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FONTE. EXCIS. ET. PERFORATIS. (4) MONTIBVS. RESTITVTA. FORMA. ADQVISITO. ETIAM. FONTE. NOVO. ANTONINIANO. (5) IN. SACRAM. VRBEM. SVAM. PERDVCENDAM. CVRAVIT.

Questo nuovo acquedotto fu fatto circa l'anno 212 della era volgare. Ignota è la sorgente antoniniana, ma siccome dalla iscrizione apparisce, essendo stata per un tratto mista colla Marcia, ed essendo questa riputata la migliore delle acque di Roma, ne siegue, che quella sorgente dovè essere lungo l'andamento di quell' acquedotto e di livello tale da poter immettersi nello speco della Marcia, come pure che fosse di qualità così perfetta, quanto quella. È pure ignoto dove venisse dalla Marcia distaccata e diretta verso le terme antoniniane, ma parmi che ciò accadesse circa al terzo miglio fuori della porta Capena sulla via latina, cioè presso Tor del Fiscale; imperciocchè dopo quel punto, venendo la via latina stessa verso Roma, ad un miglio e mezzo circa di distanza dalla porta sovraindicata, cioè poco più di mezzo dalla odierna porta Latina incontransi le vestigia delle sostruzioni di questo acquedotto a sinistra non molto lungi dalla via consolare, e presso un'antica strada che dalla Latina scende alla valle dell'Almone.

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Questa sostruzione si perde al bivio di queste due strade, tendendo a sinistra entro una vigna: diriggendosi allora verso la strada, che gira intorno alle mura di Roma fralle porte Latina ed Appia, o di s. Sebastiano, in luogo di sostruzione diventa arcuazione, che dove traversava la strada, è troncata, ma che si ravvisa sotto le mura stesse di Roma; ed ivi si traccia ancora lo speco, oggi murato: e nell'interno delle mura appariscono gli archi che andavano a legarsi coll'arco di Druso il quale non fu eretto, come monumento del suo acquedotto da Caracalla siccome crede il Piranesi Ant. Rom.

P. I.

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T. I. p. 18. n. 142; ma fu da lui a tale uso ridotto, siccome dimostrerò a suo luogo nell'articolo degli ARCHI. Sopra quell'arco però è certo che quell' imperadore fece passare la sua acqua vedendosi ancora lo speco, il quale fu dal Fabretti misurato: egli pone tali misure sotto la tavola XII, che rappresenta quest' arco nel modo seguente: larghezza 2 piedi e mezzo, altezza fino alla imposta della volta 5 piedi : la volta stessa poi dicesi avere un piede e tre oncie di corda: il masso da una parte e dall'altra 2 piedi e 10 oncie. Di là da quest'arco continuava l'arcuazione dell'acquedotto dentro la vigna Casali e nelle adiacenti, ed andava a por capo nella gran conserva delle terme di Caracalla. E di quest' arcuazione circa la metà del secolo passato gli avanzi erano così visibili, che l'acquedotto tracciavasi fino al suo termine; ma vennero distrutti successivamente nelle lavorazioni campestri. Fortunatamente se ne ha una memoria positiva nella pianta del Nolli edita l'anno 1748, e nella Tavola Topografica degli Acquedotti inserita nel tomo primo delle Antichità Romane del Piranesi l'anno 1756. Stando alla pianta del Nolli fin dal 1748 era sparito quanto di quell' acquedotto esisteva entro la vigna Casali; ma rimaneva tutta quella parte, che traversava, o lambiva la vigna De Marchis, la vigna Cantoni, e la vigna del Collegio Romano: non vi era però di opera arcuata, che un picciolo tratto intermedio fra le vigne Casali e Cantoni nella vigna De Marchis, il resto era sostruzione. Il Piranesi però la indica tutta, come opera arcuata. Certo è che oggi non ne rimane più nulla, tale è la demolizione, che se n'è fatta nella seconda metà del secolo passato! Quindi di tutto l'acquedotto non rimangono altre vestigia, che i pochi avanzi assai laceri di sostruzione che ho indicato di sopra sulla sponda sinistra della strada, che scende alla valle dell' Almone

fuori la porta Latina, e quelli presso l'arco di Druso. Si conosce però da questi, che era di opera laterizia di mattoni gialli, sottili, analoga a quella delle terme per la regolarità, e per la quantità del cemento, ma non pel colore de' mattoni, che nelle Terme sono più generalmente di argilla rossastra.

Dall' Anonimo del Mabillon ricavasi, che sul principio del secolo IX. quest' acquedotto avea il nome di forma Iopia, e che continuava a fluire, dicendosi quae currit de Marsia: prova di quanto si asseri di sopra circa la provenienza di quest' acqua dalla Marcia. Circa al nome di Iopia, cioè Iovia che allora avea, ho già notato ciò che dovea nelle nozioni generali sugli acquedotti. Ora Anastasio Bibliotecario scrive di Adriano I. circa l'anno 780 della era volgare, che quel papa fece ristaurare dai fondamenti la forma quae Iobia vocatur, la quale per venti anni era rimasta molto rovinata: quindi conosciamo, che l'Acquedotto Antoniniano ristaurato da questo papa continuò a servire nel secolo IX; poscia non se ne incontra più memoria.

CLAUDIA, ed ANIENE NUOVA. Ho creduto unire insieme in un solo paragrafo tutto ciò che concerne l'acquedotto di queste due acque, perchè essendo state insieme condottate da Claudio e nello stesso tempo, cioè l'anno 789 di Roma, o 36 della era volgare, e venendo sopra i medesimi archi per lungo tratto molte cose hanno in comune. L'acquedotto di queste due acque per la mole colossale degli archi e la magnificenza della loro costruzione di massi quadrilateri di tufa e peperino di che sono composti: per la grandezza degli spechi e pel giro di 62 miglia che avea, è il più grande fra tutti gli antichi non solo di Roma, ma dell' impero. E siccome gli avanzi che ne rimangono sono i più considerabili, perciò merita che con maggior diligenza venga descritto.

Alla morte di Tiberio avvenuta l'anno 37 della era vol. gare già venivano in Roma sette rivi di acque l'Appia, l'Aniene, la Marcia, la Tepula, la Giulia, la Vergine, e l'Alsietina. Salito sul trono Caligola, sembrando che poco bastassero questi, onde supplire agli usi publici ed ai piaceri privati nell'anno secondo del suo impero, cioè l'anno 791 di Roma, ossia 38 della era volgare, cominciò due nuovi acquedotti che poscia furono magnificamente compiuti e dedicati da Claudio suo successore l'anno 805, cioè 14 anni dopo: Frontino §. XIII. così chiaramente lo dichiara. Post hos C. Caesar, qui Tiberio successit, quum parum et publicis usibus et privatis voluptatibus septem ductus aquarum sufficere viderentur, altero imperii sui anno, M. Aquillio Iuliano, P. Nonio Asprenate coss. anno urbis conditae DCCLXXXXI. duos ductus inchoavit, quod opus Claudius magnificentissime consummavit, dedicavitque Sulla et Titiano coss. anno post urbem conditam DCCCV. kalendis augustis. Si conferma questo da Svetonio in Caligula c. XXI. il quale poi in Claudio c. XX. soggiunge, aver Claudio eseguito opere grandi, piuttosto guardando alla necessità che al numero: e fra queste le principali essere l'acquedotto cominciato da Cajo, l'emissario del lago Fucino, ed il porto Ostiense: essere le sorgenti della Claudia gelide e ricche, ed avere una il nome di fonte Curzio, l'altra di Ceruleo, ed Albudino: avere insieme condotto in città il rivo dell'Aniene Nuova, con acquedotto di pietra: ed averlo distribuito in molte ornatissime fontane versanti, lacus. Frontino poi §. XIV. designa le fonti della Claudia per amplissime, e bellissime, la Cerulea che trasse nome dalla somiglianza del colore, la Curzia probabilmente dal nome del fondo, e l'Albudina, che distingue dalla Cerulea, e che dice di tanta bontà, che quando, se ne avea bi

sogno mescevasi colla Marcia, senza che le qualità di questa ne risentissero alterazione: e questa terza sorgente, come la Cerulea ebbe nome anche essa dalla somiglianza del colore. Aggiunge Frontino, che l'altra fonte denominata Augusta, perchè allacciata ai tempi di Augusto a sussidio della Marcia fu pure posta a sussidio della Claudia, allorchè la Marcia non ne avea bisogno. L'Aniene Nuova poi così fu chiamata perchè derivavasi dall'Aniene, e perchè potesse distinguersi dall'altra acqua dello stesso nome portata in Roma fin dall'anno 481 dalla fondazione della città, la quale allora fu designata col nome di Aniene Vecchia. Quest' acqua ricevea un rivo limpido, e puro, che dicevasi Erculaneo. La Claudia traevasi da presso la via sublacense 38 m. lontano da Roma, sulla sponda destra del fiume Aniene: l'Aniene Nuova poi 42 m. distante da Roma dalla riva sinistra di quello stesso fiume, e poscia siccome veniva troppo torbida, secondo lo stesso Frontino, Trajano la prese dal lago, che dominava la villa sublacense sulla riva destra del fiume, cioè sotto il monastero di s. Scolastica a Subiaco; ossia 48 m. circa lungi da Roma. Queste due acque erano le più alte, che venivano a Roma siccome mostra Frontino, onde gli archi in certe valli aveano fino a 109 piedi di altezza. Hi sunt arcus altissimi sublevati in quibusdam locis CIX pedes: ed il monumento alla porta Maggiore è una prova di fatto dell'altezza di quest'acquedotto. Così Frontino medesimo §.LXXII. dice, che la Claudia era più abbondante delle altre, introducendo in Roma 4607 quinarie di acqua: e più sotto S. LXXIII. che l'Aniene Nuova ne introduceva 4738, che è quanto dire le due acque unite insieme ascendevano a 9345 quinarie; ora, secondo il medesimo scrittore gli altri sette acquedotti uniti insieme formavano 15,460 quinarie, quindi questi due soli spechi portavano più

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