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lavori sembra che facesse Trajano a questo anfiteatro, poichè in Pausania lib. V. c. XIII. a Trajano l'anfiteatro stesso si attribuisce: più sotto vedrassi aver egli probabilmente portato l'arena al piano attuale reggendola sopra sostruzioni. Altri giuochi vi diede Adriano nel suo giorno natalizio come ricavasi da Dione, e da Sparziano c. VII, ne' quali 100 leoni e 100 leonesse caddero, ed in sei giorni furono uccise 1000 belve. Capitolino nella vita di Antonino Pio c. VIII. ricorda un ristauro fatto da quell' imperadore a quest' anfiteatro, ristauro forse occasionato dal grande incendio che sotto quell' imperadore avvenne, nel quale per testimonianza dello stesso biografo perirono 350 isole. Feste grandi vi furono date sotto Marco Aurelio onde celebrare i suoi trionfi; ma i giuochi aufiteatrali mai non salirono a tanta gloria ed onore, e mai non furono così continuati e dispendiosi, come sotto Commodo che andava pazzo di tali spettacoli, che combattè da gladiatore e giostrò colle fiere, e che per maggior commodo e sicurezza aprì un passaggio sotterraneo per pervenire sul podio al suggesto imperiale, dove fu una volta indarno assalito da Quinziano. Veggasi sopra tutto questo ciò che hanno lasciato scritto Erodiano, Dione, e Lampridio. Solenni spettacoli vi furono celebrati da Severo, e frequentissimi giuochi gladiatorii vi diè Caracalla, che al dire di Dione, fra gli altri tratti di crudeltà diede ancor quello di forzare Batone celebre gladiatore di quel tempo, e stimato invincibile, a combattere successivamente nello stesso giorno contra tre avversarii, l'ultimo de' quali l'uccise, ed egli poi volle compensare la sua morte con un funerale magnifico. Morto quell' imperadore nell' imperio brevissimo di Macrino arse da cima a fondo; di questa catastrofe Dione, che ne fu testimonio, così ragiona lib. LXXVIII. e XXV: Il teatro venatorio percosso

percosso dal fulmine nel giorno stesso de' Vulcanali, cioè ai 23 di agosto, fu cosi incendiato, che rimasero consumati, tutto il recinto superiore, e tutti i gradini intorno: e quindi tutto il resto, arroventato dal fuoco, fu danneggiato : nè giovò a questo l'ajuto umano, quantunque vi scorresse, per così dire tutta l'acqua di Roma, nè potè arrestarlo l'acqua pluviale, che in gran copia, e con gran veemenza cadeva ; quasi che l'acqua che vi cadeva da ambo le parti venisse assorbita dalla forza de' lampi: e vi si aggiunse che per questo motivo lo spettacolo de' gladiatori per molti anni si diede nel circo. Questo passo mostra insieme la veemenza del fuoco, la facilità di appiccarsi, e la rapidità con che si propagò, indizio di molte parti di legno che allora costituivano la parte superiore della cavea: mostra inoltre quanto grave fosse quel danno che per varii anni rese inservibile questo edificio. Elagabalo che successe a Macrino cominciò il ristauro dell' anfiteatro per testimonianza di Lampridio in Heliogabalo cap. XVII. et amphitheatri instauratio post exustionem : ristauro, che poscia venne continuato, e compiuto da Alessandro Severo, che siccome narra lo stesso biografo c. XXIII. volse a questa opera come pure al ristauro del teatro di Marcello, del circo, e dell' erario le tasse che riscuotevansi sopra persone di male affare: Lenonum vectigal et meretricum, et exoletorum in sacrum aerarium inferri vetuit, sed sumptibus publicis ad instaurationem theatri, circi, amphitheatri,et aerarii deputavit. In memoria di questo ristauro, e de' giuochi gladiatorii, in tal circostanza celebrati, si hanno medaglie di quest' imperadore, che nel dritto presentano la sua protome paludata colla epigrafe: IMP CAES M AVR SEV ALEXANDER AVG, e nel rovescio l'anfiteatro con combattenti, e fuori di esso figure togate: P. I.

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intorno è la epigrafe PONTIF MAX TR P II COS PP S C prova, che tali giuochi si fecero l'anno 223 della era volgare, quando cade la seconda potestà tribunicia marcata in questa moneta. Un' altra medaglia di Gordiano III. offre nel dritto la protome di quell'imperadore colla epigrafe IMP GORDIANVS PIVS FELIX AVG e nel rovescio l'anfiteatro, che a sinistra ha la meta ed il colosso, a destra legato colla fabbrica è una specie di portichetto arcuato sostenuto da colonne ed ornato di un timpano, che copre una statua stante: in mezzo all'arena poi presenta un toro alle prese con un elefante: e dintorno la epigrafe MVNIFICENTIA GORDIANI AVG. Questo monumento numismatico non presenta una data positiva, ma appartiene al periodo fra l'anno 238 della era volgare in che Gordiano ebbe il titolo di Augusto, e l'anno 244, quando quell' imperadore rimase estinto pel nero tradimento di Filippo. Esso allude certamente a giuochi sontuosi dati da quell'imperadore, e Capitolino nella sua vita c. XXXIII indica, che Gordiano avea raccolte molte bestie in Roma, onde servirsene ne' publici spettacoli, cioè 30 elefanti, 10 alci, 10 tigri, 60 leoni ammansiti, 30 leopardi addomesticati, 10 iene, 1000 paia di gladiatori fiscali, cioè di uso del governo, un ippopotamo, ed un rinoceronte, 10 leoni di prim' ordine, 19 giraffe, 20 asini selvatici, e 40 cavalli indomiti, bestie che poscia furono tutte consumate da Filippo suo successore ne' giuochi secolari. Egli avea particolarmente fatto questo preparativo per celebrare il suo trionfo sopra i Persiani, troncato dalla immatura sua morte, Filippo arbitro dell' impero celebrò l'anno 1000 di Roma i giuochi secolari correndo l'anno 248 della era volgare con caccie sontuose date in questo anfiteatro siccome dimostra il Muratori negli Annaki, e secondo la indicazione testè allegata di Capito

lino. Sotto Decio andò soggetto ad un incendio circa l'anno 260: ma fu il danno di lieve momento, poichè venne ben presto ristaurato. Probo vi diede caccie sontuose, allorchè celebrò il suo trionfo l'anno 281: narra Vopisco c. XIX. che in tal circostanza nell' Anfiteatro Flavio in una sola volta fece uscire 100 leoni di primo ordine (iubati) che co' loro ruggiti facevano rimbombare la cavea a guisa di tuoni, e questi furono tutti uccisi, spettacolo di non gran ricercatezza, ma piuttosto macello: molti furono spenti con freccie. E poscia si diè la caccia di cento leopardi affricani, di cento siriaci, di cento leonesse, e di trecento orsi insieme, ripetendo il biografo che lo spettacolo riuscì più grande, che gradito: magnum magis constat spectaculum fuisse quam gratum: e dopo si diedero 300 paia di gladiatori, combattimento formato dai prigionieri portati in trionfo, per la maggior parte affricani della tribù de' Blemmii, ai quali si aggiunsero alcuni Germani e Sarmati, ed anche certi briganti Isauri. Numeriano vi diede altri giuochi sontuosi, che leggonsi descritti nella ecloga VII. di Calpurnio testimonio oculare, ecloga di grande importanza per conoscere alcune parti dell' Anfiteatro. Una legge del codice teodosiano lib. XVI. tit. VIII. 1. I. emanata ai 17 di decembre da Costantino in Serdica e ricevuta agli 8 di Marzo dell' anno 321 relativa al consultar degli aruspici în caso che un fulmine avesse colpito un edificio publico, siccome ricorda un simil fatto di un anfiteatro, fece credere, che si tratti del Flavio, ma non vi sono a mio parere prove sufficienti. Comunque però voglia intendersi quell' anfiteatro, è certo che se fu il Flavio, leggiero fu il danno che per quel fulmine ricevette poichè non se ne fa menzione, nè dagli storici, nè dalle cronache. Era nella sua piena integrità l'anno 357 allorchè viene ricordata da Ammiano 1. XVI.

c. X. con tanta meraviglia la sua mole, fasciata di travertini, e la sua altezza, alla quale difficilmente poteva pervenire la vista umana. Allora continuavano a darsi in esso le caccie, e gli spettacoli gladiatorii. Questi come notossi finirono l'anno 403. ma quelle continuarono almeno fino all' impero di Giustiniano, vale a dire per un altro buon secolo. L'autore della Miscella, Paolo Diacono narra lib. XIV, che circa i tempi della irruzione degli Unni nella Tracia e nell'Illirio, la quale dal Muratori negli Annali si fissa all'anno 442, Roma fu scossa da un terremoto casì tremendo, che molte fabbriche insigni caddero: Sub his fere diebus tam terribili terraemotu Roma concussa est ut plurimae aedes eius et aedificia corruerint. Fra gli edificii che allora soffrirono vi fu l'Anfiteatro Flavio, il quale venne ristaurato per le cure di Rufo Cecina Felice Lampadio prefetto di Roma, che rifece di nuovo il piano dell'arena, il podio, e le porte posteriori, e ristabilì i gradini, siccome leggesi nella lapide frammentata marmorea scoperta l'anno 1814 e collocata nell' arena presso la porta

orientale. Essa dice:

SALVis. dd. NN. THEODOSIO. ET. PLACIDO. valentiniano avgg. RVFVS. CAECINA. FELIX. LAMPADIVS. VC. et. inl. praef. vrb. HARENAM.AMPHITEATRI.A.NOVO.VNA.CVM. Podio.et.portis.posti CIS. SED. ET. REPARATIS. SPECTACVLI. GRADIBVS. restitvit

dove è da notarsi, che il Rufo Cecina Felice Lampadio nella lapide ricordato dee aggiungersi alla serie de'prefetti di Roma, e collocarsi nell'anno 442 che fino alla epoca di questa scoperta era rimasto vuoto: e che lo scalpellino aggiunse una H ad ARENAM, e la tolse ad AMPHITHEATRI. E come Lampadio apparisce nel marmo sovraindicato, un'altra epigrafe pure scoperta nell'anfiteatro ci fa noto il nome di un altro prefetto di Roma, cioè Decio Mario Venanzio Basilio, che pur ristaurò

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