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nullius gratiae, immo etiam parum salubrem, et nusquam in usum populi fluentem : e che era stata condottata da Augusto a solo fine di fornire la sua Naumachia. Di questa opera di Trajano due monumenti ci rimangono contemporanei al suo compimento, la medaglia di quell'ottimo Augusto portante la data del quinto suo consolato, ed una bella iscrizione rinvenuta l'anno 1830. sul luogo, dove era stata collocata sopra l'andamento del condotto medesimo poco più oltre della stazione postale della Storta, presso il bivio delle vie Claudia e Cassia. Questa iscrizione determina con maggior precisione ancora della medaglia la data dell'acquedotto, poichè nota la XIII. potestà tribunicia di Trajano coincidente in parte nell'anno 109. in parte nell'anno 110. della era volgare. Le sorgenti di quest' acqua ritrovansi ancora 26. m. circa lungi da Roma fra il lago Sabbatino, oggi detto di Bracciano, e le terre di Bassano e dell'Oriolo, dove pur veggonsi le antiche allacciature ed i ricettacoli, che tutti insieme riuniscono le acque presso Vicarello in uno speco commune. Quest' acqua fu diretta a Roma sul Gianicolo, dove giungeva per mezzo di una opera arcuata costrutta in parte di reticolato, in parte di mattoni arrotati, le cui vestigia veggonsi a sinistra fuori la porta s. Pancrazio, andando verso la Villa Pamfili-Doria, e dentro Roma sotto il casino della Villa Spada, dove l'acquedotto terminava formando una magnifica fontana, di prospetto a tutta Roma, sulle cui rovine sorge il casino medesimo. Questi sono i soli avanzi di quell' acquedotto ancora superstiti in Roma, o nelle sue vicinanze, e particolarmente si ammirano per la precisione e bontà del lavoro. Quest' acqua continuò a fluire fino all'anno 537 della era volgare, ed una parte di essa era particolarmente destinata a far girare le mole erette a tale uopo sulla pendice del Gianicolo, siccome ricavasi da Procopio

Guerra Gotica lib. I. c. XV. e questo mosse Vitige nell'assedio che pose a Roma a troncar l'acquedotto, onde la città rimanesse priva di macinazione e venisse forzata alla resa. Finito quell' assedio l'acquedotto fu risarcito da Belisario, siccome si trae da un marmo riferito dal Cassio nel Corso delle Acque T. I. Era in pieno uso nel principio del secolo VII. per testimonianza di Anastasio Bibliotecario nella vita di Onorio I. ma l'anno 752 fu troncato da Astolfo re de' Longobardi, e quindi per 20 anni rimase interrotto, allorchè papa Adriano I. l'anno 772 nel salire al soglio pontificio ristaurollo, e così si ristabilirono le mole. Veggasi Anastasio Bibliotecario nelle vite di Stefano III. ed Adriano I. Rimase interrotto di nuovo nel secolo IX. e fu ristaurato da Gregorio IV. l'anno 827: e dopo la scorreria de' Saraceni dell'anno 846. essendo di nuovo rimasto troncato fu da papa Niccolò I. ristabilito. Mancano dopo quella epoca altre notizie dirette sopra quest' acquedotto, che però continuava a fluire almeno nel Vaticano l'anno 1561; ma poscia essendo in pieno deperimento fu rinnovato da papa Paolo V. nel secolo susseguente, siccome vedrassi trattando delle fontane e delle acque moderne nella parte II.

VERGINE. Marco Vipsanio Agrippa, che tanto operò per gli acquedotti durante la sua edilità, come fu notato di sopra, affine di animare i suoi deliziosi giardini che avea nel Campo Marzio ne' dintorni del Pantheon, e soprattutto per fornire di acqua perenne le terme ivi da lui edificate, senza profittare delle acque di già introdotte, costrusse di pianta un nuovo acquedotto allacciando le sorgenti che formavano pantani nell'agro lucullano otto miglia lungi da Roma sulla via collatina, siccome mostra Frontino §. X, l'anno di Roma 727, ossia 27 avanti la era volgare.Egli le diede il nome di Vergine

perchè andando i soldati in traccia delle sorgenti una verginella ne mostrò alcune che servirono di guida a conoscere le altre; laonde fu ivi edificata una edicola nella quale una pittura mostrava il fatto, e questa vedevasi ancora ai tempi di Frontino: tradizione più naturale e vera di quella allegata da Plinio Hist. Nat. lib. XXXI. e III. §. XXV. che vuol derivare il nome di Vergine dato a quest' acqua dall' aver essa schifato di mescersi col rivo Erculaneo che le scorreva dappresso. Questa è l'acqua che viene ancora in Roma in grande abbondanza, ed è purissima, e che il volgo chiama di Trevi dal nome della contrada dove oggi forma la gran fontana. L'acquedotto ha circa 14. m. di giro, ed entra in Roma moderna di là da Muro Torto, traversando il monte Pincio sotto la villa Medici, dove si discende per un antico adito scavato nella rupe del monte allo speco antico, ancor esso tagliato nello stesso masso. Di là costeggiando la falda occidentale dello stesso colle emergeva sopra archi sotto la contrada di Capo le Case, e questi archi probabilmente furono cagione che ne' tempi bassi si desse il nome di Arcioni a quel tratto della città, che in parte ancora lo conserva. Entrando l'acquedotto nel Campo Marzio sopra archi, varii monumenti conta va, dove questi traversavano pubbliche vie, ed uno ancora ne rimane presso il Collegio Nazareno, di che farò più sotto menzione particolare: uno pur n'ebbe necessariamente sulla via flaminia, ne' dintorni di piazza di Sciarra, dove secondo Frontino, §.XXII. questi archi medesimi aveano termine, continuando l'acquedotto coperto fino alle Terme, ed all'Euripo, stagno artificiale formato da Agrippa, ed insieme co' giardini lasciato al popolo romano, per testimonianza di Ovidio de Ponto lib. I. ep. VIII. v. 38:

Gramina nunc campi pulchros spectantis in hortos Stagnaque et Euripi, Virgineusque liquor.

Quest' acqua, che era di livello inferiore all'Aniene Vecchia, era la più apprezzata fralle acque di Roma per la grata sua temperatura, dicendo Plinio lib. XXXVI. c. XV. §. XXIV. quum quantum Virgo tactu, tantum. praestet Marcia haustu. Gelidissima l'appella Ovidio De Arte Amandi lib. III. v. 365: cruda, e nivea Marziale lib. VI. ep. XLII. lib. VII. ep. XXXII. onde particolarmente usavasi per bagnarsi e per nuotarvi: veggansi Seneca Epist. LXXXIII. Stazio Sylv. lib. I. §. V. e Marziale lib. XIV. v. CLXIII.

Quest' acquedotto venendo fuori di Roma quasi sempre sotterra ebbe a soffrir meno l'anno 537 nella devastazione fatta da Vitige. La trascuratezza però de' tempi susseguenti lo avea fatto ingombrare in guisa che circa l'anno 786 della era volgare papa Adriano I. lo nettò e lo risarci in modo che dice il Bibliotecario nella sua vita esser tornato a versare in Roma tale e tanta abbondanza di acqua da saziar tutta la città. E questo è l'unico ristauro del quale si faccia menzione negli scrittori de' tempi bassi circa quest' acquedotto, il quale, sebbene per le vicissitudini de' tempi, e l'abbandono di parecchi secoli avesse molto sofferto, continuò a portare acqua sempre, finchè le cure di Niccolò V. Sisto IV. Pio IV. e Gregorio XIII. siccome vedrassi nell'articolo delle FONTANE della Parte Seconda lo rimisero nello stato primitivo.

Frontino mostra che ai tempi di Nerva introducevansi in Roma di quest' acqua 2,304 quinarie che dividevansi nelle regioni meno elevate della città, cioè la VII. la IX, e la XIV. per mezzo di 18 castelli, cioè 549 a nome dell' imperadore, 338 ai privati, e 1417 per gli usi pubblici, cioè: 26 a due luoghi di spettacoli, 61 a 25 lacus, o vasche, e 1330 ad edificii pubblici delle quali 460 all' Euripo.

Or venendo al monumento ancora superstite di quest' acquedotto, del quale feci menzione di sopra, è questo un' arco interrato di travertino, analogo per la costruzione e per lo stile a quello dell' acqua Claudia a porta Maggiore, il quale è nel cortile del palazzo accanto a quello del marchese del Bufalo presso il Collegio Nazzareno. Sull' attico di quest' arco a lettere cubitali si legge la iscrizione seguente riferita da molti topografi di Roma, dalla quale apprendiamo come Claudio nella quinta sua potestà tribunicia, cioè l'anno di Roma 799 e della era volgare 46, dopo essere stato acclamato imperadore nove volte, essere stato console tre volte, e designato per la quarta, avea rifatto dalle fondamenta gli archi dell'Acqua Vergine, distrutti da Caligola suo predecessore:

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PONTIFEX. MAXIM. TRIB. POT. V. IMP. XI. P. P. COS. III. DESIG, IIII
ARCVS DVCTVS. AQVAE. VIRGINIS. DISTVRBATOS. PER. C. CAESAREM
A FVNDAMENTIS. NOVOS

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FECIT AC. RESTITVIT

A compimento di quest'articolo rimane, che io determini l'uso e la pertinenza di alcuni avanzi, che sebbene entrino nella categoria di quelli indicati finora, nulladimeno non si conosce a quali acquedotti positivamente appartengano, e perciò non ne fu discorso. Nella vigna stessa, nella quale sono gli avanzi del così detto tempio di Minerva Medica, e del castello dell' acqua Claudia descritto a suo luogo, sono fra que' due monumenti le vestigia di una gran conserva di opera laterizia del III. secolo della era volgare, molto malmenati dagli uomini, i quali dal Piranesi Antichità di Roma T. I. p. 16. n. 125. vennero designati col nome di Ninfèo di Settimio Severo, aggiungendo che a' suoi dì vi apparivano ancora le traccie delle fistole ed altri forami pel passaggio dell'acqua. Egli confuse Settimio con Alessandro

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