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alcune varianti, che correggono il testo publicato dal Muratori: solo a maggiore intelligenza userò la ortografia commune. . Nel detto anno (1332) si fece il giuoco del toro al Colosseo, che avevano raccommodato tutto con ordine di tavoloni, e fu gettato il bando » per tutto il contorno, acciò ogni barone ci venisse, e racconterò quali giovani ci fecero, e chi ci mori. Questa festa primieramente fu fatta ai 3 di settembre il » detto anno, e tutte le matrone di Roma stavano sopra i balconi foderati di panno rosso e ci era la bella Savella Orsina con altre sue parenti, e ci erano le donne Colonnesi, ma la giovane non ci potet. te venire perchè si era rotto un piede al giardino • della Torre di Nerone, e ci era la bella Iacopa de * Vico alias Rovere. E tutte si menaro le belle don

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ne di Roma, perchè a quella Rovere giro le donne • di Trastevere, alla Orsina tutte quelle della piazza Navona e di s. Pietro, alla Colonnese tutte le altre che restavano ed arrivavano fino ai Monti, ed alla piazza de'Montanari, e s. Ieronimo vicino al palazzo Savello, finalmente tutte le femmine nobili da una banda, e le artigiane dall'altra: i nobili uomini da una • banda gli altri di mezza mano dall'altra: ed i combattenti dall'altra. E furono cacciati a sorte dal vecchio Pietro Iacopo Rosso da s. Angelo alla Pescaria, ⚫ ed il primo cacciato fu un forastiere di Rimini che • comparse vestito di verde con lo spiedo in mano, e portava alla cappelletta di ferro scritto: sozo 10 co• ME ORAZIO, o gì incontro al toro e lo ferì nell'oc• chio manco, ma il toro si gittò a fuggire: allora es⚫ so gli diede una botta alla natica, ed il toro gli tirava un calcio al ginocchio e cascò: ed il toro iva . correndo ma non lo trovò. Usciva allora tutto co

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bianco e mezzo nero, ed il motto che portava al cimiero era, 10 SONO ENEA PER LAVINIA: e questo lo fece perchè Lavinia si chiamava la figlia di mes,,ser Giovenale, che esso n'ardeya, e combatteva valorosamente col toro, quando uscì l'altro toro, ed uscì Messer Stalla, forzuto giovane, vestito di negro, che ,, gli era morta la moglie e diceva il motto, scoNSO„ LATO VIVO : e si portò bene col toro. Uscì Caffarello giovane sbarbato che portava il colore del pelo di leone, e diceva il motto, CHI PIU FORTE DI ME. Uscì un forastiero da Ravenna figlio di messer Lucido della Polenta vestito di rosso e negro, ed il motto diceva: : SE MORO INTRISO NEL SANGUE DOY' È MORTE. Uscì Savello di Anagni vestito di giallo: il motto diceva: OGNUNO SI GUARDI DELLA PAZZIA DI " AMORE. Uscì vestito di cenerino Ianni Iacopo Capoccio figlio di Ianni di Marso, ed il motto diceva: SOTTO LA CENERE ARDO. E poi uscì Cecco Conti con un vestito di color d'argento, ed il motto dicea: COSI BIANCA È " LA FEDE. Uscì Pietro Capoccio vestito d'incarnato, ed il motto dicea : 10 DI LUCREZIA ROMAN A SCHIAVO: e voleva denotare che era schiavo della ,,dicizia di Lucrezia romana. Uscì messer Agapito della Colonna con un vestito di color di ferro con certe „, fiamme di fuoco, e portava al cappelletto una collana ,, che era scritta: s'ro CASCO CASCATE VOI CHE VEDEvoleva dire che la casa Colonna era il sostegno di Campidoglio, e che gli altri erano il sostegno solo del рара. Uscì poi Alderano della Colonna e porta,, va una collana al capo che diceva: TANTO PIu gran„, DE TANTO PIU FORTE. Uscì un altro sbarbatello figlio di Stefano senatore e si chiamava Cola della Colon,, na vestito di colore di pardiglio, con un motto: maLINCONICO MA FORTE. Uscì un Paparese vestito a

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,, scacchi bianchi e neri con un motto: PER UNÁ DONNA MATTIO. Uscì Annibale degli Annibali, giovanetto di prima barba con un vestito di color narciso e giallo ed il motto era: CHI NAVIGA PER AMORE SAMMATTISCE. Quel giovanotto di Stalla iva vestito di bianco, ma coi legami rossi, ed il cimiero, e lo ,, spennacchio col motto: SONO MEZZO PLACATO. Ed

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il vicino suo, cioè Iacopo Altiero iva vestito di celeste con le stelle gialle, ed il motto diceva: TANT' " ALTO QUANTO SI POTE: il motto lo fece un zio suo ,, letterato, donde cominciò la grandezza di questa casata, che aspirava alle stelle, e comprò le case a s. Marcello de' Stalli e si chiamava piazza d'Altieri. "Uscì Vangelista de’Vangelisti, de'Corsi, vestito di co,, lor celeste, e portava al cimiero un cane legato ed il motto diceva: LA FEDE MI TIENE E MANTIENE. " Uscì Iacopo Cenci con un vestito bianco e lionato, ed il motto diceva: BUONO CON LI BUONI E CATTIVO CON LI CATTIVI. Uscì il figlio di Fosco con un giuppone verde e brache bianche, al cimiero c'era una palomba con la fronda d'olivo ed il motto era: SEMPRE PORTO VITTORIA. Uscì Franciotto de Mareri vestito di verde come la donna smorta, ed il motto diceva: EBEI SPERANZA VIVA MÀ QUA MORO. E molti ,, altri che io mi stracco raccontarli tutti assaltaro il ,, toro, e ne rimasero morti 18, e nove feriti: de' tori ne rimasero morti undici. Ai morti si fece un gran,, de onore e si portaro a seppellire a s. Maria Mag,, giore e a s. Giovanni Laterano. Camillo Cencio, perchè il nipote che era un piccinino nella folla era ca,, scato, e fattolo cadere il figlio della suora del conte dell'Anguillara, il Cenci gli dette in capo una stor,, tata, che il povero giovane morse, e subito ne feceró un gran fracasso: la folla fu a s. Giovanni per ve

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dere li morti al giuoco.,, Tale è il racconto di quella festa data nel Colossèo l'anno 1332. Non si parla di altre simili feste posteriormente, e mai più non si nomina nè come fortezza, nè come luogo di spettacolo, neppure l'anno del tribunato di Rienzi, quando tante altre contrade di Roma si ricordano. Celebre è il terremoto avvenuto in Roma nel principio del mese di settembre dell'anno 1349, descritto dal Petrarca nella epistola seconda del libro X, ed in quella riportata dal De Sade nella sua vita tom. III. pag. 35 e seg. Esso fece grandi rovine, e forse allora cadde una parte del Colosseo; imperciocchè il vescovo di Orvieto legato di Urbano V. in Roma in una lettera a quel papa l'anno 1362 si querela di non aver trovato altri compratori delle pietre del Colosseo da lui messe in vendita, che i Frangipani, i quali volevano usarne pel loro palazzo: ed in un altro documento della stessa epoca, i capi delle fazioni, che allora laceravano Roma trattarono di rendere commune ai diversi partiti il Colossèo, onde farne una cava di pietre: et praeterea si omnes concordarent de faciendo tiburtinam, quod esset commune id quod foderetur: veggasi la Dissertazione sulle Rovine di Roma di Fea pag. 398, e Barthélémy Mem. sur les anciens Monumens de Rome Academie des Inscript. T. XXVIII. p. 485. Voyage en Italie pag. 346, 347. Che poi certamente fosse già caduta la parte che guarda il Palatino ed il Celio sul declinare di quel secolo, ne fan prova le armi del Senato Romano, e del Capitolo di SS. Sanctorum appartenenti all'anno 1381, e che veggonsi dipinte sulle volte troncate. Imperciocchè in quell'anno il senato e popolo romano ne cedette una parte, cioè quella sovraindicata, all'ospedale lateranense di ss. Sanctorum, che venne accommodata a tale uso, siccome apparisce da documenti esistenti nell' archivio

di quell'Ospedale Armadio I. Fasc. III. Poggio Fiorentino, che scrivea circa l'anno 1425 il suo trattato De Varietate Fortunae, lib. I. dice, che il Colossèo a'suoi di vedevasi nella parte maggiore distrutto fino al suolo per la stoltezza de'Romani: atque ob stultitiam Romanorum maiori ex parte ad calcem deletum. Verso la metà dello stesso secolo il Colossèo venne chiuso di fatto con muri entro l'orto attinente alla chiesa di s. Maria Nuova, oggi più nota col nome di s. Francesca Romana; il popolo romano opponendosi a questa chiusura distrusse i muri edificati, e così l'Anfiteatro tornò ad essere aperto al pubblico, come narra Flaminio Vacca nelle sue Memorie §. 72. Paolo II. creato nel 1471 impiegò i materiali delle parti cadute del Colosseo nella fabbrica del palazzo di s. Marco, oggi detto di Venezia. Da questo esempio trassero motivo onde servirsi de'materiali di questa fabbrica, il card. Riario circa l'anno 1480. per la Cancelleria ed i Farnesi nel secolo susseguente pel loro palazzo: contemporaneamente molte altre fabbriche di Roma nel periodo fra l'anno 1471. e 1550 furono edificate, o abbellite co'materiali del Colossèo. Frattanto sul principio del secolo XVI cominciarono a rappresentare nel Colossèo la storia de' patimenti di Gesù Cristo, e questa specie di drammi sacri, secondo il Marangoni, Memorie dell' Anfiteatro Flavio pag. 57. continuava a darsi in questo monumento ai tempi di Paolo III. cioè durante la prima metà del secolo sovraindicato. A questo periodo appartiene la pianta di Gerusalemme, che si vede dipinta sulla parete interna dell'arco grande d'ingresso verso occidente. Questa nuova destinazione dell'arena è incerto, quando finisse; ma dall'altro canto in quale stato di abbandono fosse in que'tempi medesimi a segno di servire di campo a stregonerie durante la notte, prova è

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