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o fornix, come apparisce da ciò che narra Livio lib. II. c. XLIX, dove descrive la uscita de'Fabii contra i Vejenti, dicendo, che uscirono dall'arco destro della porta Carmentale, fatto che esprime così: infelici via DEXTRO IANO portae Carmentalis profecti ad Cremeram fluvium perveniunt. Vale a dire che la porta Carmentale, come molte delle antiche, era almeno a due fornici, ed i Fabii uscirono pel destro. La etimologia di questa parola si ha da Cicerone, allorchè de Nat. Deor. lib. II. c. XXVII. dà la ragione perchè Giano neʼrituali romani fosse il primo onorato con sagrificj; perchè, dice egli, il nome di Giano IANUS traevasi ab eundo: quindi i passaggi IANI dicevansi, e le porte nelle case IANUAE: principem in sacrificando Ianum esse voluerunt: quod ab EUNDO nomen est ductum: ex quo transitiones perviae, IAN1, foresque in liminibus profanarum aedium IANUAE nominantur. E particolarmente tali fornici costruivansi ne'fori, dove incontravasi l'intersecamento di varie strade che li attraversavano, onde come luoghi di transito commune, e al coperto dei raggi solari e della pioggia si univano i negozianti a trattare de❜loro affari; quindi particolarmente vi stanziavano gli usurai. Laonde Ovidio Remed. Amoris v. 561 designando i debitori dice, che temevano il Puteale, luogo dove il pretore giudicava, il GIANO, dove i creditori usurai si adunavano, ed il primo di del mese, quando scadevano i frutti, o i pagamenti :

Qui Puteal, Ianumque timet, celeresque kalendas.
Torqueat hunc aeris mutua summa sui.

Si è notato che di tali giani 36 ne ricorda l'epilogo di Vittore; la maggior parte di essi venne in origine costrutta da Domiziano, come si trae da Svetonio nella sua vita c. XIII. Ianos arcusque cum quadrigis, et insignibus triumphorum per regiones urbis tanios

ac tot extruxit, ut cuidam graece inscriptum sit: APKEI. Questo passo dimostra nel tempo stesso gli ornamenti, deʼquali questi edificii erano suscettibili, quantunque non fossero nè archi trionfali, nè archi monumentali, ma solo semplici fornici di transito.

ARCO DI CLAUDIO. Fu questo uno degli archi trionfali che oggi più non esistono. Dione lib. LX. c. XXII. è il solo scrittore, che lo ricorda, allorchè descrive gli onori che il senato romano decretò a Claudio tosto che ebbe notizia dell' esito favorevole della spedizione britannica da lui intrapresa. Imperciocchè egli dice, che diè a quel cesare il cognome di Britannico e gli spedì il decreto del trionfo: decretò una festa anniversaria, ed un ARCO TRIONFALE in suo onore in Roma, e sulla costa dello stretto, dove nelle Gallie erasi per la Britannia imbarcato: aggiunge poi che il trionfo fu celebrato l'anno seguente essendo consoli Lucio Quinzio Crispino per la seconda volta e Marco Statilio Tauro, cioè l'anno di Roma 797, 44 avanti la era volgare. Svetonio in Claudio c. XVII. ricorda il trionfo che dice celebrato con grande apparato, maximo apparatu, ma non fa motto dell'arco. Nè si trova notato questo monumento ne'regionarii, seppure non lo fosse stato da Rufo, che in questa parte è monco. Probabilmente ne avrà fatta menzione Tacito, ma il libro degli Annali, che parlava della spedizione britannica e del trionfo riportato è frai perduti. Se però mancano, meno Dione, altre testimonianze storiche di questo monumento, non mancano medaglie in oro ed in argento, che lo riportano, colle date della VI ed VIII potestà tribunicia, cioè dell' anno 799 ed 801 di Roma, date che indicano a mio parere essere stato l'arco fondato l'anno 46 della era volgare e compiuto l'anno 48. Queste medaglie ricordate dall' Eckhel Doct. Num. Vet.

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T. VI. p. 240 e dal Donati Roma Vetus ac Recens p. 385 presentano nel dritto la testa laureata di Claudio colla epigrafe TI. CLAVD. CAESAR. AVG. P. MTR. P. VI, ovvero VIII. IMP. XI. ovve ro XVI, e nel rovescio l'arco trionfale sormontato da una statua equestre fra due trofei e la epigrafe DE BRITANN, DE BRITANNI, e DE BRITANNIS.

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Il sito di quest'arco è positivamente determinato a piazza di Sciarra presso l'arco di Carbognano di oggidì, sulla via flaminia e presso l'imbocco della strada, che da piazza di Sciarra mena a piazza di Pietra. Fino al principio del secolo XVI si vide sopra terra, imperciocche Andrea Fulvio Antiq. Urbis p. LX. scrivea l'anno 1527 che presso piazza di Sciarra nella via che conduce da questa al portico di Antonino Pio, cioè alla odierna dogana, fu demolito a'tempi suoi un arco, di cui rimanevano ancora alcuni ornamenti di marmo: fuerunt et alii arcus, sive fornices, quorum duo aetate mea diruti sunt, unus iuxta plateam Sciarrae, via quae ducit ad porticum Antonini Pii, cuius adhuc extant ornamenta quaedam marmorea, etc. Sembra, che quest'arco, che il Fulvio dice demolito, nol fosse, se non nella parte sopra terra, forse perchè pel rialzamento del suolo avrà recato imbarazzo alla via; imperciocchè da Flaminio Vacca Memorie §. 28 si ricava che verso l' anno 1565 sotto papa Pio IV. facendosi uno scavo a piazza di Sciarra furono trovati molti frammenti, e fra questi molti pezzi di storie col ritratto di Claudio; questi furono comprati da Gio. Giorgio Cesarini, che li trasportò al suo giardino a s. Pietro in Vincoli, oggi ridotto a convento de'pp. paolotti. I frammenti poi, che rimanevano invenduti furono comprati dallo stesso Vacca, che dice averne formato 136 carrettate, onde può trarsi quanto ancora ne restasse: soggiunge che da tali re

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liquie appariva essere stato il monumento costrutto di marmi gentili, ed avere avuto solo il basamento di marmo salino: ed inoltre che rimase sopra terra in opera un bassorilievo che era una facciata dell' arco, il quale poi fu tolto dai conservatori di Roma e murato nel piano della scala capitolina, bassorilievo che oggi più non esiste. Quanto poi ai pezzi comprati da Gio: Giorgio Cesarini, questi dopo la sua morte, insieme con tutta la raccolta de' monumenti del giardino di s. Pietro in Vincoli furono dispersi, e due se ne veggono oggi collocati nel palazzo di Villa Borghese, i quali vennero da me illustrati allorchè descrissi i Monumenti Scelti di quella villa magnifica p. 14 e seg. tav. I. e IV. Ivi notai, che quantunque siano mutili, e molto logori, difetto al quale particolarmente contribui la qualità fragile del marmo che è il pentelico, pure da quel poco che più conservato rimane si trae quanto grande fosse il sapere dell'artista, e come alto e severo fosse lo stile di quelle sculture, rappresentanti in genere l'imperadore accompagnato dai suoi luogotenenti, e dai soldati, armati di tutto punto, e circondato da insegne, che nel clipeo ripetutamente presentano la protome di Claudio.

Or tornando alle ricerche di quest'arco, dopo quelle fatte ai tempi di Pio IV. altre se ne fecero nel pontificato di Urbano VIII. l'anno 1641 riferite dal Martinelli, dal Nardini, dal Bonini, dall'annotatore del Donati ec. e soprattutto da Giacinto Gigli, che ne fu testimonio oculare: esse furono eseguite nel novembre di quell'anno, mentre il Gigli era priore de'caporioni. Scrive pertanto questo raccoglitore nelle sue memorie, che le rovine di quest'arco stavano in piazza di Sciarra nella strada del Corso avanti il palazzo del principe di Carbognano da una parte, e che dall'altra vi era una casa fatta di nuovo, proprietà di s. Giacomo degl'Incurabili. Che facendo quel principe cavare avanti la sua

porta trovò un gran pezzo di marmo con una parte della iscrizione di detto arco, e che il card. Barberini mandò a dire ai Conservatori, che la portassero in Campidoglio e ne cercassero il rimanente. Allora si diè principio allo scavo ed il di 12 di novembre si scoprì in mezzo alla strada (oltre 22 palmi sotto il selciato ) una gran rovina di marmi, sculture, e colonne scanalate di giallo mischio, che stavano sotto terra per molte canne: e si fece uno scavo per trarle fuori della parte del palazzo. Egli come priore de'caporioni scese nello scavo insieme co'conservatori, ed a lume di candela vide, e toccò i marmi e le sculture, ed ebbe un pezzo di quelle colonne di giallo; ma il papa fece intendere essersi riservate quelle rovine, onde i conservatori si dimisero dall'impegno di trar fuori gli oggetti trovati, e ne fu lasciata la cura al tesoriere. Sopraggiunto però il tempo cattivo lo scavo fu dalle pioggie colmato e le cose rimasero come stavano prima, nè dopo quella epoca sono state fatte altre indagini, onde non sarebbe perduta la opera di rinnovarle. Dal racconto poi del Gigli si conosce la causa dell'interrompimento del lavoro, e come oggi si trovi nel pianterreno del palazzo Barberini la iscrizione frammentata dell'arco, alla quale non manca che una striscia. Questa venne supplita da Gauges de Gozze, e fu riferita da Nardini, e dall' annotatore di Donati, e mostra l'arco essere stato, come oggi dicono, inaugurato nella nona potestà tribunicia di Claudio, cioè l'anno della era volgare 49: notossi di sopra che l'arco fu fondato l'anno 46:

COS

TI, CLAVDIO. DRV SI.F. CAESARI
AVGVSTO. GERMANICO
PONTIFICI. MAXIMO. TRIB.POT.IX
cos. V. IMPERATORI. XVI. P. P
SENATVS POPV LVSQVE. ROMANVS. QVOD
REGES BRITANNIAE. PERDVELES. SINE
VLLA. IACTVRA. CELERITER. CAEPERIT
GENTESQVE EXTREMARVM. ORCH ADV M
PRIMVS.INDICIO.FACTO.R.IMPERIO. ADIECERIT

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