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polose, siccome può vedersi in Plauto, Marziale ec. E fino dagli ultimi tempi della republica, come fu notato di sopra venne distinta in Velabrum maius, e Velabrum minus.

Di là dall' Aventino l' ampia pianura oggi nota col nome di prati di Testaccio ed in parte coperta di vigne fu detta Navalis regio e Navalia, dopo che venne particolarmente destinata alla costruzione, e custodia delle navi, ed all' approdo delle barche, che risalivano dal mare il Tevere. Livio lib. III. c. XXVI. parlando della elezione di Cincinnato alla dittatura l'anno 296 di Roma dice, che quell' illustre romano coltivava un campo di là dal Tevere di quattro jugeri di estensione dirimpetto al sito, dove allora erano i Navali: contra eum ipsum locum ubi nunc NAV ALIA sunt: ora, se Cincinnato stava nel Trastevere dirimpetto ai Navalia, ne siegue, che i Navalia erano sulla ripa opposta, cioè sulla ripa sinistra, se aggiunge la parola nunc è segno che a quella epoca, cioè di Cincinnato, l'anno 296, ancora non erano stabiliti. Lo erano bensì l' anno 417 per testimonianza dello stesso Livio lib. VIII. c. XIV. dicendo, che le navi tolte agli Anziati furono in parte trasportate ne' Navalia di Roma, in parte incendiate: naves Antiatum partim in Navalia Romae subductae partim incensae. Quindi può stabilirsi, che questa contrada assumesse tal nome nel IV. secolo di Roma forse dopo la riedificazione della città avvenuta l'anno 365; ed allora fu dato il nome di Navalis alla porta prossima ad essi: Navalis porta, item navalis regio videtur utraque ab navalium vicinia appellata fuisse,

dice Festo.

La valle che si profonda fra l' Aventino ed il Palatino, parte del Velabrum maius, ebbe ne' tempi antichissimi il nome di Murcia, e Murtia. Livio lib. I.

c. XXXIII. dice di Anco Marzio che avendo vinto i Latini molte migliaia di loro ammise nella città, ai quali furono assegnate stanze presso il tempio di Murcia affinchè al Palatino venisse congiunto l' Aventino: tum quoque multis millibus Latinorum in civitatem acceptis: quibus ut iungeretur Palatio Aventinum, AD MurCIAE datae sedes. Varrone lib. IV. S. 154. ne dà queste etimologie: Intumus Circus ad Murcium, (o Murtium) vocatus, ut Procilius aiebat, ab urceis, quod is locus esset inter figulos, alii esse dicunt a murteto declinatum, quod ibi id fuerit: cuius vestigium manet, quod ibi sacellum etiam nunc Murtiae Veneris: quindi altri ne derivavano il nome ab urceis dagli orcii, perchè ivi stavano i vasai: altri dal mirteto che copriva la falda dell' Aventino, del quale era un monumento il sacello di Murzia, cioè Venere, del quale Festo nella voce Murciae dice che stava sotto l' Aventino che prima chiamavasi Murco: Murciae deae sacellum erat sub monte Aventino qui antea Murcus, o secondo altri testi, Murtus vocabatur. Gli scrittori del secolo V. della era volgare di vallis Murtia fecero vallis Martia, ma io credo, che questo travisamento di nome debbasi attribuire piuttosto ai copisti de' tempi posteriori; imperciocchè mentre in Cassiodoro Variar. lib. III. epist. LI si legge che Augusto nella ricostruzione del Circo, mirandam etiam Romanis fabricam in vallem MARTIAM tetendit, Simmaco nella lettera a Teodosio ed Arcadio, che è la XXIX. del libro X. la chiama Murcia, dicendo: Malo fremitum MURCIAE val· lis exponere atque illam quadrigarum distributionem : e Murcia l'appella Claudiano in Prim. Cons. Stilich. lib. II. v. 404.

Ad coelum quoties vallis tibi Murcia ducet
Nomen, Aventino, Pallanteoque recessu !

scrittori così vicini a Cassiodoro. Dopo che però Tarquinio Prisco ridusse questa valle a Circo, più communemente venne designata co' nomi di Circus e Circus Maximus, donde deriva il nome moderno di Cerchi.

Verso oriente la valle Murcia va ad unirsi con quella, che separa il Celio dal monte di s. Balbina, valle che in alcune parti, malgrado le successive colmate conserva una profondità considerabile come precisamente si può osservare sotto la punta di s. Balbina. Questa valle fu destinata ne' tempi della republica agli esercizii di natazione ed ebbe perciò il nome di Piscina Publica, che communicò a tutta la contrada a segno di dar nome alla XII. regione del riparto della città fatto da Augusto. Festo che scrivea circa i tempi di Claudio, quando lo stagno non esisteva più, dice: Piscinae Publicae hodieque nomen manet, ipsa non extat, ad quam et natatum et exercitationis alioqui caussa veniebat populus, unde Lucilius ait: PRO OBTUSO ORE PUGIL PISCINENSIS RES EST. Passo, che mentre fa conoscere la etimologia del nome e l'uso della valle, mostra ancora che a questo uso stesso era di già destinata sul principio del secolo VII. di Roma. Da Ammiano Marcellino si conosce lib. XXII. cap. IV. che questo nome era ancora in pieno vigore l'anno 357 della era volgare, allorchè fu fatto trasportare in Roma da Costanzo l'obelisco, che oggi ammiriamo nel Laterano: inde chamulcis impositus, tractusque lenius, per Ostiensem portam, Piscinamque Publicam, Circo illatus est maximo. Oggi questa contrada ha dal volgo il nome di Carciofolo per la insegna di una osteria ivi esistente.

Nella iscrizione dell'arco trionfale di Costantino che si ammira sul principio della valle che separa dal Palatino il monte Celio leggesi nella ultima linea la frase ARCVM TRIVMPHIS INSIGNEM. L'arco è una pro

va di fatto della esistenza di una strada antica in quel punto la frase sovraindicata mostra che era la via per la quale passavano i trionfi ed infatti è noto che questi nell' entrare in Roma seguivano il tramite fra il Capitolio ed il Tevere, dove vedremo essere stata la porta Trionfale ricordata da Cicerone e da altri, e quindi traversando il Velabro entravano nel Circo, come mostrano Svetonio, Plutarco, Dione, e Giuseppe, ed uscendo dal Circo volgevano a sinistra per questa valle frai due colli Palatino e Celio, onde raggiungere nel Ceriolense il principio della via Sacra, per la quale salivano al Campidoglio. Ignoto è il nome antico di questa valle gli scavi dell'anno 1829 hanno fatto conoscere che la strada non seguiva anticamente la linea retta della odierna fra la chiesa di s. Gregorio e la Moletta, ma che tendeva più verso il Palatino in tal circostanza osservai che in questa parte il piano antico era circa 20 piedi sotto l'odierno.

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Fra i monti Palatino ed Esquilino il suolo ha sofferto cangiamenti considerabili ne'tempi antichi nel tratto specialmente che è fra l' Anfiteatro Flavio ed il Foro, come ho avuto agio di osservare negli scavi da me diretti dall' anno 1827 fino all' anno 1832. Questi cangiamenti particolarmente si debbono alle costruzioni neroniane, ed al magnifico tempio di Venere e Roma, del quale ammiriamo ancora gli avanzi. Risulta pertanto dalle ricerche e dalle osservazioni fatte da me che in origine il sito più basso frai due colli sovraindicati era quello, sul quale sorge la cella duplicata del tempio di Venere e Roma, dove dal piano del Colossèo con una salita leggiera sboccavasi nel piano del Foro che verso settentrione l'Esquilino, e verso mezzodì il Palatino univano quasi le loro falde, in questa parte coperte da argilla e sabbia calcaria fluviatile, che si trova ovunque

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si scavi sotto le fondamenta delle costruzioni antiche tanto dal canto de' due colli, quanto nella piazza del Colosseo, e sotto il preteso tempio della Pace, e che certamente costituisce lo strato, sul quale furono fatte le fabbriche antiche di questo tratto e di tale banco di argilla e di sabbia in varie ricerche fatte ho trovato il proseguimento fino alla profondità di 12 piedi, senza che apparisse di cessare. Ora conoscendo, che in questa direzione fu una delle vie più antiche, e più celebri di Roma, la Sacra, della quale facevasi rimontare la origine fino alla epoca della pace conchiusa fra Romulo e Tazio, parmi naturale credere, che per questa via si seguisse l'andamento della gola frai due colli, così che cominciando questa nella piazza del Colossèo detta secondo Varrone Ceriolensis e Carinae, quasi retta investisse il luogo oggi coperto dalle celle del tempio di Venere e Roma, e dalla chiesa di s. Maria Nuova, e di là pur quasi retta, tendendo un poco verso il Palatino si dirigesse al Foro Romano ed al Capitolio. CAPUt SaCRAE VIAE dicevasi secondo Varrone de Ling. Lat. §. 47 il principio della via Sacra nel Ceriolense dove veniva a terminare la contrada delle Carinae: Ceriolensis a Carinarum iunctu dictus Carinae: postea Cerionia, quod hinc oritur CAPUT SACRAE VIAE ab Streniae sacello. SUMMA SACRA VIA, e CLIVUS VIAE SACRAE si dissero il vertice della via, e la salita e discesa rispettiva di quella strada dal Colosseo, al Foro: Cicerone nella orazione Pro Plancio c. VII. ricorda il nome Summa Sacra Via, dicendo: equidem si quando ut fit iactor in turba, non illum accuso qui est in SUMMA SACRA VIA, quum ego ad Fabium fornicem impellor, sed eum qui in me ipsum incurrit atque incidit. Del clivo poi fanno menzione gli atti di s. Pigmenio martire compendiati da Adone nel martirologio

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