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desi salire al fornice di mezzo, e traversarlo, induce a prima vista in errore, quasi che per esso passassero i carri; ma riflettendo alla esistenza delle scale ne'fornici minori, al rivestimento di marmo, inferiore a quel pavimento medesimo, ed al lastricato di travertino, che da questo grossolano selciato rimane coperto, è chiaro che esso è opera de'tempi bassi, formato, quando essendo già per le rovine ingombro il suolo antico del Foro si volle profittare del fornice di mezzo per transito de' carri, ed allora fu lastricato di selci. Quattro colonne di ordine composito, di marmo proconnesio molto sfaldate dal fuoco, ed alcune ancora rusticamente fasciate di opera laterizia grossolana, imbracate con barre e cerchi di ferro, formano la decorazione di ciascuna faccia del monumento: queste colonne poggiano sopra piedestalli con zoccoli raddoppiati e triplicati: le due centrali non sostengono, e mai non sostennero nulla: le angolari reggono risalti: questi presentano fori indicanti ornamenti di bronzo, oggi scomparsi, che per la loro disposizione direbbonsi essere state aquile militari: altri fori simili, che ricorrono nel fregio dimostrano esservi stati festoni dello stesso metallo, anche essi involati. Bassorilievi ornano i piedestalli delle colonne, i sesti e le chiavi de' fornici, e le faccie sopra i fornici minori. Le volte sono ornate di cassettoni e rosoni; e sulla sommità dell'attico le medaglie di Settimio Severo e Caracalla, battute quando quest' arco fu dedicato, mostrano che vedevasi dominare la quadriga trionfale portante i due augusti nominati nella iscrizione, fra due statue togate pedestri, e due figure equestri.

La iscrizione nell' attico ripetuta nelle due faccie ricorda, come l'arco fu eretto dal senato e popolo romano all'imperadore cesare Lucio Settimio Severo, figlio

di Marco, Pio, Pertinace, Augusto, padre della patria, partico-arabico, e partico-adiabenico, pontefice massimo nella XI potestà tribunicia, sendo stato acclamato imperadore la XI volta, sendo stato console la III volta, e proconsole: ed all'imperadore Cesare Marco Aurelio Antonino, figlio di Lucio, Augusto, Pio, Felice, nella VI potestà tribunicia, console, proconsole, padre della patria, ottimi, e fortissimi principi, per aver ristabilito i pubblici affari, e per aver propagato l'imperio del popolo romano colle insigni virtù loro in casa e fuori. Eccone il tenore espresso in sei linee così: (1) IMP. CAES. LVCIO. SEPTIMIO. M.FIL. SEVERO. PIO. PERTINACI. AVG. PATRI. PATRIAE. PARTHICO. ARABICO. ET (2) PARTHICO. ADIABENICO. PON"TIFIC. MAXIMO. TRIBVNIC. POTEST. XI. IMP.. XI. COS. III. PROCOS. ET (3) IMP. CAES . M.

AVRELIO.L. FIL. ANTONINO. AVG. PIO. FELICI. TRIBVNIC. POTEST. VI. COS. PROCOS. P. P. (4) OPTIMIS. FORTISSIMISQVE. PRINCIPIBVS. (5) OB. REM. PVBLICAM. RESTITVTAM. IMPERIVMQVE. POPVLI. ROMANI. PROPAGATVM (6) INSIGNIBVS. VIRTVTIBVS . EORVM. DOMI. FORISQVE.S.P.Q. R. Le lettere di questa epigrafe erano coperte di bronzo, e rimangono gli incavi ed i fori pe'perni, onde innestarle e tenerle salde; ma le due ultime lettere della terza linea e tutte quelle della quarta apertamente riconosconsi essere sta te sostituite ad altre precedentemente esistenti e cancellate, non solo perchè il marmo ivi vedesi raso, ma ancora perchè una gran confusione apparisce ne'fori de' perni, imperciocchè i primitivi non si poterono affatto cancellare. E facendo uno studio sulla posizione de'perni primitivi può la iscrizione originale ristabilirsi co

sì, che in luogo di

P. P.

OPTIMISQVE. FORTISSIMISQVE. PRINCIPIBVS leggevasi

ET

P. SEPTIMIO.L.FIL. GETAE. NOBILISS. CAESARI Questo cangiamento venne eseguito per ordine di Caracalla dopo che ebbe messo a morte il suo fratello Geta, e dimostra quanto sia in opposizione col dolore affettato da quel fratricida ne'primi momenti, come ricavasi da Sparziano in Caracalla c. III. ed in Geta c. VII, scrivendo: Mirum sane omnibus videbatur, quod mortem Getae toties ipse etiam fleret, quoties nominis ejus mentio fieret et quoties imago videretur, aut statua. Mentre Dione lib. LXXVII. c. XII. dice che se alcuno osava di scrivere il nome di Geta, o sol pronunziarlo era tosto perduto: xat E YE TES EYpaye to anoua το του Γετα μονον, η ειπε μονον, ευθυς απωλετο. Quindi non dee recar meraviglia, se cancellato si vede il nome di quel cesare in questo, ed in altri monumenti di Roma e fuori. I titolidi Partico - Arabico, e Partico - Adiabenico dati a Severo mostrano essere stato eretto questo arco dopo le vittorie riportate da quell'augusto nella prima guerra contra i Parti, gli Arabi, e gli Adiabeni l'anno 195 della era volgare e sono identici con quelli, che leggonsi nelle medaglie di quell'imperadore colla data della terza potestà tribunizia e del secondo consolato, medaglie, che sono state illustrate dall'Eckhel Doct. Num. Vet. T. VII. p. 172 e seg. il quale giustamente insinua il quesito, come il titolo di Partico non sia assoluto, ma unito a quello di Arabico e di Adiabenico, e lo spiega notando, che quella prima guerra orientale fatta da Severo non fu contra i Parti, che non si mostrarono apertamente nemici di lui, ma che sotto mano favorirono, ed ajutarono gli Arabi e gli Adiabeni e così può spiegarsi il passo di Sparziano nella vita di

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