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presso Roma la sezione dello speco dell'acquedotto di Trajano poco prima di giungere alla villa Pamfili: dove il terreno avvallavasi costruivansi archi, de'quali la campagna intorno a Roma è popolata, onde mantenere l'acqua ad un livello determinato, e non esporre lo speco collo scendere e salire continuamente a ristauri continuati con gravissimo incommodo degli utenti. E siccome questi archi traversavano le vie fuori della città, allora facevansi con maggior magnificenza ed ampiezza, di che un esempio abbiamo a Tor del Fiscale fondata sull'incrociamento delle arcuazioni della Claudia e della Marcia sulla via latina. La magnificenza di tali archi sopra le vie molto più grande era a picciola distanza dalle porte, imperciocchè allora foggiavansi a guisa di archi trionfali, con colonne, e pilastri e con iscrizioni, e tre esempii magnifici ben conservati ne restano: quello dell'acqua Vergine nel palazzo del Bufalo incontro al Collegio Nazzareno, quello della Marcia, Tepula, e Giulia sulla via tiburtina a porta s. Lorenzo, e quello che passa tutti gli altri a porta Maggiore sulle vie prenestina e labicana che appartiene all'acquedotto delle acque Claudia ed Aniene Nuova. Affinchè poi le acque non deteriorassero per le influenze del sole e dell'aria esterna lo speco facevasi sempre coperto, e perchè giungessero depurate in Roma costruivansi di tratto in tratto serbatoi, onde l'acqua potesse fare i sedimenti: queste sono quelle che Frontino appella Piscinae limariae da limus fango : costruivansi alle volte ad un sol piano, alle volte a due: l' acqua entrandovi di sotto la volta trovava sfogo soltanto in fondo, dove cominciava a mano a mano ad emergere nel serbatoio contiguo fino a raggiungere il livello primitivo, quindi rientrava nello speco dell'acquedotto molto più pura di quello che n'era uscita. Così ripetutamente facevasi lungo tutto il corso dell'acquedotto che alle volte avea fino

a 62 m. di giro, come era il caso dell'Aniene Nuova, o 60, come era quello della Marcia: e siccome avveniva alle volte che due o tre acque diverse nell'avvicinarsi a Roma potevano pel loro livello portarsi nella stessa linea una sopra l'altra senza mescersi, sovrapponevansi queste una all'altra: quindi le sostruzioni e gli archi che in origine non portavano, che l'acqua Marcia portarono poscia sopra questa gli spechi della Tepula e della Giulia; e quelli della Claudia portarono ancora l'Aniene Nuova.

Sul punto di entrare in Roma l'acqua era raccolta in un gran serbatoio dove erano le fistole principali di riparto: questa specie di serbatoi dicevansi castella come quelli che essendo isolati, vasti, e chiusi da tutte le parti assomigliavano ad un castellum o luogo fortificato: e sopra questi era l'abitazione del castellarius, o custode: questo nome di castellum, castello in tal senso si è conservato ancora presso di noi. Dalle fistole del castello ripartivasi l'acqua dove volevasi per mezzo di tubi di piombo, diversi per manifattura e per forma da quelli che oggi sono in uso in Roma. Imperciocchè ogni giorno si trovano di questi tubi, e siccome presentano iscrizioni a rilievo portanti il nome, ora del solo proprietario del condotto, come per esempio L, NONI ASPRENATIS: ora accoppiato a quello dello stagnaio: SEX MARIVS EROS FECET: ora pur quello dell'edificio a che era destinato, è chiaro che le lastre non si battevano, altrimenti le lettere sarebbero rimaste schiacciate: quindi è da stabilirsi che le lastre pe'tubi antichi sono di piombo fuso, e non battuto. La forma poi non è cilindrica, ma conica, e si vede dal fatto che nel formare il tubo sovrapponevasi una estremità alquanto al disopra dell'altra, e questa torcevasi, leggermente battevasi, e saldavasi non collo stagno ma col piombo. Le chiavi ed i regolatori erano come oggi di metallo, ma in luogo di

maniglia i regolatori aveano un quadrante onde non potesse girarsi, se non da chi avea la contro chiave.

La distribuzione delle acque non era sempre perenne, o della medesima acqua, come avviene oggidì; imperciocchè il Fabretti de Aquis, et Aquaeduct. p. 144. riporta un brano di lapide esistente allora nell'orto del Priorato sull'Aventino, che sembra essere stato una specie di registro de' nomi degli utenti, e delle acque e delle ore in che le riceveano. Tale intermissione e diversità di acque spiega la moltiplicità de' serbatoi, ed alle volte la divisione di questi in varie aule affatto separate fra loro; imperciocchè non ricevendo l'acqua a tutte le ore, e non essendo sempre la medesima, se nel momento che essa fluiva, non serviva agli usi della casa, o della villa, non si lasciava andar via, ma conservavasi per la occasione opportuna.

Frontino S. VII. e Plinio lib. XXXVI. c. XV §. XXIV. n. 10. ci forniscono una idea delle spese che costavano queste opere portentose in una epoca in che la mano di opera a cagione degli schiavi era tanto meno dispendiosa de' tempi nostri. Imperciocchè per quello della Marcia furono assegnati 8,400,000 sesterzii, pari a 210,000 scudi odierni e quello di Claudio costò 55,500,000 sesterzii, cioè un millione 387,500 scudi.

Da tali osservazioni generali passando ora a descrivere gli avanzi superstiti degli acquedotti antichi, e di altre fabbriche che ne dipendevano, sia in Roma, sia nel circondario di due miglia intorno, premetto che non si conoscono entro questi limiti avanzi affatto degli acquedotti delle acque Algenziana, Alsietina, Aniene Vecchia, Appia, e Settimiana; fino però all'anno 1834 si vide lo speco troncato dell' Aniene Vecchia rasente il suolo, a sinistra uscendo dalla porta Maggiore, dove le mura della città hanno una torre angolare; ma in quel

l'anno essendo stata rialzata la strada rimase coperto: ed il Cassio Corso delle acque T. I. p. 147. narra la scoperta fatta l'anno 1720 dello speco dell'Alsietina presso lo sbocco, circa 30 piedi sotto il suolo attuale dirimpetto alla porta principale di s. Cosimato. Di nove acquedotti pertanto rimangono avanzi, cioè dell' Alessandrina, Aniene Nuova, Antoniniana, Claudia, Giulia, Marcia, Tepula, Trajana, e Vergine.

ALESSANDRINA. L'acquedotto dell' acqua Alessandrina fu edificato circa l'anno 225 della era volgare dall'imperadore Alessandro Severo, da cui trasse nome, il quale volendo edificar le sue terme magnifiche in quella parte del Campo Marzio oggi nota col nome di contrada di s. Luigi de' Francesi, e ne' tempi bassi di Scorticlari, nè potendo servirsi delle altre 12 acque precedentemente introdotte, perchè destinate ad altri usi dovette introdurne una auova, secondo Lampridio nella sua vita c. XXV: opera veterum principum instauravit: ipse nova multa constituit: in his thermas nominis sui iuxta eas, quae neronianae fuerunt, aqua inducta, quae Alexandrina nunc dicitur: e perciò l'epilogo di Vittore e della Notizia la ricordano fralle acque di Roma, Il Fabretti De Aquis et Aquaed. Diss. I. §. II. e seg. ne tracciò le vestigia dalle sorgenti fino alla distanza di un miglio da Roma, e nella opera dell' Analisi, io che le ho perlustrate le noto come si trovano ora; siccome però sarebbe estraneo allo scopo di questa opera ripetere ciò che riguarda questo acquedotto fuori del raggio delle 2. miglia da Roma, perciò l'ometto. Ricorderò soltanto che le sorgenti erano circa 13. m. lungi da Roma entro la tenuta di Pantano, e perciò l'acqua portata da Alessandro Severo corrisponde alla odierna acqua Felice, che è quanto dire aver Sisto V. ricondotto in Roma quest' acqua. Dentro la città non riman

gono vestigia cognite di questo acquedotto; ma fuori di porta Maggiore le prime ad apparire sono entro la vigna de' Certosini un miglio circa lungi da Roma a destra della via labicana, e quindi un mezzo miglio dopo se ne vede un altro bell' avanzo pure a destra della via nel recesso della valle di Acqua Bollicante, dove rimangono in piedi ancora 52 archi di opera laterizia, irregolari quanto alle dimensioni, e di costruzione molto negletta che dimostra la epoca in che vennero edificati. Siccome quest' acqua con altre aggiunte fu ricondotta in Roma per un nuovo acquedotto da Sisto V. che appellolla FELICE dal nome che egli avea prima di essere papa ne tornerò a parlare nella parte seconda all'articolo FONTANE,

ANIENE NUOVA v. CLAUDIA.

ANTONINIANA. L'imperadore Antonino Caracalla volendo edificare le sue terme nella regione della Piscina Publica costrusse ancora un nuovo acquedotto, onde poter fornirle dell'acqua necessaria; a tale uopo ristaurò con gran spesa quello della Marcia per varie dilamature interrotto, ed introdusse nello speco di questa una nuova sorgente, che chiamò dal nome suo assunto Antoniniana, siccome si trae dalla iscrizione che leggesi sul monumento dell' acqua Marcia a porta s. Lorenzo, dove fu rimosso il frontispizio, onde aver luogo per inserirla. Questa iscrizione merita di essere qui riferita; ma siccome nell' originale le linee sono così lunghe, che non potrebbero entrare in questa pagina, perciò ho dovuto contradistinguere con numeri fra parentesi il principio di ciascuna linea così:

(1) IMP. CAES. M. AVRELIVS. ANTONINVS. PIVS. FELIX. AVG. PARTH. MAXIM. (2) BRIT. MAXIMVS. PONTIFEX. MAXIMVS. (3) AQVAM. MARCIAM. VARIIS. KASIBVS. IMPEDITAM. PVRGATO.

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