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lude Caprea uscendo dalla città : Η δ' ἡμερα, ἡ μετηλ λαξεν ΟΧΛΟΥ-ΦΥΓΗ καλείται, και ΝΟΝΝΑΙ ΚΑΠΡΑΤΙΝΑΙ, δια το θύειν εις το της Αιγος έλος εκ πολεως και TLOVτas. Ed aggiunge che nell' uscire dalla città per andare a compiere il sagrificio, molti de' nomi usati nel paese come Marco, Lucio, Caio, ec. si pronunziavano ad imitazione del trambusto della fuga di quel giorno memorabile, come chi nel momento del timore e del disordine chiama que' che ha a cuore, parenti, ed amici. Questo rito continuava ai tempi di Plutarco, cioè sotto Trajano, come pure nel secolo IV. della era volgare, cioè fino alla legge dell' anno 391 emanata contro i pagani, siccome si trae da Macrobio, e da Ausonio, sebbene le leggende sulla sua origine, che si possono vedere in Plutarco stesso e Macrobio Saturn. lib. I. c. XI. non si accordassero tutte nella morte di Romulo. La varietà però delle tradizioni sulla origine della istituzione delle NONAE CAPROTINAE come non può far dubitare della esistenza di quella festa continuata fino al secolo IV. della era volgare, così neppure sopra quella della palude Caprea presso la quale si celebrava. Di tale ricorrenza poi qualunque fosse la origine fanno testimonianza oltre gli autori sovrallegati le medaglie di Druso seniore, di Agrippina moglie di Germanico, e di Claudio, battute tutte dopo l' assunzione di questo all'impero, anno 41. della era volgare, in bronzo di prima forma, sulle quali è espressa con marchio la sigla NCAPR cioè NONIS CAPROTINIS, finora per quanto io conosca da altri non ispiegata. Veggasi Eckhel Catal. Mus. Caesar. Vindob. Pars. II. p. 93. 99. 102. ed il Catalogo da me fatto delle medaglie del Museo Tomassini p. 146. n. 51 p. 147. n. 59. 70 p. 148 n. 74. 86.

יך

Fra la rupe Tarpeja ed il fiume distendevasi lungo la ripa di questo nel lembo di pianura che rimane

un bosco da Virgilio Aen. lib. VIII. v. 345 ricordato col nome di NEMUS ARGILETI, traendone la etimologia dalla morte di Argo ospite di Evandro :

Nec non et sacri monstrat nemus Argileti,
Testaturque locum, et letum docet hospitis Argi.
Hinc ad Tarpeiam sedem etc.

Ognun vede che Virgilio volle trarre la origine di que. sto nome da Letum Argi: etimologia ricavata nel giuoco della parola, ma della quale il poeta non fu l'autore: ed è curioso leggere la filastrocca delle tradizioni raccolte da Servio sopra questo nome nel commentare i versi virgiliani. Fra queste, due erano le più communi, questa seguita dal poeta, ma in modi diversi raccontata, e quella che derivava tal nome da argilla, che mi pare la più naturale, perchè fondata sul fatto. Altri la traevano da un Argillo, sul quale però neppure andavano di accordo, ma che dicevasi vivuto ai tempi delle guerre puniche, ed ucciso, sia per la natura sua turbolenta durante la prima guerra di questo nome, sia per avere proposto in senato la pace co' Cartaginesi dopo la battaglia di Canne nella seconda: fatto però, che essendo tacciuto da Polibio, e da Livio, è da riporsi frai racconti popolari facilmente adottati dai grammatici del secolo V. ed inserito da Servio, o dal compilatore delle chiose, che vanno sotto il suo nome. Varrone de Ling. Lat. lib. IV. §. 157 riporta in poche parole le due principali etimologie : ARGILETUM Sunt qui scripserunt ab Argo, seu quod is huc venit, ibique sepultus sit: alii ab argilla, quod ibi id genus terrae. Questa contrada divenne una delle più frequentate di Roma, diè nome alla porta Flumentana, che fu anche detta Argiletana, secondo Servio 1. c. e secondo quello che io farò osservare nell' articolo seguente. Ivi ebbe una casa Quinto Cicerone di tale valore, che possedendone una quar

ta parte acquistò le tre rimanenti per 725000 sesterzj maggiori, ossia circa 181,250 scudi, siccome apprendiamo da Cicerone nella lettera ad Attico lib. I. ep. XIV. che fu scritta l'anno di Roma 692: casa, alla quale pure allude nell'altra lettera allo stesso lib. XII. ep. XXXII. l'anno 708. Marziale lib. I. ep. IV. CXVIII. e lib. II. ep. XVII. mostra esservi state particolarmente botteghe di librai, e di calzolai. Livio lib. I. c. XIX. nomina una parte di questa contrada, dove Numa edificò il tempio di Giano, INFIMUM ARGILETUM, il basso Argileto, che è quella più immediatamente presso il fiume fra il Foro Olitorio ed il ponte Quattro Capi. Imperciocchè questa contrada, come quella del Ceramico di Atene fu in parte dentro, in parte fuori delle mura: e l' esterno Argileto ne'tempi bassi diè origine alla contrada chiamata Arenula, donde trasse nome il rione moderno della Regola. Il vicus Argaei ricordato da Rufo nella regione XI sembra doversi rintracciare in quella parte di questa contrada, che era frai due ponti Fabricio e Palatino, oggi Quattro Capi e Rotto. Plutarco nella vita di Romulo c. XX. dice, che Tazio abitava sul Capitolio, dove a' suoi di era il tempio di Moneta, e Romulo a lato del cosi detti gradi della bella ripa : Ωκει δε Τάτιος μεν, όπου νυν ὁ της Μονητης ναος εστι, Ρωμυλος δε παρά τους λεγομένους βαθμους καλης ακτης: ed aggiunge che que' gradini erano nella discesa dal Palatino al Circo Massimo. I moderni tradussero in latino la frase di Plutarco in Gradus Pulchri Littoris, ed i topografi ignari del greco supposero che pulchrum littus si chiamasse il tratto dell' Argileto dove la Cloaca Massima entra nel Tevere. Ma axτn significa più propriamente quello che in italiano diciamo ripa, e senza andare fino al Tevere, i gradi della bella ripa nominati da Plutarco sono i gradi della bella rupe, parte del Palatino, dove fu la casa di Romulo.

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Il Tevere nell' entrare in Roma si accosta alle falde del Pincio che lo respingono verso il Vaticano; ma la punta di Villa Barberini sopra la porta s. Spirito, parte del dorso gianicolense, lo forza a torcere di nuovo a segno che dritto va ad investire la rupe Tarpeja; e questa lo fa torcere di nuovo e fra il Capitolio e l'Aventino forma un altro angolo. Ivi ne' tempi anteriori alla fondazione di Roma non incontrando ostacolo, e trovando una ripa bassa formava un seno che nelle piene internavasi con due lacinie fra il Capitolio ed il Palatino, il Palatino e l' Aventino, dove per la ineguaglianza del suolo nel ritrarsi delle acque lasciava ristagni che venivano alimentati dalle sorgenti e dagli scoli delle colline. In uno di tali ristagni sotto il Palatino la tradizione portava che Romulo e Remo vennero esposti: Varrone de Lingua Latina lib. IV. Dionisio lib. I. Livio lib. I. ec. tradizione appoggiata al fatto di tali ristagni. Que' paduli furono designati col nome di Velabrum, che non è ancora dimenticato dopo il corso di tanti secoli dal volgo di Roma, che chiama s. Giorgio in Velabro una chiesa antica ivi esistente. I grammatici ne deducono la etimologia a vehendo dall' essere portati sopra barche que' che volevano traversarlo: Varrone lib. IV. §. 43. 44. ragionando delle etimologie dell'Aventino aggiunge crederlo così detto ab advectu: nam olim paludibus mons erat ab reliqueis disclusus. Itaque eo ex urbe qui advehebantur ratibus quadrantem solvebant, cuius vestigia, quod ea qua tum itur, Velabrum. . . . VELABRUM a vehendo e più sotto parlando delle acque Lautole che nascevano presso il tempio di Giano nell' Argileto, dice che da queste formavasi una palúde nel Velabro minore: a quo quod ibi vehebantur lintribus Velabrum ; ut illud maius de quo supra dictum est: dove è da notarsi che a' tem

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pi suoi di già il Velabro distinguevasi in maggiore e minore ed il primo era quello fra il Palatino e l' Aventino, l'altro quello fra il Palatino ed il Campidoglio. E questa etimologia aveano in vista Tibullo lib. II. el. V. in quel distico:

At qua Velabri regio patet, ire solebat

Exiguus pulsa per vada linter aqua:

e Properzio lib. IV. el. IX;

Qua Velabra suo stagnabant flumine, quaque Nauta per urbanas velificabat aquas. Plutarco poi nella vita di Romulo c. V. riferisce oltre questa tradizione ancora l'altra, che chiamavasi Velabrum a velis dalle tende colle quali coprivasi la strada, che conduceva dal Foro al Circo, che appunto traversava il Velabro, in occasione de' grandi giuochi, che nel Circo si davano, allorchè passava la pompa, alla qua

le allude Ovidio Fast. lib. VI. v. 405:

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Qua Velabra solent in Circum ducere pompas,

Nil praeter salices, crassaque canna fuit. Ma parmi più probabile dedurre la origine di questo nome dal pelasgico λos, velus, palude, nome che secondo Dionisio lib. I. cap. XX. è la radice di quello di VELIA. E VELIA fu il nome che ebbe la punta del Palatino che dominava questa palude medesima e quella del Foro, come VELIA chiamossi il monte poscia detto Sacro, dove l' Aniene impaludava: così VELITRAE, fu detta la città che sovrasta alle paludi pontine: VE LINO il fiume che formava ampii ristagni sotto Rieti, prima del taglio aperto da Curio Dentato. Durò questa palude fino alla epoca de' Tarquinii, i quali coll' arginare il fiume, ed inalveare nelle cloache le acque sorgenti, e le pluviali la disseccarono. Il nome però rimase alla contrada, dove per essere nel centro di Roma si fece gran traffico, onde fu una delle più ricche e po

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