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censorie. Lustrum dicevasi quella ceremonia, perchè il popolo (lustrabatur ) purificavasi col sacrificio della troja, sus, della pecora, ovis, e del toro, taurus, onde componevasi la parola suovetaurile per esprimere quel sacrificio; veggasi Livio lib. I. c. XLIV. e Festo in Solitaurile, che come varia nella ortografia del nome, varia pure nel sesso delle bestie, dicendo che immolavansi un toro, un ariete, ed un verre; ma il bassorilievo dell'arco di Costantino, che presenta mirabilmente questo sagrificio mostra quanto alla sus che era una troja. Volgendo a destra nell' attico del lato rivolto verso 0riente è la metà di un bassorilievo magnifico rappresentante una battaglia de'Romani contra i Daci: questo per la composizione e pel movimento delle figure è un vero capolavoro della scultura romana. I quattro quadri della faccia rivolta a settentrione, ossia verso la piazza dell'Anfiteatro rappresentano altre gesta di Trajano. Nel primo quell'imperadore reduce dall'oriente, preceduto dalla immagine personificata di Roma entra nella città per la porta Capena, accompagnato dalle figure simboliche dell'Annona, e della Clemenza. Sulla sinistra domina sopra un colle un tempio, probabilmente quello di Marte Estramuraneo, che relativamente alla porta Capena trovavasi appunto in quella posizione, che in questo quadro apparisce sul capo di Trajano lieta vola la Vittoria allusiva a quella da lui riportata sopra Decebalo. Il secondo quadro mostra quel cesare in atto di sollevare, ossia di ristaurare la via appia, alla quale aggiunse un nuovo ramo da Benevento a Brundusio, e che migliorò ed agevolò in tutto il rimanente del corso, particolarmente nel tratto che traversa le Paludi Pontine. Questo fatto ricordato da Dione viene confermato dalle medaglie e dalle lapidi riferite dal Fabretti De Column. Trajan. p. 151. 291. dalle quali ricavasi che il nuovo

tronco da Benevento a Brundusio da lui lastricato ebbe il nome di Via Traiana, e che la opera venne compiuta nella XIII e XIV. potestà tribunizia di Trajano, cioè circa l'anno 110 della era volgare e prova superstite ne sono i ponti di Tor Tre Ponti, e Ponte Maggiore nelle Paludi Pontine, e quelli che incontransi prima e dopo Benevento. In questo bassorilievo, come nella medaglia, la via è espressa simbolicamente da una figura muliebre coricata e seminuda che si appoggia ad una ruota, simbolo delle vetture, che la percorrevano: essa stende la mano all'augusto, quasi domandando aita: questi ascolta i suoi lamenti assistito da persone togate, colle quali si alluse agli architetti, che in quella opera ebbero parte. Nel terzo quadro Trajano assiso sopra i Rostri nel Foro Romano è in atto di porgere gli alimenti ai fanciulli ed alle fanciulle bisognose d'Italia, fatto celebrato da Plinio il Giovane nel Panegirico, e che Dione mostra essere una istituzione del buon Nerva. Il quadro seguente offre Trajano assiso sul suo suggesta: dinanzi a lui è quasi con forza condotto dai soldati romani un re barbaro, circostanza che fa riconoscere il soggetto come allusivo al detronizzamento di Partamasiri re di Armenia, narrato da Dione. Il quadro che è nell'attico del lato occidentale, rivolto al Palatino è un' altro pezzo di quello di già indicato nel lato orientale, e rappresenta una battaglia contra i Daci.

Sotto questi quadri rettangolari sono altrettanti tondi, i quali come indicossi di sopra appartengono tutti a Trajano ad eccezione de' due che veggonsi ne' fianchi sotto le due battaglie. E quelli di Trajano alternativamente rappresentano una caccia ed un sagrificio, vale a dire sono un'allegoria delle virtù militari e civili di Trajano ristrette alle due principali, la fortezza, o coraggio VIRTVS, e la religione o pietà PIETAS. Or co

minciando dal lato meridionale il primo tondo rappre senta Trajano, che armato di lancia, ed accompagnato da'suoi, parte per la caccia particolarmente rimarchevole in questo è la figura di un giovane, che quasi direbbesi Antinoo per le forme e per l'avvenenza, il quale mena un cane levriero: un albero è indizio de'boschi, ne'quali passa la scena. Nel secondo è Trajano in atto di sagrificare ad Ercole rustico. Il terzo mostra Trajano a cavallo fra due altri soggetti, che vibra l'asta contra un orso, che si volge a guardare chi lo inseguisce. Vedesi nel quarto Trajano, che sagrifica a Diana dea de'boschi, riconoscibile alla mezza luna, alla tunica succinta, all'asta, ed ai calzari venatorii, endromides : il simulacro della dea è sopra un piedestallo rotondo e fra due alberi, ad uno de'quali è appesa la testa recisa di un cinghiale. Il tondo del fianco orientale, lavoro costantiniano, rappresenta il levare del sole, che preceduto da Fosforo sorge sulla quadriga sua trionfale dall'Oceano, personificato sotto le forme solite di un uomo barbato, seminudo, e coricato: la direzione di questo fianco dell'arco spiega la causa della rappresentazione del sole oriente, ivi figurato. Nella faccia settentrionale il primo tondo mostra Trajano, che a cavallo investe le belve: la sua testa nuda come in altri bassorilievi allusivi alla caccia, presenta un esempio del nimbus, o aureola, distintivo che nato in origine dalla necessità, onde le teste delle figure fossero difese dalla pioggia e dalle immondezze, divenne poi un attributo delle immagini principali, e passò così ancora come distintivo presso i Cristiani, che ne fregiarono le immagini di Gesù Cristo, e de' santi. Il secondo tondo offre Trajano in atto di sagrificare ad Apollo. Il terzo presenta Trajano di nuovo fregiato del nimbus, che attonito guarda un leone enorme da lui ucciso. E nel quarto è espresso un P. I.

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sagrificio di Trajano a Marte Vincitore, assiso sopra un pilastro con asta nella destra e Vittoria nella sinistra. Sembra che questo alluda ad un voto per l'ucciso leone, poichè ivi si scorge appesa la pelle di tale animale. Nel fianco occidentale il tondo costantiniano rappresenta la luna, che accompagnata da Espero si tuffa colla sua biga nell'Oceano, simbolo della regione, alla quale questo fianco è rivolto, che è la occidentale.

Notai che sopra gli archi minori, e ne' fianchi ricorre una zona di bassorilievi allusivi alle gesta di Costantino. La prima parte di questa è quella sulla faccia dell'arco rivolta a mezzodì, a sinistra di chi guarda, che rappresenta l'assalto dato ad una città difesa da mura e da torri quadrate: l'esito di quell'assalto vien dimostrato dalla Vittoria, che pesantemente vola sopra gli assalitori: a me pare che in quella città debbasi ravvisare Susa che fu la prima ad essere investita e presa da Costantino nella guerra contra Massenzio, simboleggiando così il principio di quella guerra che apri a Costantino le porte della Italia. La fascia sopra l'arco a destra rappresenta la fine di quella guerra medesima, cioè la battaglia famosa detta del Ponte Mulvio, che aprì le porte di Roma a quell'imperadore. Ivi si riconosce il ponte medesimo grossolanamente espresso, ed il fiume Tevere. Nella zona del lato orientale, come in quella del lato occidentale è effigiato il trionfo; e particolarmente nel lato orientale è espresso il carro trionfale a quattro ruote guidato dalla Vittoria, e preceduto dai draconarii, milizia scelta, che siccome mostra Ammiano precedeva gl'imperadori, e che traeva nome dalle insegne rappresentanti dragoni svolazzanti. Frai soldati, molti portano bracae, o pantaloni, indicanti gli ausiliari barbari che di già militavano negli eserciti romani. Nella faccia settentrionale la zona sull'arco minore a si

nistra rappresenta l'allocuzione fatta da Costantino al popolo nel Foro Romano dopo il riportato trionfo per la rotta data a Massenzio: quella sull'arco minore a destra offre il compimento del trionfo medesimo, cioè la rappresentazione del congiario da Costantino distribuito al popolo romano.

Ne'sesti dell' arco maggiore sono al solito effigiate Vittorie da ambe le faccie, e sotto ciascuna di esse una delle stagioni, simbolo della eternità dell'imperio, che frequentemente s'incontra sulle medaglie di tutti i tempi, ed anche particolarmente di Costantino. Ne'sesti poi degli archi minori sono espressi fiumi e ninfe allusive ai luoghi, dove accaddero i fatti. Nella chiave del fornice grande è Roma assisa, Sotto poi, lavoro, come notai della epoca di Gordiano a sinistra per chi entra dal canto di mezzodì, è l'imperadore a cavallo che atterra i barbari: a destra è l'imperadore a piedi coronato dalla Vittoria. Sopra questi due grandi bassorilievi è da un canto la epigrafe LIBERATORI VRBIS, dall' altro quella FVNDATORI QVIETIS, ambedue allusive a Costantino. Nei fornici minori erano espresse le protomi de figli di Costantino, oggi, o tagliate, o cancellate. Sulla sommità come negli altri archi trionfali vedevasi una quadriga di bronzo portante l' imperadore e fiancheggiata da altre figure e da trofèi.

Quest'arco ne' tempi bassi andò meno degli altri soggetto a guasti, forse per rispetto di Costantino, nome presso i Cristiani quasi in venerazione. Nulladimeno tutti gli ornamenti di valore furono rapiti, e l'arco stesso, come tanti altri monumenti antichi sembra che prima divenisse proprietà de'monaci di s. Gregorio Gregorio, e poscia ridotto a torre fosse occupato dai Frangipani, che erano i baroni di tutta la contrada, avendo per centro del loro potere l'Anfiteatro Flavio. Nel fianco occidentale

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