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que. Le communicazioni fra questi anditi sono a scacco affinchè non venisse diminuita la robustezza de'muri allorchè dovea darsi esito alla massa enorme dell' acqua che contenevano. Esternamente veggonsi nicchioni e contrafforti, che potevano formare la decorazione del Ninfèo, supponendo quelle nicchie ornate di statue poste in vario atteggiamento, secondo il quale potevano essere disposti i getti delle acque, ed in tal caso la conserva stessa costituirebbe il corpo del Ninfeo. Ma siccome altre conserve antiche sono foggiate nella stessa guisa, perciò potrebbe anche credersi che quelle nicchie co' contrafforti fossero state edificate solo affine di dare maggior solidità al ricettacolo. Certo è che questo avanzo dà una idea perfetta dei ricettacoli, o conserve degli antichi Romani, di cui incontransi frequenti avanzi non solo in Roma e nel suo circondario; ma ancora altrove. Fra le fole spacciate dal Ficoroni nelle Vestigie di Roma Antica p. 103 havvi quella di essersi rinvenuto nell' emissario di questa conserva un tegolone colla Giudea piangente come si ravvisa nelle medaglie di Vespasiano colla epigrafe IVDAEA CAPTA, onde insinuare e quasi certificare che questa conserva sia lavoro di quel tempo fatta per uso delle Terme di Tito, e dell' Anfiteatro Flavio; ma tali marchi non si sono incontrati mai in altre fabbriche erette dai Flavii e specialmente nella mole immensa dell'Anfiteatro edificata appunto dopo la presa di Gerusalemme, quando vennero battute le medaglie col tipo enunciato di sopra.

GIULIA. L'acquedotto di quest' acqua secondo Frontino §. IX. fu costrutto da Marco Agrippa nella sua edilità l'anno di Roma 719, ossia 35 avanti la era volgare: l'acqua ebbe da lui il nome di Giulia, onde onorare il nome di Augusto, che dopo l'adozione di Cesare assunto i nomi di Caio Giulio Cesare Ottaviano.

avea

7 m.

Le sue sorgenti sono 2. miglia a destra della via Latina partendo dal XII. miglio da Roma, onde avea un corso di 15 m. e 426 passi: a Roma il suo livello era inferiore a quello dell'Aniene Nuova e della Claudia, e superiore a tutte le altre che sgorgavano sulla riva sinistra del Tevere. E siccome fu osservato, che per la qualità era identica alla Tepula, perciò Agrippa la unì col rivo di quella fino alla gran piscina limaria esistente lungi da Roma, dove affinchè non nascessero intralci nella distribuzione il volume delle due acque riunite fu diviso in due rivi, de'quali uno, ossia il superiore fu distinto col nome di Giulia, e l'altro col nome di Tepula, ed ambedue que' canali furono diretti sopra quello della Marcia che dalla medesima piscina limaria partiva, onde a Roma i tre rivi giungevano sopra la medesima opera arcuata, che in origine solo per la Marcia era stata edificata: quindi a sostegno di questa Agrippa dovè costruire rinfianchi di opera laterizia ancora superstiti. I tre spechi di queste acque sono in Roma visibili ancora a porta Maggiore, dove a sinistra di chi esce vedonsi traversare le mura odierne: ivi nella parte esterna rimane scoperto un pilastro dell' arcuazione, e nella interna un arco, e nell'uno e nell'altro appariscono i rinfianchi di opera laterizia fatti da Agrippa, di costruzione bellissima ed analoga a quella del Pantheon. Ritrovansi poi a porta s. Lorenzo, dove apparisce ancora il monumento costrutto di travertino per le tre acque e la continuazione dell' acquedotto verso la porta Viminale antica che era dentro la villa già Negroni, oggi Massimi, dove l'acquedotto andava in origine a terminare.Imperciocchè Frontino S.XIX dice: hae tres (aquae) a piscinis in eosdem arcus recipiuntur: summus his est Iuliae, inferior Tepulae, deinde Marciae, quae ad libram collis Viminalis coniunctim infra terram euntes ad Viminalem usque

portam deveniunt: ibi rursus emergunt. Quindi si vede che i tre spechi dalla porta s. Lorenzo diriggevansi verso l'aggere di Servio che fasciava il Viminale verso l'oriente dove entravano sotterra, per sboccare alla porta Viminale. Una parte però della Giulia ai tempi del lodato scrittore presso la porta Maggiore nella contrada allora detta ad Spem Veterem, cioè a destra della porta medesima si diramava sul Celio per mezzo de' castelli: Prius tamen pars Iuliae ad Spem Veterem excepta castellis Caelii montis diffunditur. Ma di questa diramazione oggi non rimangono più traccie. Quest' acqua essendo fra quelle ricordate nell'epilogo de' regionarii è prova che continuò a fluire almeno fino all' anno 537 della era volgare, allorchè Vitige ne troncò l'acquedotto e poscia non se ne incontra più menzione, indizio che forse non fu mai più risarcito.

Secondo Frontino alla epoca in che egli assunse la cura degli acquedotti, distribuivansi di quest' acqua in Roma 597 quinarie per le regioni II, III, V, VI, VIII, X, e XII in 17 castelli, cioè 18 quinarie a nome dell'imperadore, 196 ai privati, e 383 per gli usi publici: vale a dire a tre castra 69, a dieci fabbriche publiche 182, a tre luoghi di spettacoli 67, ed a 28 lacus, o fontane versanti 65.

A questo acquedotto oltre gli avanzi sovraindicati esistenti in Roma presso le porte Maggiore e s. Lorenzo appartengono il monumento sulla via Tiburtina alla porta s. Lorenzo, e la magnifica fontana sull'Esquilino incontro all'arco di Gallieno. E quanto al monumento, questo si compone di un arco magnifico di travertino, ornato di due pilastri di ordine dorico che originalmente sostenevano un frontispizio tolto da Caracalla per porvi la sua iscrizione riportata di sopra pag. 340 nella chiave è scolpito un bucranio: nell'attico

poi entro cui correva l'acqua Giulia è la iscrizione posta da Augusto: sotto sono quella sovraindicata di Caracalla, e quella di Tito che ristaurò l' acquedotto della Marcia. La prima dice:

IMP. CAESAR. dlvl. ivlI. f. avgvstvs
PONTIFEX. MAXIMVS. COS. XII.
TRIBVNIC. POTEST. XIX. IMP. xmil

RIVOS. AQVARVM. OMNIVM. REFECIT. Leggendosi in questa iscrizione avere Augusto nella XIX. potestà tribunizia risarcito tutti gli acquedotti, e corrispondendo questa all'anno 749 di Roma, ossia all'anno quinto avanti la era commune, è prova che il monumento venne eretto contemporaneamente, cioè 7. anni dopo la morte di Agrippa, e che Augusto in quell'anno diè compimento al ristauro degli acquedotti. Della iscrizione di Caracalla non farò motto avendola riportata ed illustrata di sopra. Quella di Tito dice:

IMP. TITVS. CAESAR. DIVI. F. VESPASIANVS. AVG. PONTIF. MAX
TRIBVNICIAE. POTEST. IX. IMP. XV. CENS. COS. VII. DESIGN. VIII
RIVOM. AQVAE. MARCIAE. VETVSTATE. DILAPSVM. REFECIT
ET. AQVAM. QVAE. IN. VSV. ESSE. DESIERAT. REDVXIT

Essa principalmente si riferisce al ristauro dell' acquedotto della Marcia ed appartiene all'anno 79 della era volgare in che egli succedette al padre, anno celebre per la eruzione vesuviana e per la rovina di Herculanum e Pompeii.

Dopo la epoca in che Frontino scrisse il suo trattato sugli acquedotti di Roma, l'acquedotto dell' acqua Giulia che siccome fu notato di sopra si dirigeva dal mo. numento sovraindicato alla porta Viminale fu da presso il monumento medesimo diretto in parte sul ripiano dell'Esquilino, che è dirimpetto all'arco di Gallieno, e di questo deviamento fan prova gli archi laterizii esistenti nella P. I.

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vigna dietro s. Eusebio, e le traccie della prosecuzione di questi nella vigna già della cura di s. Maria in Campo Carleo sulla sponda destra della strada di s. Bibiana. Questi avanzi presentano una costruzione analoga ad altre opere del tempo di Settimio Severo, onde io credo che debbansi attribuire a quell'imperadore, il quale secondo Sparziano nella sua vita c. XXIII. non solo si distinse col ristaurare tutte le fabbriche pubbliche di Roma, che per la vetustà minacciavano rovina, ma particolarmente molto occupossi degli acquedotti, siccome si vide di sopra parlando della Claudia, e condusse in Roma una nuova acqua che da lui fu appellata Settimiana, e Severiana. Quest' arcuazione si dirige immediatamente a quelli avanzi che torreggiano dirimpetto all'arco di Gallieno, e che il volgo appella i Trofei di Mario, e gli autiquarii designano co' nomi di Castello dell'acqua Marcia, Castello dell'acqua Claudia, e Castello dell'acqua Giulia. Ma come non v'ha dubbio che quest'avanzo sia la mostra di un'acquedotto, cioè una fontana magnifica dove un'acquedotto andava a terminare, come è certo, che l' acquedotto era quello testè indicato, essendo un fatto; così per le livellazioni eseguite dal Piranesi, che scrisse un trattato sul tal proposito, che intitolò del Castello dell'acqua Giulia, livellazioni che sono state ripetute nell'aano 1822 dai pensionati dell' Accademia di Francia, è oggi chiaro che quella fontana non poteva esser fornita dalla Marcia, perchè troppo bassa, non dalla Claudia, perchè troppo alta, ma dalla Giulia. Le osservazionì poi fatte l'anno 1822 dai pensionati francesi per mezzo di uno scavo a tale uopo eseguito provano che non fu un castello di distribuzione, mancando ogui traccia di riparto dell'acqua, ina una fontana magnifica, come oggi quella di Trevi, dove l'acqua cadendo per cinque bocche ancora

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