Immagini della pagina
PDF
ePub

sa? Quindi è da credersi che nelle pitture se ne servissero specialmente per le carnagioni. La Rubrica, spe→ cie di terra rossa, traevasi da molti paesi, secondo Vitruvio, la migliore però veniva da Sinope nel Ponto e perciò dicevasi ancora Sinopia, dall'Egitto, dalle Baleari, e da Lemno. La Sandaraca, oggi Sandracca, colore ben noto presso gli antichi, secondo Vitruvio é Plinio era naturale ed artificiale. La naturale si traeva dalle miniere di oro e di argento e l'artificiale facevasi col bruciare la biacca, e questa che si era accidentalmente conosciuta preferivasi alla naturale. Sil chiamavano quello che i Greci appellavano wypa, e che noi diciamo terra gialla, secondo Plinio lib.XXXIII.c.XII. la quale traevasi dalle miniere dell'oro e dell'argento. Questo colore trovavasi secondo Vitruvio in molte contrade, ma a tutte le altre specie anteponevasi quello dell' Attica; Plinio mentre afferma lo stesso nomina un' altra specie ancora che dicevasi marmorosum, ed una terza che appellavasi Syricum perchè traevasi dalla isola di Syros. Polignoto e Micone furono i primi a servirsene come colore. Bruciato, ed estinto il calore coll' aceto assumeva un tuono di color rosso-purpureo che chiamavasi U sta quasi arso o bruciato, come Usta pure dicevasi un' altro colore artificiale rosso tendente al giallo, ossia rosso aureo il quale facevasi cuocendo la biacca, ed era la sandracca artificiale, della quale si è discorso di sopra, e che fu scoperta a caso nell' incendio del Pireo, come narra Plinio lib. XXXV. c. VI. §. XX.

[ocr errors]

I metalli che servivano alla decorazione delle fabbriche erano l'oro, l'argento, ed il bronzo, de' quali facevansi varie specie di ornati ; ma fra questi l'oro, oltre servire alle volte per gli ornati, particolarmente usavasi per le dorature de' soffitti, delle porte, degli stucchi, de' marmi, de' bronzi ec. Dai monumenti che an

cora conservano la doratura, come la statua equestre di Marco Aurelio, quella dell' Ercole Capitolino ec. apparisce che doravano soltanto colle foglie di oro dopo avere coperto e ben stropicciato il metallo col mercurio, come mostra Plinio lib. XXXIII. c. VI. §. XXXII. il quale serviva di mordente. Le foglie però essendo più grosse delle nostre ne è venuto che tali dorature hanno potuto resistere al tempo, a che le nostre non avrebbero potuto resistere. Esempii di dorature nelle pitture e nelle pareti si hanno ne' sotterranei delle Terme dette di Tito, e nelle camere appellate i Bagni di Livia sul Palatino. Marmi dorati sono stati scoperti a' giorni nostri, come una urna presso Tor Sapienza fuori di Porta Maggiore sulla via prenestina l'anno 1818, che sembrava di legno indorato; anche la statua di Giulia figlia di Tito, scoperta l'anno 1828 presso il Battisterio Lateranense conservava traccie di doratura nel panneggiamento e Plinio lib. cit. c. III. §. XX. afferma che servivansi della chiara d' oro per mordente.

come

Dopo avere dato la nomenclatura de' materiali di uso e di lusso impiegati ne'monumenti, ed averne mostrata la provenienza, e tutto cio che ad essi direttamente si riferisce è d'uopo passare a far conoscere venissero usati e quale utile possa ritrarsi dal confronto de'monumenti superstiti, de'quali è concordemente conosciuta la data, e la nomenclatura. I monumenti antichi superstiti del tempo de' re sono:

cio.

1.0 Il Carcere Mamertino costrutto da Anco Mar

2.0 Il Carcere Tulliano e le Mura di Roma costrutte da Servio Tullio.

3.o La Cloaca Massima e la ripa attinente arginata, opera di Tarquinio il Superbo.

:

In questi monumenti le pietre impiegate nella parete esterna sono, nel Carcere il tufa litoide capitolino di color lionato nelle vestigia delle mura tulliane dietro la chiesa della Vittoria il tufa grigio granulare del Quirinale nell' arginatura e nella Cloaca il tufa principalmente di color lionato, misto al peperino, alla pietra gabina, ed al travertino. Queste pietre sono tagliate sempre in massi cubici oblonghi disposti ora in un senso ora nell' altro, senza però essere messe come suol dirsi a scacco, a segno che sovente le commettiture cadono una sovra l'altra: il masso interno poi è di scaglie di selce. Essendo costante questa costruzione, è chiaro che durante il governo de' re di Roma le pietre usate furono quelle sovraddescritte, e queste vennero tagliate in grandi cubi : onde non potrà mai riguardarsi come opera del tempo de' re un muro diver

samente costrutto.

Questo modo di costruire continuò per lungo tempo anche sotto il reggimento republicano, durante il quale furono costrutte molte fabbriche, che ancora più o meno conservate rimangono, e che appartengono al periodo fra l'anno 245 di Roma, 609 avanti la era volgare, e l'anno 711 in che fu data la battaglia di Filippi. Dall'anno 245 fino all' anno 365 non abbiamo alcun monumento; ma dopo quella epoca abbiamo i seguenti:

1.o Le mura costrutte da Camillo nel Capitolio, che si veggono dietro il palazzo de'Conservatori, opera dell'anno 368 che Livio lib. VI. c. III dice: in hac magnificentia urbis conspiciendum.

445.

: opus vel

2. Il sepolcro degli Scipioni già esistente l'anno

3.o L'acquedotto dell'Aniene Vecchia,opera dell'anno 481 di Roma.

4. Пl tempio della Speranza al Foro Olitorio, oggi piazza di s. Nicola in Carcere, edificato da Galatino circa l'anno 500.

5. Quello di Matuta nello stesso Foro eretto l'anno 559.

6.° Quello della Pietà pure nel Foro Olitorio costrutto l'anno 571.

7. L'acquedotto dell'acqua Marcia fabbricato nell'

anno 608.

8. Il tempio di Ercole Custode nella odierna contrada de'Cesarini compiuto prima che Silla abdicasse la dittatura l'anno 674.

9. Il Tabulario opera di Catulo console l'anno 676, 10. Il ponte Fabricio eretto l'anno 692.

11. Il Sepolcro di Bibulo lavoro dello stesso tempo. 12. Il teatro di Pompeo edificato nel terzo consolato di questo personaggio l'anno 701.

13.o Il monumento di Cecilia Metella costrutto circa lo stesso tempo.

14. Finalmente gli Orti di Sallustio che morì sotta Augusto, ma che furono fatti dopo il suo ritorno dal governo dell'Affrica affidatogli l'anno 706, e prima della morte di Cesare avvenuta l'anno 710.

Ne'monumenti testè enumerati costantemente si osserva, che fino alla epoca, in che fu edificato il teatro di Pompeo, mai altra costruzione non fu usata se non quella delle pietre enumerate di sopra e tagliate sempre a grandi cubi, non più disposti senza regola circa le commettiture, ma perfettamente a scacco : e nel Tabulario si osserva introdotto un nuovo metodo anche più solido che i cubi sono a strati alternati disposti ora nella lunghezza, ora nella larghezza, metodo che poscia in molte altre fabbriche si osserva, come per esempio nel sepolcro di Cecilia Metella. Nel

teatro di Pompeo le pareti intermedie sono di tufa tagliato in piccioli rombi, costruzione che Vitruvio chiama opus reticulatum e che noi diciamo opera reticolata, perchè nell'apparenza esterna presenta l'aspetto di una rete distesa. Questo è l'esempio più antico di un tal modo di rivestire le pareti, succeduto a quello di già introdotto nelle fabbriche romane, almeno fin dalla metà del secolo VI, di rivestir le pareti di piccioli poligoni di pietra tagliati a conio, che Vitruvio stesso appella opus antiquum perchè più anticamente usato, e che a' suoi di chiamavasi, opus incertum, e che noi diciamo opera incerta, perchè non presenta angoli regolari. Scarsi esempli abbiamo di questa costruzione in Roma, amplissimi nelle vicinanze. In Roma altri esempli non si conoscono, che pochi ruderi sul Palatino negli Orti Farnesiani, e presso il Tevere dove erano gli antichi Navalia. Il passaggio da una costruzione all'altra è patente nel teatro di Pompeo, ed in altre fabbriche dello stesso tempo, nelle quali questa costruzione è usata, poichè i rombi non sono molto regolari, e non disposti con quella regolarità colla quale posteriormente veggonsi collocati. Costantemente si osserva che la opera incerta e la opera reticolata è costrutta della pietra locale, in Roma di tufa, nel suo circondario, particolarmente sull'Appia, qualche volta di selce, nel territorio albano di peperino, nel gabino di pietra gabina, a Tusculo di pietra tusculana, o di selce a Preneste e Tivoli di calcaria locale ec. Quindi deducesi che la introduzione di questi metodi di edificare nascesse dal poter facilmente trasportare i materiali, e dalla moltitudine degli schiavi che dai potenti a questi lavori si destinavano. Avendo questi cave di pietra ne' loro fondi, e schiavi innumerevoli non atti ad altri lavori, men dispendioso per loro era occuparli in tali opere dovendo mantenerli, che far comprare, e cuocere l'ar

« IndietroContinua »