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è naturale, che, dove sorsero edificii più grandi, più grande ancora sia stato l'ingombro che sul dorso de colli meno sensibile sia che alle falde, o nelle valli. Gli scavi fatti in diverse epoche in varie parti della città, sia per discoprire monumenti, sia per ristaurare cloache, sia per fare ristauri, o fondamenti alle fabbriche moderne, hanno determinato in molti punti il piano antico tanto sui colli, che nelle valli, e nel piano del Campo Marzio. E quanto ai colli, anche in quelli coperti da fabbriche grandissime, come a modo di esempio il Pa-. latino, il Capitolio, e l' Esquilino, generalmente l' ingombro non eccede gli 8 piedi, meno alcuni punti, dove anticamente era qualche seno che i moderni per appianare le strade hanno espressamente colmato, come avviene nel Celio presso l'arco di Dolabella, dove era il solco che separava dal Celio il Celiolo. Alle falde, il Celio stesso presenta vicino alla chiesa de' ss. Giovanni e Paolo un' esempio così notabile di rialzamento, che scavi ivi fatti verso la metà del secolo passato ai tempi di Piranesi fecero conoscere che il piano antico in quella parte era di circa 100 palmi, cioè 75 piedi romani profondo: e si noti che questo è l'esempio più forte d' innalzamento di suolo che finora si conosca. Nelle valli poi si ha questo risultato l' Argileto presso s. Nicola in Carcere, e s. Maria Egiziaca rimane ingombro di circa 9 piedi, il Circo, e la Piscina Publica di circa 24, la valle dell' Arco di Costantino 12, il Ceriolense 8, il Foro Romano 27, il Foro Transitorio 24, ed il Foro Trajano 10: il piano poi del Campo Marzio si conosce per la Relazione di Cipriano Cipriani fatta a papa Urbano VIII. ed esistente nella Biblioteca Barberini: essa fu data in luce dal Fea nella Miscellanea T. II. p. 229, e concerne i lavori fatti la per gran cloaca che raccoglie tutti gli scoli, e le immondezze da stra

da Condotti fino alla ripa del Tevere presso il Ghetto degli Ebrei alla Regola : relazione che uegli ultimi lavori fatti per espurgare questa medesima cloaca è stata trovata esatta. Risulta pertanto da questa, che partendo dalla ripa del Tevere, la piazza de' Cenci formatasi sulle rovine del teatro di Balbo è di 27 piedi circa superiore al piano antico, piazza Giudèa 18, la via de' Falegnami 18, la piazza di Argentina e dintorni 2a circa, l'arco della Ciambella 18 circa, s. Chiara 18, il Panteon ai gradini 5, ma alla parte superiore della piazza 18, la piazza della Maddalena 15, i Pastini 12, la piazza di Pietra 13, la piazza Colonna 18, la via del Corso da piazza Colonna a piazza di Sciarra 24, la stessa via da piazza Colonna alla via de' Condotti circa 10 e

mezzo.

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Dovunque poi si facciano scavi nelle varie parti di Roma, dove il terreno non sia stato mai mosso si osserva nel primo strato, o un relitto di acque indurito o vestigia d'incendio, o ruderi di edificii cadu ́ti e sopra questi, scarichi successivi artificiali di ogni sorta di materie. Quindi parmi doversi argomentare, che dopo la prima rovina delle fabbriche, o il primo abbandono de' luoghi, quelli scarichi si facessero sia per mettere in piano le ineguaglianze del suolo, sia per ripararsi dalle inondazioni, e specialmente per liberarsi dalle macerie. E su tal proposito farò osservare, che dopo che la città moderna è sorta, dal secolo XV. in poi, costantemente profittarono delle parti abbandonate per portarvisi ruderi della città nuova come tuttora continua a farsi e che la prova di fatto si ha in vedere questi accumulamenti di ruderi molto più considerabili dal secolo XV. in poi, e sopra tutto nel secolo susseguente allorchè la città nuova prese forma. Questo ha portato, che 'ne' luoghi piani gl' ingombri sono stati molto più con

siderabili, che ne' luoghi montuosi, come ne' più contigui all'abitato maggiori che ne' più lontani, poichè più commodo e più vicino era il trasporto delle materie: il Foro e le sue adiacenze erano in questo caso e lo scavo presso la Colonna di Foca è una dimostrazione di ciò che asserisco: i ruderi de' fabbricati ivi trovati ap partenevano al secolo XII.XIII. XIV. ed alle età seguenti :" primi vedevansi fondati sopra il suolo antico circa 4 piedi, gli ultimi, che appartenevano al secolo passato circa 17 piedi sopra: mentre il suolo presente è 27 piedi circa sopra il piano di travertino antico.

Per una coincidenza singolare accade che identico sia il numero delle regioni di Roma nella maggiore grandezza sua e di Roma attuale. Romulo divise il popolo romano in tre parti, poichè di tre principali frazioni si componeva Latini, Etruschi, e Sabini : chiamò queste parti tribù, perchè triplice fu quella divisione: il capo di ciascuna fu detto tribuno: e distinse i Latini col nome di Ramni, o Ramnensi, gli Etruschi con quello di Luceri, ed i Sabini con quello di Tiziensi: sede de'Ramnensi fu il Palatino, de'Luceri la valle intermedia fra questo colle e quello detto allora Tarpeio, e de' Tiziensi il colle Tarpeio medesimo. Veggasi su questa divisione primitiva di Roma ciò che ne scrissero Dionisio lib. II. c. VII. Livio lib. I. c. XIII. lib. X. c. VI. Varrone, Plutarco, ed Asconio ne' commentarii alla seconda Verrina. Ciascuna di queste tre parti fu suddivisa in dieci, che dallo adunarsi, che facevano in una stanza determinata, che in latino dicevasi coire, furono appellate Curiae : quindi può dirsi che Roma primitiva fu divisa in tre regioni, ed in trenta curie. Di queste curie Festo in Novae Curiae ha conservato il nome di quattro, Foriensis, Rapta, Veliensis, e Velitia ed altrove quello della Tifata: Livio lib. IX. c. XXXVIII. quello della

Faucia: quelli delle altre s' ignorano. Tradizione volgare presso gli antichi era che i nomi dati alle curie derivavano dalle vergini sabine rapite; ma questa tradizione riprovasi da Plutarco, e giustamente, poichè la Foriensis, o Forensis ebbe nome dal Foro, la Veliensis, e Velitia dalla Velia parte del Palatino, la Tifata per testimonianza medesima di Festo da un elceto, la Titia da Tito Tazio. Ciascuna curia avea una stanza dove adunavansi separatamente una dall'altra: ma queste stanze erano insieme unite: Curiae veteres si dissero queste stanze primitive da Tacito, che le mostra Ann. lib. XII. c. XXIX. come poste nel lato del Palatino che guarda il Celio come Curiae novae quelle posteriori, che Festo dice situate al nodo di vie, compitum, detto di Fabricio, e che vennero stabilite perchè la prime non erano sufficientemente ampie e come tribuno appellavasi il capo di una tribù, curio dicevasi quello di una curia, e curio maximus il capo de' curioni. Cento uomini poi si scelsero in ciascuna tribù, onde servire da cavalieri, e costituironsi così tre centurie, suddivise ciascuna in dieci sezioni dette decurie: quindi centurio fu detto il capo di ciascuna centuria, e decurio quello di ciascuna decuria. Credonsi queste istituzioni di origine etrusca, opinione non improbabile, e che si appoggia ancora all' autorità di Festo in Rituale, e di Servio Sch. in Aen. lib. X.

Gli accrescimenti fatti alla città da Numa, Tullo, ed Anco mossero Tarquinio a volere aumentare ancora il numero delle tribù; ma per la opposizione di Atto Navio augure raddoppiò le esistenti distinguendole coll' aggiunto di veteres e novi. Le grandi modificazioni apportaté da Servio Tullio all' amministrazione, e l'ampliamento dato al recinto di Roma, come portarono l'accrescimento del numero delle tribù, e la distinzione di

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queste in urbane e rustiche, secondo che eranvi ascritti i cittadini abitanti dentro, o fuori delle mura, così portarono ancora una nuova divisione dell'interno della città in quattro sezioni che chiamò regiones, regioni, ed impose loro i nomi secondo la località, nomi identici a quelli delle tribù urbane che furono pur quattro ; le curie però rimasero sempre trenta, almeno fino ai tempi di Augusto, come le avea stabilite Romulo; or siccome la popolazione crebbe immensamente, come fa vednto di sopra, tal confusione ne venne, che moltissimi non sapevano a qual curia appartenevano, e si rimediò alle mancanze religiose che necessariamente derivavano da questa confusione, nelle feste chiamate fornacali, alle quali in fine prendevano parte tutti coloro che non sapevano a quale curia appartenevano, siccome si ha in Ovidio Fast. lib. II. v. 527. ed in Festo nella voce Quirinalia. Varrone de Ling. Lat. lib. IV. ci ha conservato importanti notizie sulla divisione tulliana di Roma, che durava ancora a' suoi giorni: le regioni appellavansi Suburana, Esquilina, Gollina, e Palatina la prima comprendeva tutto intiero il monté Celio, la Subura che le dava nome, il Ceriolense, la via Sacra, e le Carine : la seconda l' Esquilino Oppio, e Cispio la terza il Viminale ed il Quirinale e la valle intermedia: la quarta il Palatino, il Capitolio, l' Aventino, le valli intermedie come quella del Foro, del Velabro, e del Circo, e la ripa dell' Argileto.

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Queste regioni, siccome ho detto, rimasero fino ad Augusto, il quale considerando quanto la popolazione, e per conseguenza l'abitato della città si fosse esteso anche fuori del recinto di Servio nell' ordinamento generale dell'amministrazione prese a cuore anche la nuova divisione della città, in regioni, e vici, siccome narra Svetonio nella sua vita c. XXX.: e siccome mostra

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