciali, sed ITALIco agro adquisito mos proferre apud antiquos fuit. Ma poscia fu diversamente, a segno, che Cesare, Augusto, Claudio, Nerone, Trajano, ed Aureliano lo anrpliarono per le provincie aggiunte all' imperio e conquistate sopra i barbari: quindi Festo dice, aver avuto il dritto di ampliarlo que' che acerebbero il popolo romano con campi tolti al nemico Tacito que' che dilatavano l' impero e Vopisco nella vita di Aureliano e. XXI più apertamente così si esprime: Pomoerio autem nemini principum licet addere nisi is qui AGRI BARBARICI aliqua parte Romanam Rempublicam locupletaverit.

Dopo avere determinato l' andamento delle mura di Servio men difficile riesce conoscere con approssimazione il sito delle porte che lo interrompevano, essendo chiaro che queste principalmente furono aperte nelle valli, e dove i monti presentavano men arduo l'accesso; imperciocchè dove questi erano tagliati a picco impossibile era aprirvi una porta. D'altronde tali e tante testimonianze ei rimangono negli antichi scrittori, e tanti confronti, che, meno poche eccezioni di alcune, può di tutte le altre determinarsi il sito con tale approssimazione che diviene precisione considerando la materia di che si tratta. Or dunque in quel tratto di recinto che era fra la rupe Tarpeia ed il Tevere tre porte si aprivano nella direzione delle tre strade moderne che

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rimarrebbero interrotte dalle mura, se queste esistessero, cioè la via di Ponte Rotto, via della Bocca della Verità, e via della Bufala. In questa fu notato di sopra essere stata la porta Carmentale fin dai tempi di Romulo, ma che rimase sempre anche dopo l' ampliazione del recinto fatta da Servio, essendo più volte ricordata negli antichi scrittori, e rimase pur dopo, come porta interna, allorchè Aureliano ed Onorio fecero i loro recinti essendo ricordata dai Regionarii. Fralle porte del recinto tulliano si nomina la Flumentana, così detta, perchè prossima al fiume, ed Argiletana, perchè nella contrada dell' Argileto, descritta nel paragrafo antecedente: era in sito basso e perciò gli edificii presso di essa andarono soggetti alle inondazioni del fiume l'anno di Roma 559 e 560, siccome narra Livio lib. XXXV. c. IX. e c. XXI. quindi evidentemente fu nella direzione della via di Ponte Rotto vicino all' ospizio di s. Luigi Gonzaga. In direzione della terza strada, cioè di quella che oggi porta il nome di via della Bocca della Verità presso l'ingresso dell' ospizio di s. Galla fu la porta Trionfale ricordata pel primo da Cicerone nella orazione contra Pisone c. XXIII. e così chiamata, perchè aperta solo per coloro che trionfanti entravano in Roma secondo Flavio Giuseppe Guerra Giudaica lib. VII. c. XVI: porta menzionata ancora da Tacito Ann. lib. I. c. VIII, Svetonio in Augusto c. C, e Dione lib. LVI c. XLII. Così che sebbene in questo tratto non esteso di molto, fra la rupe capitolina ed il Tevere fossero tre porte, questa Trionfale rimanendo chiusa, e la Carmentale in parte men frequentata, pel cattivo augurio de' Fabii, solo la Flumentana o Argiletana era la più battuta, quantunque il quartiere, specialmente ne' tempi floridi di Roma fosse de' più popolosi.

Le rupi del Capitolio non offrivano apertura per al

cuna porta, ma sulla falda orientale di quel colle, che oggi chiamano salita di Marforio, certamente una ne esisteva, non lungi dal sepolcro di Bibulo ancora superstite, fra questo ed il Foro Romano; anzi. sì vicina al sepolcro, che questo presenta la iscrizione ripetuta nel lato della strada moderna, come verso il Foro, indizio di trovarsi in mezzo all' area fuori della porta, o nel biforcamento di un bivio. Questa porta ebbe il nome di Ratumena per testimonianza concorde di Festo nella voce RATUMENA, di Plinio lib. VIII. c. XLII §. LXIV. Solino c. XLVII. e Plutarco in Poplicola c. XIII. dopo il prodigio accaduto di quell'auriga vejente dello stesso nome, che trascinato dai suoi cavalli da Veii a Roma ai tempi di Publicola, ivi alle falde del Campidoglio fu rovesciato Maius augurium, dice Plinio, apud priscos plebeiis circensibus excusso auriga, ita ut si staret in Capitolium cucurrisse equos, aedemque ter lustrasse : maximum vero eodem ( in Capitolium) pervenisse ab Veiis cum palma et corona EFFUSO RATUMENA " qui ibi vicerat, unde postea nomen portae est. Solino rischiara alquanto questo passo dicendo: Excusso quoque auriga, quem Ratumenam nominabant relicto certamine ad Capitolium quadriga prosiluit, nec ante substitit.... quam Tarpeium Iovem trina dextratione lustrasset. Questa porta stava alle falde del Capitolio; dall' altra parte alle falde del Quirinale in direzione della via odierna che dalla piazza Trajana conduce verso s. Maria in Campo Carleo e che chiamano via Alessandrina un' altra ne esisteva, che io credo essere la porta Catularia, così denominata, secondo Festo nella voce CATULARIA, perchè per essa ai 25 di aprile usciva la pompa, onde andare a compiere il sagrificio espiatorio di una cagna rossa e di una pecora nel luco o bosco sagro della dea Robigine, per ottenere la pre

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servazione delle biade gialleggianti dai maligni influssi della canicola. Dal calendario di Verrio Flacco è noto che quel lucó era sulla via claudia, o cassia al V. miglio antico, cioè al IV. moderno, onde corrisponde al bosco della Inzuccherata sulla mano sinistra della strada postale di Firenze; per conseguenza la porta Catularia dovea essere in quella direzione, e diversa dalla Ratumena testè descritta. Quindi si conosce come Ovidio, che abitava in Roma alle falde del Capitolio, siccome afferma egli stesso Tristium lib. I. el. III. v. 29, tornando in quel dì da Nomento a Roma s' imbattè in questa processione, che descrive ne'Fasti lib. IV. v. 901.

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Dopo la porta Catularia il Quirinale non presentava originalmente altro accesso che quello noto al volgo col nome di salita di Monte Cavallo: poichè le stra✈ de denominate via Magnanapoli, e vicolo della Gordonata sono accessi formati sulle rovine delle fabbriche traianèe, che fasciavano il monte da quella parte. Ma la salita di Monte Cavallo che chiamano via della Dateria è tracciata sull' andamento del vico de' Cornelii, strada di antica data, che fino al secolo XVI. conservò il suo nome. Ivi fu la porta Sanquale ricordata da Festo, come così detta dall' uccello di questo nome; perchè sacro a Sanco, l'Ercole de' Sabini, e corrispondente allą ossifraga de' Latini, al frosone di oggidì eisiccome un sacello di Sanco si ricorda da Livio lib. VIII. c. XX. come in vista del tempio di Quirino, che fu nell' orto del Noviziato de' pp. gesuiti, perciò quella porta non potè stare che ne' dintorni del palazzo pontificio propria mente detto. La salita delle Quattro Fontane corrispon de colla contrada ad Pirum dove abitò Marziale presso la Pila Tiburtina, come ricavasi dallo stesso poeta. In que' dintorni fu la porta Salutare menzionata da Festo che ne derivò la etimologia dalla prossimità del tem

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