Immagini della pagina
PDF
ePub

nella parte più bassa mercanti di buoi, onde alludere ad una delle classi che aveano dedicato l'arco. É probabile che nell' altro lato, oggi coperto dai muri della chiesa sia effigiato un banchiere colla sua mensa argentaria.

ARCO DI TITO. Arco trionfale superstite sulla via sacra, del quale niun ricordo ci resta negli scrittori antichi, ma solo viene indicato nel catalogo della regione IV da Rufo col nome di Arcus Titi: Vittore e la Notizia non ne fanno menzione. Fortunatamente però la iscrizione e parte de' bassorilievi non lasciano dubbio sulla pertinenza e sul motivo di questo monumento. La iscrizione rimane nella faccia rivolta verso oriente ed è così concepita:

SENATVS. POPVLVSQVE. ROMANVS

DIVO. TITO. DIVI. VESPASIANI.F

VESPASIANO. AVGVSTO

Fu pertanto quest'arco eretto dal senato e popolo romano al divo Tito Vespasiano augusto figlio del divo Vespasiano, cioè al buon Tito, delizia del genere umano, dopo la sua morte, data che si desume, non solo pel titolo di DIVO indizio della riportata apoteosi, ma ancora per la immagine sua che nel centro della volta dell'arco si vede espressa in bassorilievo, assisa sopra l'aquila, che secondo la idea degli antichi ne avea portato lo spirito fra gl'immortali. Quindi questo monumento fu eretto sotto Domiziano, ed infatti mirabile è l'analogia del suo stile con quella di altre opere erette da quell'imperadore, e particolarmente cogli avanzi del Foro di Pallade. Vale a dire che ad un disegno purgato nelle figure, e ad una esecuzione finissima si vede accoppiata una profusione di ornamenti tale che diminuisce l'effetto e lo riduce a quello di un tritume di membrature che impedisce all'occhio il riposo.

[graphic][merged small][subsumed][merged small][ocr errors]

Di esso più non rimane, che il fornice di mezzo, mutilato anche esso nella parte superiore, ossia nell'attico dal canto di occidente: le parti mancanti però sono state risarcite a' di nostri l'anno 1822 dall'architetto Giuseppe Valadier in travertino, onde meglio si distinguessero dall' antico, che è di marmo pentelico; e questi risarcimenti non presentano gli ornamenti in tutti i dettagli, ma solo ne indicano le linee principali. Savio divisamento fu questo, e che dovrebbe sempre imitarsi in simili circostanze, poichè mentre provvedesi così alla sicurezza del monumento questo non si deturpa, e dall'altro canto mentre si conservano le sagome antiche s'impedisce la illusione e l'inganno de'meno accorti, distinguendosi a prima vista ciò che è originale da quello che è ristauro moderno. L'arco originalmente componevasi di un sol fornice ornato in ciascuna delle due faccie di quattro mezze colonne scanalate di ordine composito, fra le quali era un riquadro quasi indicante una fenestra. Di questi riquadri tre erano chiusi, il quarto poi, che è quello nella faccia orientale, prossimo al tempio di Venere e Roma servì come ingresso alla scala per la quale salivasi alla sommità, ed a tale uso si mantiene anche oggidì. I sesti dell'arco sono ornati di Vittorie e di Fame elegantissime per la sceltezza delle forme e per la leggerezza del panneggiamento. Sulla chiave nella faccia rivolta verso l'Anfiteatro è la figura di Roma stante: nella faccia opposta quella del Genio del Popolo Romano, effigiato come s'incontra nelle medaglie colla cornucopia nella sinistra e la patera nella destra, Nel fregio vedesi rappresentata una parte della pompa trionfale formata di soldati, e senatori, frammischiati a'quali veggonsi i buoi destinati al sagrificio, ed in ultimo la figura del Giordano, simbolo della nazione debellata rappresentato sotto le forme solite de'fiumi, cioè

di un vecchio vegeto, giacente, e portato sopra una specie di letto. Sullo scudo de' soldati vedesi espressa la Gorgone attributo di Minerva; quindi è da credersi che la legione prima, che ebbe il soprannome di Minervia Pia Fedele, come ricavasi dalle lapidi, fu fra quelle che fecero la guerra nella Giudea, che particolarmente si distinse, e che accompagnò i due imperadori vittoriosi reduci da quella Vespasiano e Tito. Sotto l'arco in due quadri è espressa la parte più importante del trionfo: in quello a sinistra di chi guarda verso il Foro veggonsi le spoglie principali riportate in mezzo a soldati e prigionieri: si gli uni che gli altri sono laureati, perchè anche i vinti doveano almeno apparentemente prendere parte nella letizia publica: i prigionieri però si distinguono dal portare le mani avvinte dietro le spalle. Fra le spoglie riconosconsi la mensa aurea co' vasi sacri, le trombe argentee, ed il candelabro a sette branche. Sopra queste riferisce lo storico Flavio Giuseppe testimonio di vista, che erano imitazioni delle vere, e quasi emblemi della vittoria, notando fra le altre cose, che il candelabro differiva in parte anche nella forma. Egli scrive Guerra Giudaica lib. VII. c. XVII. così narrando il trionfo: sopra tutte le altre spoglie risplendevano quelle prese nel tempio di Gerusalemme, cioè una mensa di oro che pesava molti talenti, ed il candelabro di oro similmente fatto: questo però nel lavoro differiva da quello usato da noi:imperciocchè quello era formato da una colonna centrale spiccata da una base dalla quale diramavano sottili branche che aveano la forma quasi di un tridente, portando ciascuna di loro sulla sommità una lucerna, ed erano queste in numero di sette alludendo all'onore, che ha presso i Giudei il settimo di: fra queste spoglie la legge dei Giudei portavasi in ultimo luogo. Apparisce da questo passo che

« IndietroContinua »