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visibili, e formando due cascate usciva per uno speco generale dal vascone inferiore diriggendosi alle parti più basse della città, dove era distribuita. Per questa bella fontana non poteva scersi miglior sito, poichè essa stava sopra il ripiano dell'Esquilino, che è la parte più elevata di Roma sulla riva sinistra del fiume: dirimpetto alla porta Esquilina, una delle parti allora più frequentate della città da cui uscivano le vie tiburtina, prenestina, e labicana, ed al bivio di queste due ultime vie, sendo che la prenestina corrispondeva alla odierna strada di s. Bibiana, e la labicana a quella di porta Maggiore. Semplice è la pianta di questa fontana, la quale fu data da Fabretti Diss. I. n. XI. da Piranesi, e da altri, e più recentemente da Canina Archit. Romana. Lo speco entrava nel masso di questa fabbrica dal canto di mezzodì, torce va verso occidente dove un pilastro divideva l'acqua in due rami, che suddividevansi prima in tre, e poi in cinque sboccando l'acqua per tre emissarii nella parte di mezzo, e per due nelle laterali: e cadendo in un recipiente superiore, per questo poi ricadevano nel recipiente inferiore, ossia nella vasca, donde poi l'acqua entrava in uno speco per andare a fornire le falde del colle e la parte bassa della città, come di sopra accennossi. La costruzione laterizia di questa fontana è identica a quella dell' arcuazione, e perciò anche essa è lavoro de'tempi di Severo. Circa poi la decorazione di questo edificio è chiaro, che in mezzo era formata da una nicchia amplissima, che conteneva qualche gruppo colossale, ed ai lati di questa entro due vani erano eretti due trofei di marmo che diedero origine alla denominazione volgare, e che sono quei medesimi che oggi si veggono sulla balaustrata di Campidoglio; imperciocchè rimasero su questa fontana fino all'anno 1585 allorchè Sisto V. diè lo

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rò quella nuova destinazione. Nella discrepanza delle opinioni emesse sopra questi trofei giova osservare che lo stile di questi è lungi dal presentare la epoca di Cesare, di Augusto, di Domiziano, o di Trajano come altri pretesero, poichè tutti convengono, che que'primitivi di Mario furono divelti e rotti da Silla: ma nella rigidezza del contorno, nella esecuzione stentata, e nell'abuso del trapano mostransi coevi alla data della massa del monumento, ossia alla epoca severiana, e facilmente se ne troverà la spiegazione nelle vittorie riportate da quell' augusto in oriente, che dierono origine al suo trionfo ed ai titoli, che come assunti da lui leggonsi nell'arco trionfale a piè del Campidoglio, cioè di Partico-Arabico, e Partico-Adiabenico. Nel dire però che questi non sono i trofei di Mario, come il volgo li appella non voglio negare, che que'trofei distrutti da Silla, e rialzati da Cesare, non fossero in questi dintorni, anzi parmi potersi affermare che lo furono, poichè la tradizione se ne era conservata ne'tempi bassi, quando Cimbrum e ad Cimbrum chiamavasi questa contrada ne' tempi di Martino Polono, di Petrarca, e di Poggio Fiorentino. Oltre la decorazione sovraindicata che presentava di fronte, del gruppo, e de'trofei, probabilmente anche di fianco sopra le due bocche laterali erano statue, come certamente da queʼlati e di fronte rimangono le traccie di nicchie contenenti statue che adornavano la fascia esterna del recipiente superiore.

MARCIA. Frontino ne apprende, che questo acquedotto fu edificato l'anno di Roma 608, ossia 146 avanti la era volgare, cioè precisamente quello che succedette alla presa di Cartagine e di Corinto. Autore ne fu Quinto Marcio Re, pretore che rendeva giustizia frai cittadini e gli stranieri, il gli stranieri, il quale avendo avuto ordine

dal senato di risarcire gli acquedotti di già esistenti delle acque Appia ed Aniene, di rivendicare le acque usurpate, e di condurne ancora delle nuove, onde supplire ai bisogni della popolazione accresciuta, intraprese la costruzione di questo nuovo acquedotto, impresa per la quale ottenne dal senato la somma di 8,400,000 sesterzii, equivalenti a 210, mila scudi. Ma non essendo questa sufficiente per un lavoro così grande, ebbe la proroga di un anno, e malgrado le opposizioni incontrate per parte de' decemviri custodi, ed interpreti de❜libri sibillini, pervenne a compierlo, e portò quest'acqua fino sul Campidoglio. Le sue sorgenti, che ancora si veggono, e sono abbondantissime, trovansi al miglio XXXVI dell'antica via valeria, oggi strada di Arsoli, andandovi per un diverticolo a destra di tre miglia: ivi allacciatasi l'acqua, che è di color limpidissimo, argentino, tendente al verde, veniva a Roma, dopo un corso di 60 miglia e 710 passi e mezzo; circa il settimo miglio distante da Roma Agrippa fece scorrere sopra le sostruzioni e gli archi di questo medesimo. acquedotto le aeque Tepula e Giulia, e perciò fu d'uopo di rinfiancarli, come si vede per tutto il tratto ancora superstite. Agrippa stesso ristaurò questo acquedotto l'anno 719 di Roma, siccome si trae da Frontino, e da Plinio, il quale commette un gravissimo anacronismo confondendo Quinto Marcio Re pretore, con Anco Marcio re di Roma. Fu di nuovo risarcito da Augusto l'anno 749, e da Tito l'anno 832 di Roma, siccome ricavasi dalle iscrizioni esistenti al monumento di porta s. Lorenzo riferite di sopra pag. 357. Venne pur ristaurato sul principio del terzo secolo della era volgare da Caracalla che v'introdusse la sua acqua antoniniana, siccome si trae dalla iscrizione superstite nel monumento sovraccitato e riportata alla p. 340. Sembra che l'ac

quedotto della Marcia servisse ancora nel secolo VIII, quando essendone caduta una parte rimase per 20 anni interrotto, e da papa Adriano I circa l'anno 780 fu risarcito. Allora avea come l'Antoniniana, che per questo medesimo acquedotto veniva, il nome di acqua Iopia, o Iobia cioè Iovia, nome ottenuto per qualche lavoro fatto da Diocleziano, il quale appellossi Iovius, e si servì di quest'acqua per le sue vastissime terme. Dopo il secolo IX più non si ricorda, ed oggi quest'acqua purissima e fresca va a perdersi nell'Aniene sotto le mole di Arsoli.

A' tempi di Nerva 10 delle 14 regioni di Roma la riceveano, cioè ne rimanevano prive la II, la XI, la XII, e la XIII: ma Trajano la portò ancora in due di queste cioè nella II, e nella XIII: per testimonianza dello stesso Frontino, che dice averne quell' Augusto fornito i colli Celio ed Aventino. Nelle dieci regioni sovrammenzionate erogavansi 1098 quinarie, per mezzo di 51 castelli, cioè 116 a nome di Cesare, 543 ai privati, e 439 per gli usi pubblici: cioè a quattro castra 41, a quindici fabbriche publiche 41, a dodici luoghi di spettacolo 104, ed a 113 fontane versanti 253. Il livello di quest' acqua in Roma era inferiore a quello dell' Aniene Nuova, della Claudia, della Giulia, e della Tepula. Per la qualità era riguardata come la migliore fra tutte quelle che venivano in Roma.

TEPULA. Quest' acquedotto siccome afferma Frontino §. VIII fu costrutto l'anno 627 di Roma dai censori Cneo Servilio Cepione, e Lucio Cassio Longino soprannomato Ravilla, i quali dierono all'acqua il nome di Tepula perchè le sorgenti erano alquanto tepide. Essa traevasi dall' agro lucullano 2 miglia lucullano 2 miglia a destra del X. miglio della via latina, ossia della stazione su quella via, denominata ad Decimum, che corrisponde all'odierno

casale di Ciampini sulla moderna strada di Grottaferrata, tracciata nell'andamento della Latina. Scorreva per un acquedotto separato fino alla gran piscina situata 7 miglia circa distante da Roma sulla stessa via latina, dove veniva portata nella città sopra l'acquedotto della Marcia, come la Giulia, colla quale siccome si vidé, fu da Agrippa mescolata, perchè di qualità identica, ma per non intralciare i registri della erogazione, lo speco separato della Tepula fu conservato, siccome mostra Frontino. Questo speco in Roma si vede ancora intermedio fra quelli della Giulia sopra, e della Marcia sotto, alla porta Maggiore ed alla porta s. Lorenzo, dove il monumento superstite descritto di sopra era commune a tutte e tre le acque. Questa continuò a fluire fino all'anno 537 della era volgare quando Vitige ne troncò l'acquedotto per testimonianza di Procopio citato a suo luogo, e dopo quella epoca non se ne incontra più memoria. Oggi come la Giulia perdesi nel rivo di Grotta Ferrata dal volgo appellato la Marrana.

Frontino §. LXXXII. dichiara, che allorchè egli venne fatto curatore delle acque sotto Nerva erogavansi 331 quinarie della Tepula per le regioni IV, V, VI, e VII. mediante 14 castelli, cioè 34 quinarie a nome di Cesare, 247 ai privati, e 50 per gli usi pubblici, vale a dire 12 ad un alloggiamento militare, 7 a tre edificii publici, e 31 a 13 lacus, o fontane versanti.

TRAJANA. Dopo che Frontino ebbe descritti gli acquedotti che a' suoi di venivano in Roma, i quali erano 9, Trajano ne costrusse un nuovo, che fu il decimo, al quale diè il suo nome, onde fornire di acque salubri la regione trastiberina, la quale antecedentemente siccome mostra Frontino S. XI. allorchè rifacevasi il lastricato de' ponti, o risarcivansi questi, era ridotta a servirsi dell'acqua Alsietina, acqua lurida, e poco salubre,

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