Immagini della pagina
PDF
ePub

venne la idea di unire insieme due teatri. Da tale unione derivò un edificio di forma ellittica, la cui area interna fu destinata a piazza per gli spettacoli, ed i sedili disposti intorno per gli spettatori presentarono l'aspetto di un teatro in giro, e perciò si diè il nome di Amphitheatrum a tutto l'edificio; nome che i Romani composero delle voci greche appt circum e Geat pov spectaculum, cioè un luogo da vedere da ogni parte. I Greci facilmente adottarono questo nome così direttamente procedente dalla loro lingua; considerando però che era particolarmente destinato all' uso delle caccie di belve lo appellarono ancora θεατρον κυνηγετικον, cioè teatro da caccia, denominazione particolarmente usata da Dione lib. XLIII. c. XXII. e lib. LXVI. c. XXV.

Circa tale destinazione particolare degli anfiteatri, per la quale vennero inventati, è da ricordarsi, che l'anno di Roma 502 Lucio Cecilio Metello proconsole, e pontefice, reduce dalla Sicilia, dove avea riportato sopra Cartaginesi la vittoria segnalata di Panormo (Palermo) condusse in Roma 142 elefanti presi in quella circostanza ai Cartaginesi, i quali introdotti nel Circo Massimo, solo edificio per spettacoli, che allora in Roma esistesse, furono uccisi a colpi di strali. Quello spettacolo però non può chiamarsi una caccia, ma un macello, che avrà potuto attrarre l'attenzione publica più per la novità della cosa, che per altre ragioni. E d'altronde i Romani volevano sbarazzarsi di quel peso, che non potevano mantenere, ed assuefare la vista a quelle grandi moli, che doveano sovente combattere a campo aperto. Da tale circostanza nulladimeno cominciò ad insinuarsi negli animi del popolo il trasporto per simili giuochi, che le guerre co'Cartaginesi non fecero, che viemmaggiormente alimentare. Imperciocchè mostra Polibio lib. I c. LXXXIV. che quel popolo faceva divorare dalle fiere

2

coloro, che come ribelli riguardava, e che così puniva Amilcare i mercenarii insorti, che faceva prigioni : ‹iv όσους λαβοι ζωγρεια παντας παρέβαλε τοις θηρίοις: e tutti quelli, che poteva prendere vivi esponeva alle bestie feroci: costume che guardato sotto l'aspetto di pena, per quanto terribile fosse, non presentava quella crudeltà che mostra a prima vista, poichè trattandosi di condannati a morire non era la mano dell'uomo che la sentenza eseguiva. E parmi potere asserire, che i Cartaginesi lo avessero portato dall'Asia, donde erano originarii, dove che fosse in uso da tempi remoti, apparisce dalla storia di Daniele esposto ai leoni. I Greci pel commercio che ebbero con quella contrada e soprattutto per le relazioni, che aveano co' re di Persia non l'ebbero in isdegno, poichè se vuol credersi a Cassiodoro Variar. lib. V. epist. XLII. attribuivasi agli Ateniesi stessi la invenzione di tali spettacoli. Che se sussistesse ciò che si afferma dal Bulengero nel trattato de Venatione Circi et Amphitheatri c. VI. risalirebbe questo costume in Grecia ai tempi di Solone e di Anacarsi lo Scita; imperciocchè riferisce un passo di Luciano nel Toxaris c. LIX. che narra essere stato lo scita presente allo spettacolo crudele di belve irritate a bella posta dagli uomini, ed incitate da cani, onde corressero a divorare delinquenti legati. Ma quel dialogo tratta di cose, o reali o immaginate, pertinenti al secolo degli Antonini, quando questa specie di giuochi si era diffusa per tutto l'impero romano, e d'altronde la scena fingesi da Luciano in Amastri città della Paflagonia sul Ponto Eussino, e non in Atene.

Comunque però vogliansi credere introdotti questi spettacoli in Roma, egli è certo che Tito Livio lib. XXXIX. c. XXII. nel riferire i giuochi sontuosi dati da Marco Fulvio Nobiliore l'anno 568 di Roma, giuo

chi, di che avea fatto voto nella guerra contra gli Etoli, dichiara, che allora per la prima volta si vide in Roma lo spettacolo degli atleti, e la caccia de' leoni, e delle pantere: Athletarum quoque certamen tum primo Romanis spectaculo fuit et venatio data leonum et pantherarum. E dall'Affrica si fecero venire allora, come ancor dopo, quelle belve, che perciò senza guardare alla specie diversa designavansi col nome di africanae. Imperciocchè narrando quello stesso storico lib. XLIV. c. XVIII. le feste date l'anno 586 dagli edili curuli Nasica e Lentulo così si esprime: Et iam magnificentia crescente notatum est ludis circensibus P. Cornelii Scipionis Nasicae et P. Lentuli aedilium curulium sexaginta tres AFRICANAS et quadraginta ursos et elephantos lusisse. Frattanto erasi introdotto il costume cartaginese presso i Romani di esporre alle belve i disertori stranieri, poichè leggesi nella epitome di Livio lib. LI. che Scipione Affricano minore ad imitazione di Emilio Paolo suo padre diè giuochi, ne'quali espose alle belve i disertori, ed i fuggiaschi: Scipio exemplo patris sui naturalis Aemilii Paulli, qui Macedoniam vicerat, ludos fecit, transfugasque ac fugitivos bestiis obiecit: fatto che è riferito da Valerio Massimo lib. II. c. VII. §. 13. 14. in questi termini: Nam posterior Africanus everso punico imperio exterarum gentium transfugas in edendis populo spectaculis feris obiecit. Et Lucius Paullus Perse rege superato eiusdem generis et culpae homines elephantis proterendos substravit. Tal pena poscia fu estesa ancora ai cittadini romani nelle provincie, siccome rilevasi da una lettera scritta da Pollione a Cicerone l'anno 710 di Roma che è la XXXII. del libro X. delle Familiari.

Quella magnificenza di giuochi andò crescendo, volendo chi li dava sorpassar sempre quelli che ante

cedentemente gli aveano dati. Plinio, che ha conservato la memoria di molti di tali spettacoli narra lib. VIII. c. XVI. §. XX. che Scevola nella sua edilità diè pel primo la caccia di molti leoni: e che Silla l'anno 660 nel celebrare feste per la pretura da lui ottenuta esibì la caccia di 100 leoni insieme, i quali narra Seneca de Brevitate Vitae c. XIII. furono allora per la prima volta lasciati sciolti nell'arena del circo, e dati ad uccidere ad arcieri spediti a tale uopo dall'Affrica dal re Bocco. Sorpassò quella splendidezza Scauro l'anno 695 ne' giuochi dati per la sua edilità mostrando 150 belve affricane, e per la prima volta un ippopotamo, e cinque coccodrilli, pe' quali scavò a bella posta un canale: Plinio 1. c. c. XVII. §. XXIV. Più sontuosi ancora furono quelli che diè Pompeo nel circo affine di festeggiare la dedicazione del suo teatro l'anno 698; imperciocchè dice Dione lib. XXXIX. c. XXXVIII, che in cinque giorni furono uccisi 500 leoni: e nell' ultimo dì 18 elefanti vennero attaccati dai legionarii, e questi divenuti furiosi, quantunque fossero chiusi da cancelli di ferro tentarono una irruzione sul popolo: universi, scrive su tal proposito Plinio lib. VIII. c. XVI. §. XX. eruptionem tentavere non sine vexatione populi circumdati clathris ferreis. Quelle caccie leggonsi descritte da Cicerone in una lettera a Marco Mario, che è la I. del libro VII. delle Familiari, in questi termini: Reliquae sunt venationes binae per dies quinque: magnificae, nemo negat; sed quae potest homini esse polito delectatio, quum aut homo imbecillus a valentissima bestia laniatur, aut praeclara bestia venabulo transverberatur? Quae tamen si videnda sunt saepe vidisti, neque nos qui haec spectavimus quidquam novi vidimus. Extremus elephantorum dies fuit, in quo admiratio magna vulgi, atque turbae, dele

ctatio nulla extitit. Quin etiam misericordia quaedam consequuta est atque opinio eiusmodi esse quamdam illi belluae cum genere humano societatem. Veggasi inoltre ciò che narrano Dione e Plutarco nella vita di Pompeo c. LII. Dieci anni dopo Cesare ne diede altri più grandi e magnifici, allorchè dedicò il suo Foro ed il tempio di Venere Genitrice, i quali sono descritti da Plinio, Svetonio, e Dione: e fra questi Svetonio in Caesare c. XXXIX. ricorda, che le caccie durarono cinque giorni, ed in fine si diede un finto combattimento nell'arena del circo, onde per dar maggior luogo ai combattenti furono tolte le mete, e perchè più sicuri fossero gli spettatori si scavò intorno un canale, che venne riempiuto di acqua: quel combattimento fu dato da 500 fanti, 300 cavalli, e 20 elefanti: ne' ginochi poi si fece spettacolo di una giraffa, che i Romani con vocabolo greco chiamavano camelopardalis, nome che essendo composto di camelus camelo, e di pardalis pantera designava la statura e le macchie della pelle dell' animale.

Essendo giunta tant' oltre la magnificenza di questi spettacoli, e divenendo ogni dì più communi, siccome gli edificii destinati ai giuochi, come i circhi ed i teatri non presentavano la commodità opportuna per darvi le caccie, e d'altronde non offrivano la sicurezza necessaria per gli spettatori, perciò fu d'uopo immaginare un edificio nuovo che unisse insieme la commodità del teatro per gli spettatori alla vastità del circo per gli spettacoli, vastità che però doveasi anche essa ridurre in modo che più circoscritta fosse l'arena. E la idea della nuova fabbrica fu fornita da ciò che erasi veduto ai tempi di Cajo Curione, il quale l'anno 695 diè giuochi splendidi ne' funerali del padre, dicendo Plinio lib. XXXVI. c. XV. §. XXII. n. 8, che non

« IndietroContinua »