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pio della Salute, o dai saluti. Notossi nel paragrafo antecedente che una delle punte del Quirinale ebbe il nome di Collis Salutaris perchè conteneva il tempio della Salute, e che quella punta fu spianata da papa Urbano VIII nel fare il giardino pontificio. Livio d' altronde indica lib. XXVIII la vicinanza di quel tempio a quello di Quirino, e Varrone de Ling. Lat. lib. IV. mostra quel tempio sopra una parte dello stesso colle Salutare. E' chiaro perciò che la porta Salutare fu ne'dintorni del quadrivio delle Quattro Fontane. Un altro accesso antico presenta il monte nella via di s. Susanna, giacchè il vicolo Sterrato che ne sarebbe un' altro è evidentemente moderno, vedendosi nell' andamento di quello fabbriche antiche troncate per aprirlo. Sembra, che la porta che ivi necessariamente dovè aprirsi fosse la Piacolare ricordata solo da Festo nella voce PIACULARIS come quella che traeva nome da espiazioni, piacula, che ivi facevansi imperciocchè vedrassi nel proseguimento di quest' articolo che non havvi altro luogo ove porla. Dall'imbocco della via di s. Susanna fino al principio dell'a

l'aggere di Servio, entro le vigne Mandosi e Barberini non presentasi il monte accessibile in alcuna parte; ma al principio dell'Aggere si vede l'apertura per una porta, e di questa può con sicurezza asserirsi che fu la Collina, chiamata pure secondo Festo Agonensis e Quirinalis; imperciocchè Dionisio e Strabone parlando dell' Aggere mostrano che alla estremità di esso sul Quirinale fu la porta Collina, ed all'altra estremità sull'Esquilino la Esquilina; inoltre Strabone mostra che le vie salaria e nomentana aveano principio alla porta Collina, e queste due strade possono tracciarsi ancora in modo che l'angolo del biforcamento viene a coincidere entro la vigna Barberini, dove appunto vedesi il principio dell' Aggere. Questa porta fu nel punto più vulnerabile delle

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mura e perciò i nemici di Roma da questa parte diressero i loro attacchi; quindi per essa entrarono i Galli il dì 18 di luglio dell'anno di Roma 365, ed ivi si presentò Annibale l'anno 543 per battere la città. Strabone descrivendo l'Aggere dice che in mezzo ad esso aprivasi la porta Viminale nominata da Festo e da Frontino. Il sito di essa si riconosce ancora entro la vigna Massimi già Negroni non lungi delle Terme Diocleziane e precisamente dove l'Aggere ha una specie di tumulo con una statua, circa 1600 piedi distante dalla porta Gollina. Il geografo sopraccitato mentre pone insieme con Dionisio la porta Esquilina alla estremità dell' Aggere, altrove dice che da questa porta uscivano le vie prenestina e labicana; ora il bivio di queste due strade apparisce ancora avanti la chiesa di s. Eusebio, e l' Aggere va terminare presso il vicino arco di Gallieno; quindi quest'arco medesimo può riguardarsi quasi sul sito della porta tulliana. Il nome di Esquilina derivò dal sito, sul quale trovavasi, che era il punto culminante delle Esquilie.

Da quel punto notossi che le mura rientravano in modo da cingere la vetta dell'Oppio: in tutto quel tratto un' accesso solo si traccia fino alla valle che separa l'Oppio dal Celio, e questo è dietro le così dette Sette Sale, dove è la porta della vigna Perotti; quindi ivi fu la porta antica, che ebbe il nome di Metia, porta di cattivo augurio, poichè secondo Plauto, che è il solo scrittore che la ricorda, per essa menavansi i rei al supplizio, ed i cadaveri al rogo nel Campo Esquilino. Veggasi la sua commedia intitolata il Buggiardello, Pseudolus, Atto I. Scena III. v. 97 e la Casina Atto II. Sc. VI. v. 2. La sua etimologia è incerta: il Longolio la vuol derivare da quel Mezio Astemio che per esser cessata la peste offri il prodotto della primavera ve,

gnente, uomini e bestiami agli dii: altri la derivarono da Mezio il traditore condottiere degli Albani punito con terribile supplizio da Tullo Ostilio: forse l'ebbe commune colla tribù Mezia da un castello di questo nome: Maecia tribus, dice Festo, a quodam castro sic appellatur, il quale castello sembra che fosse nell' Agro Romano fra Preneste e Tibur e si noti che il nome Maecia trovasi pur scritto Metia, colla stessa ortografia della porta.

Nella valle fra l'Oppio ed il Celio presso la odierna chiesa de' ss. Pietro e Marcellino fu la porta Querquetulana ricordata da Plinio lib. XVI. c. X. detta Querquetularia da Festo, seppure non sia, come par probabile, un'errore de'copisti, la quale trasse nome dal querceto dove trovavasi, che diè pure al Celio, come fu veduto a suo luogo, il nome di Querquetulano, ed al sacello delle Ninfe Querquetulane posto sulla falda adiacente dell'Esquilino, secondo Varrone de Ling. Lat. lib. IV. e Festo. Le strade che oggi si congiungono presso l'Ospedale di s. Giovanni Laterano dal centro di Roma, cioè lo stradone così detto, la via de' ss. Quattro, e la via di s. Stefano Rotondo sono nella direzione di vie antiche che mettevano capo al ripiano del Celio, detto dagli antichi Campus Coelimontanus. Laonde in quel punto fu la porta Celimontana, della quale fanno menzione Cicerone nella orazione contro Pisone c. XXIII. e Livio lib. XXXIV., che la mostra percossa dal fulmine l'anno di Roma 558. Et porta Coelimontana fulmine icta est, murusque circa multis locis de coelo tactus. Dopo il nodo delle tre strade sovraindicate la falda orientale del Celio presenta un accesso, oggi chiuso entro la vigna Fonseca, dove sono sorgenti abbellite con un ninfeo ristaurato ne'tempi moderni. Quelle fonti richiamano a memoria il Campus Fontinalium posto dai

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Regionarii nella regione del Celio, e travolto in Campus Fontinarum. Ivi celebravansi ai 13 di ottobre le feste Fontinali FONTINALIA, allorchè, secondo Varrone, gittavansi corone nelle fonti e coronavansi i pozzi. Da tal campo, e da tali feste ebbe nome la porta Fontinale secondo Festo, porta menzionata da Livio lib. XXXV allorchè narra di un portico eretto dalla porta Fontinale fino all'ara di Marte pel quale passavasi nel campo sovraindicato: e ricordata in un'ara mortuaria esistente al Vaticano, riferita dal Grutero p. DCXXIV. n. 11. Di là dall'accesso di vigna Fonseca un'altro ben chiaro ed ancora in uso se ne presenta nella strada, che dalla valle della Ferratella sale alla piazza della Navicella e che dicesi via delle Mole. La porta, che ivi aprivasi, essendo nella direzione del celebre luco di Ferentina presso la città di Marino, dove i Latini adunavano la loro dieta ebbe perciò il nome di porta Ferentina, viene nominata da Plutarco nella vita di Romulo c. XXIV dicendo che quel fondatore purificò con lustrazioni le città, e che quelle ceremonie dicevansi essere le stesse di quelle che a'suoi di facevansi alla porta Ferentina. Da quel punto fino all'angolo del colle entro la villa un di Mattei, il monte e le sostruzioni antiche esistenti mostrano apertamente che ne'tempi antichi non vi fu accesso veruno; ma sotto quest' angolo medesimo, dove le mura traversavano la pianura della Piscina Publica, di cui si parlò nel paragrafo antecedente, fu la ce lebre porta Capena, dove avea principio la via appia. La sua posizione viene geometricamente determinata dalla distanza della prima colonna migliaria di quella vià, scoperta fuori della porta Appia attuale a destra siccome può vedersi nella Dissertazione del Revillas inscrita nelle Memorie dell'Accademia di Cortona T. I p. II. La etimologia del nome si dedusse dal luco e tempio delle

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Camene, ad Camoenas siccome si legge nello scoliaste di Giovenale sat. III. v. 11, dal quale apprendiamo ancora che a'suoi giorni, cioè nel quinto secolo avea il nome di Arcus Stillans per essere soggetta al gocciolamento dell'acqua degli acquedotti della Marcia e dell' Appia, che ivi passavano, per la stessa ragione che Giovenale l'avea chiamata madidamque Capenam: e questo nome continuava a portare nel principio del secolo IX, come si trae dall'anonimo del Mabillon. Tre delle porte susseguenti possonsi determinare principalmente colla scorta di Varrone de Ling. Lat. lib. IV. §. 163. il quale pone primieramente la porta Nevia, così detta dai boschi nevii: quod in nemoribus Naeviis, boschi che Festo distingue dalla selva nevia, che stava quattro miglia fuori: Naeviam sylvam vocitatam extra urbem ad milliarium IV. quod Naevii cuiusdam ibi domus fuerit, a quo NEMORA NARVIA appellata etiam fuisse, Verrius ait: e riporta poco dopo le parole di Catone nella orazione contra Marco Celio: orsus iter eram a porta Naevia, a domo procul Naevia. Quindi, come sotto la falda dal Celio la porta Capena avea tratto nome dal lucus Camoenarum, così sotto la falda del falso Aventino, o del colle di s. Balbina la Nevia lo avea tratto, quod in nemoribus Naeviis. Che poi questa porta fosse in tale situazione si prova con Vittore, e col piedestallo esistente nel portico del palazzo de' Conservatori, sul quale leggesi il vico dalla porta Nevia dopo quello della porta Rudusculana nella regione XII. o della Piscina Publica, come pur si nota in Vittore; e perciò mal si apposero i topografi del secolo XVI. che credettero essere la porta Nevia corrispondente all'attuale porta Maggiore, tanto distante da s. Balbina. L'altra porta ricordata da Varrone dopo la Nevia è la Rauduscula, detta da Valerio Massimo lib. V. c. VI. §. 4. Raudusculana,

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