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ce che a' tempi suoi aprivansi appunto quattordici porte di prim' ordine, e varie porte secondarie, Tukdes, porticelle, posterne: Guerra Gotica lib. I. c. XV: e nominando egli in questa seconda categoria la Pinciana è prova che per nudes intese le nudes intese le porte che non erano sulle vie consolari, delle quali sulla sponda sinistra del Tevere notansi cinque non più esistenti, che aprivansi nel tratto delle mura oggi abbattuto fra il ponte Sisto e la porta del Popolo, e nel recinto tuttora esistente la Pinciana, quattro fra la porta Nomentana e la Tiburtina ancora visibili e la porta Metroni fra l'Asinaria e la Latina: sulla riva destra del fiume poi la Settimiana. Oggi sulla ripa sinistra del fiume apronsi otto porte, cioè quella detta del Popolo, la Salaria, la Pia, la s. Lorenzo, la Maggiore, la s. Giovanni, l'Appia o di s. Sebastiano, e la s. Paolo, o Ostiense: sulla destra quattro, la Portese, la s. Pancrazio, la Cavalleggieri, e l'Angelica, in tutto dodici. Sono chiuse la Pinciana, le due de' Castra Praetoria, la Viminale, la Metroni, la Latina, e l'Ardeatina sulla sinistra: la Pertusa e la Castello sulla destra: sono annullate la Settimiana, e la s. Spirito, ambedue pure nella contrada trastiberina.

Delle porte del recinto onoriano sulla sponda sinistra del fiume prima era l'Aurelia posta all'imbocco del ponte Elio, o s. Angelo attuale, che dall' essere situata sulla strada che mena direttamente a s. Pietro fu detta Porta s. Petri fino dal secolo V. della era volgare, come si trae dalla Cosmografia attribuita ad Etico. Chiamavasi però contemporaneamente ancora Aurelia nel secolo VI. siccome apparisce da Procopio Guerra Gotica lib. I. c. XV. XXII. Questa porta conservò almeno fino al secolo XII. il nome di porta s. Pietro, siccome ricavasi da un documento appartenente all'anno 1136 publicato dal Galletti Primicerio p. 299. e rimase fin

chè papa Alessandro VI. nell'ultimo periodo del secolo XV. unì la città Leoniana col resto di Roma. Di là dal ponte sovraindicato fu una contro-porta a fronte della città Leoniana, che Martino Polono Chron. lib. I. c. IV. e V. appella Collina, nome che si ricorda pure nell'opuscolo del Mirabilia Romae: questa non dee confondersi con la celebre porta del recinto tulliano posta in altra parte, e trasse la sua denominazione dal condurre ai colli gianicolensi: fu pure detta Porta Aenea la porta di bronzo, per essere fasciata di quel metallo: essa fu demolita sotto papa Pio IV. Fra questa porta ed il ponte Sisto, l'anonimo di Mabillon conta due posterne, e tre ne ricorda fra questa porta medesima e la Flaminia. Delle due prime una corrispondeva all'Arco di s.Faustino de Bresciani, nella contrada detta ne'tempi bassi de Captum Seccuta, Gatta Secuta, o de Cantu Secuto, siccome apparisce dal Registro Farfense n. 697 anno 1012, e da altre carte esistenti nell' archivio di s. Maria in Via Lata pertinenti all'anno 1064 veggansi su questa contrada il Nerini nella storia di s. Alessio ed il Galletti Primicero pag. 81. Tale posterna nel secolo XI. avea nome di Posterula de Episcopo, siccome ricavasi dal Registro farfense sovraindicato, anno 1012. L'altra posterna fu presso la chiesa di s. Giovanni de' Fiorentini, dove era l'imbocco del ponte Vaticano volgarmente detto Trionfale; ma di questa s'ignora il nome. Delle tre fra la porta Aurelia e la Flaminia, la prima fu presso una chiesa di s. Agata, che perciò designavasi col nome di s. Agatha de Posterula, come dall'altro canto per testimonianza del Bibliotecario quella posterna dicevasi Posterula s. Agathae: veggansi le vite di Niccolò I. e Benedetto III. Quella chiesa fu nel largo dell'Orso, e non dee confondersi, come insinua il Grimaldi con quella di s. Biagio della Tinta che era presso

s. Lucia della Tinta, imperciocchè nella bolla di Aga pito II. dell'anno 955, con che confermò i beni del monastero de' ss. Stefano, Dionisio, e Silvestro, oggi volgarmente noto col nome di s. Silvestro in Capite si distinguono la posterula quae s. Agathae, dalla posterula a Pigna cum ecclesia s. Blasii. La posterna di s. Agata ha dato nome alla chiesa di s. Maria in Posterula, presso la quale fu; quella detta della Pigna fu ne' dintorni della chiesa di s. Lucia della Tinta, e più probabilmente dove è il vicolo del Cancello, presso il quale rimane ancora una torre de' tempi bassi, forse avanzo del recinto antico. La terza posterna fu neʼdintorni del recinto della già Legnara, e di essa ignorasi il nome.

La porta del Popolo è succeduta alla porta Flaminia del recinto onoriano, ma non stà nello stesso sito, poichè Procopio Guerra Gotica lib. I. c. XXIII. descrive la Flaminia, come posta εν χωρῳ. κρημνώδει in un luogo precipitoso, οὐ λιαν ευπρόσοδος non molto accessibile, circostanze che non si trovano affatto in corrispondenza colla porta Flaminia odierna, ma che, stando sub luogo, bene si accordano colla falda del Pincio sovrastante alla chiesa di s. Maria del Popolo. Dall' altro canto Anastasio descrivendo le inondazioni avvenute in Roma ai tempi di Gregorio II. e di Adriano I. nel secolo VIII. mostra che la Flaminia soggiacque alle piene del Tevere in guisa che la prima volta entrò per essa in Roma, e sotto Adriano I. svelse anche la porta e la trasportò fino all' arco, che allora chiamavano Tres Faccicellas, e che sembra essere quello di Marco Aurelio presso il palazzo Fiano, che fu demolito da papa Alessandro VII. Quindi è chiaro che nell' intervallo fra l'anno 535, e 715 la porta Flaminia dalla falda dirupata del Pincio era stata trasportata nel piano del Campo Marzio, dove oggi si vede. Questa porta, che Anastasio du

rante il secolo IX chiama col nome originale, Flaminia, nel secolo susseguente, come pure in altre carte posteriori viene appellata di s. Valentino, siccome si ha nella bolla citata di sopra di Agapito II. dell' anno 955. nome che ebbe per la chiesa magnifica eretta un miglio fuori di essa a quel santo, circa l'anno 340 della era volgare da Giulio I. papa, ed oggi intieramente distrutta, la quale dicesi ancora negli scritti de' tempi bassi basilica s. Valentini, appunto per la magnificenza, e che ebbe annesso un monastero che sembra avere esistito fino al secolo XIV. Ma contemporaneamente ricordasi pure col nome originale di Flaminia, siccome si trae da Pandolfo Pisano nella vita di Gregorio VII. presso i Rerum Ital. Script. T. III. P. I. p. 313, allorchè narra come per essa entrò il feroce Guiscardo e questo nome non è ancora dimenticato, sebbene più communemente dicasi Porta del Popolo. Denominazione è questa che io non credo anteriore al principio del secolo XV, poichè per la prima volta si trova chiamata l'anno 1404 porta di s. Maria dello Popolo presso i Rerum Ital. Scr. T. XXIV. p. 973, e 974; onde parmi, che derivi dalla chiesa attinente eretta a spese del popolo romano, e non dai pioppi del Mausoleo di Augusto, che ai tempi in che sorse tale denominazione più non esistevano, e meno ancora dall'affluenza del popolo che nel secolo XV. certamente da questa parte non era quella di oggidì: e per brevità di enunciazione ben presto si disse porta del Popolo in luogo di porta di s. Maria del Popolo, nella stessa guisa che l' altra che ha nome di porta Maggiore dapprima porta di s. Maria Maggiore si disse. Porta del Popolo fu riedificata di nuovo da Pio IV. l'anno 1561 con architettura del Vignola: essa secondo il Baglioni era stata cominciata da Michelangelo. Nella parte esterna è ornata da quattro colonne doriche, due di grani

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to rosso e due di breccia pavonazza secondo il Corsi Delle Pietre Antiche p. 320 Ed. 1833. Poggiano queste sopra un basamento molto elevato che sostiene le statue degli apostoli Pietro e Paolo protettori della città scolpite da Francesco Mochi, sculture secche, manierate, meschine, che non sono degne certamente di presentarsi a chi entra in Roma, sede delle Arti moderne. Di queste narra il Passeri nelle Vite de' Pittori ec. p. 120, che erano state fatte per la chiesa di s. Paolo fuori delle mura, ma non essendo riuscite di soddisfazione dell'abbate di Monte Casino rimasero in retaggio alla moglie; dieci anni circa dopo la morte del Mochi papa Alessandro VII. nel ristaurare ed abbellire la porta fu consigliato da Girolamo Farnese suo maggiordomo di comprarle e collocarle dove oggi si veggono, e furono acquistate per mille scudi. La porta stessa per l'architettura è troppo manierata e meschina, poichè piccole sono le colonne e cagionano risalti, altissimo è l'attico e la porta angusta per la frequenza del popolo, è pure angusta per le proporzioni: povero è l'archivolto, La faccia interna fu edificata con architettura del Bernini l'anno 1655, allorchè la regina Cristina entrò in Roma: il Milizia nella sua Roma delle Belle Arti dopo aver criticato i difetti della faccia esterna dice della interna, meno ricchezze e meno difetti; io credo che debba piuttosto dirsi ignobile affatto, e che solo la magnificenza del luogo, che la circonda, mentre distrae l'occhio ne fa meno concepire i difetti. Di questa porta interna riedificata da Alessandro VII. si ha la memoria in una medaglia da lui battuta e riportata dal Bonanni Numism. Pontif. Rom. Tomo II, n. IX. p. 640. La parte inferiore delle torri quadrate, che la fiancheggiano nella parte esterna è fasciata di massi di marmo tolti da un monumento sepolcrale antico esistente sulla piazza del

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