Immagini della pagina
PDF
ePub

me coronamento del tempio e del frontone aquile e statue. Livio ricorda lib. XXVI. c. XXIII. come l'anno di Roma 541. una Vittoria, che era sull' acroterio di mezzo percossa dal fulmine cadde addosso ad altre Vittorie, che coronavano il tempio, e quivi rimase appesa: In aede Concordiae Victoria, quae in culmine erat, fulmine icta, decussaque, ad Victorias, quae in antefixis erant haesit, neque inde procidit. Ho detto di sopra, che il portico di questo tempio è men largo della cella, onde quasi direbbesi un portico aggiunto; ma il masso di questo è legato con quello della cella e di una costruzione così simile, che d'uopo è riconoscere una identità di tempo. Di questa specie di anomalia facilmente si ha una soluzione considerando il luogo, in che si trova il tempio, e l'uso a che era destinato: ora il luogo non ammetteva un portico più largo senza troncare il clivo capitolino da una parte, ed il clivo sacro dall'altra: l'uso poi di tenervi adunanza il senato, non permetteva, che la cella fosse ristretta alle dimensioni del portico; laonde data alla cella la capacità necessaria, che avrebbe esatto un portico di dieci colonne, si restrinse questo a sole sei colonne, ed alla faccia della cella, che rimaneva scoperta in luogo di colonne si diedero mezze colonne fralle quali aprivansi due ampie fenestre, perchè la cella fosse sufficientemente illuminata nelle adunanze, che il senato ivi teneva. La trabeazione superstite come pure la medaglia sovraindicata dimostrano, che tutta questa decorazione era di ordine corintio: un frammento di risalto della mezza colonna angolare della cella verso il tempio di Giove Tonante rimane ancora sul luogo, come pure chiaramente appariscono le vestigia della estensione del portico e della cella. E circa il masso che ancora rimane dell'uno e dell' altra noterò che presenta una costruzione di piccioli tu

fi irregolari, che direbbonsi lavoro del secolo settimo di Roma: costruzioni che nella parte che non dovea sostenere peso lascia de'vuoti riempiuti con sabbia locale, uno de'quali venne aperto negli anni scorsi, ed è quello verso il tempio di Giove Tonante. Questa costruzione nella parte esterna era fasciata da un solido muro costrutto di massi quadrilateri di tufa lionato disposti a strati alternati, come può vedersi nel lato della cella che guarda il tempio di Giove Tonante, lato, che mostra essere stato rivestito di astraco, e stucco dipinto a fondo rosso; ma nel prospetto in luogo di questo rivestimento la fasciatura di massi di tufa era coperta da lastre di marmo bianco lunense. Tutto il piano della cella rimane: di questo gli ultimi scavi hanno messo allo scoperto poco più di una metà: il resto è sotto la cordonata. Vedendo che le torri del Campidoglio moderno verso il Foro, come pure i muri intermedii sono costrutti dello stesso tufa che un tempo fasciò la cella del tempio, parmi ragionevole, che Niccolò V. che li costrusse, e che non bisogna confondere con Bonifacio IX, il quale da ciò, che venne esposto di sopra fortificò il Campidoglio dall'altra parte, profittasse di questi avanzi, onde la cella rimase viemmaggiormente smantellata. Di questa cella, oltre il piano, resta l'indizio dello stipite occidentale della porta, ed una gran parte della soglia, che era di un sol masso enorme di quella pietra, che oggi chiamano porta santa e che è della più bella specie e sopra questa soglia è ancora superstite l'incavo di un caducèo di bronzo, come pure i fori lasciati dalla incassatura de'cardini della porta, la quale, siccome da questi cardini apparisce era fissa in mezzo al vano ed aprivasi verso le estremità. Il pavimento interno era nobilissimo e formato da quadrati di marmo affricano detto dagli antichi chio, circoscritti da lastre

alternate rettangolari di giallo antico, o marmo numidico, e di pavonazzetto, o marmo frigio. Allorchè fu scoperto non era intatto, ma se ne conservava una gran parte: l'avidità degli scalpellini, malgrado le sorveglianze e i rigori lo ha spogliato in guisa che oggi ne rimane un bel picciolo tratto, che mentre è testimonio dell'antica magnificenza fa piangere sulla moderna e recentissima devastazione. Un piccolo tratto delle pareti che rimane conserva traccie che fanno conoscere essere state queste rivestite di pavonazzetto, o frigio frigio, ed avere avuto uno zoccolo di cipollino, o caristio con una cornice di giallo, o numidico. Rimane il nucleo del piedestallo dirimpetto alla porta ed addossato alla torre angolare capitolina, il quale sosteneva la statua assisa dalla Concordia rappresentata, come mostra la medaglia, assisa colla cornucopia nella sinistra e la patera nella destra. Presso questo nucleo di piedestallo verso la cordonata è il masso di un'altro piedestallo, che non è in squadra col principale, e che per la costruzione laterizia apparisce opera del secolo III della era volgare: esso poggia sopra il pavimento originale vedendosi ancora una parte di lastra di marmo frigio: la posizione di questo piedestallo mi fa inclinare a credere che sostenesse una statua, la cui mossa si riferisse alla dea. Dall'altro lato è una specie di basamento di opera laterizia del primo secolo della era volgare addossato al muro della cella verso il tempio di Giove Tonante: questo è posteriore alla costruzione del tempio, poichè copre una parte delle lastre di marmo frigio e dello zoccolo della parete: mostra inoltre avere appartenuto ad una specie di tabernacolo contenente una statua. E che vi fossero di tali tabernacoli dentro la cella prova ne sono le belle basi ornate squisitamente d'intagli e sco-perte l'anno 1817, le quali oggi conservansi nell' atrio

[ocr errors]

del Museo Capitolino. Plinio lib. XXXIV. c. VIII. §. XIX. n. 16. e seg. e lib. XXXV. c. XI. §. XL. ricorda monumenti insigni dell'arte che ammiravansi in questo tempio a'suoi dì: e fra le sculture cita una Latona, che sosteneva Apollo e Diana suoi figli neonati, opera di Eufranore: Batto che adorava Apollo e Giunone lavoro di Beda, figlio e scolaro di Lisippo: Esculapio ed Igia di Nicerato: Marte e Mercurio di Tisicrate e Cerere, Giove, e Minerva di Stenide. Fralle pitture poi un Bacco di Nicia, ed una Cassandra di Teodoro.

TEMPIO DI GIOVE TONANTE. Parallelo al Tempio della Concordia, colla faccia rivolta al clivo capitolino è un altro tempio, del quale oltre il masso rimangono in piedi tre colonne scanalate di ordine corintio, che sostengono il loro intavolamento. Di queste tre colonne due appartengono alla fronte del tempio ed una al lato, vale a dire che in esse si ha l'angolo orientale dell'edificio: l'angolo occidentale è stato determinato dagli ultimi scavi, onde oggi siamo positivamente certi, che il tempio era esastilo, cioè con sei colonne di fronte: siamo pur certi per gli ultimi scavi, che ne'lati non ricorrevano colonne su tutta la linea come credevasi per lo passato, ma solo due compresa l'angolare, col pilastro corrispondente all'anta della cella. Di fronte ricorre il clivo capitolino, e perciò mancava il sito conveniente per i gradini esterni, i quali inoltre essendo in un piano inclinato sarebbero stati di numero diverso, ed avrebbero prodotto un effetto poco piacevole. Laonde si fece una specie di podio al quale salivasi dall'angolo occidentale, e dal terrazzo di questo podio cominciavano i gradini nell'intercolunnio del portico, come oggi si vede. Del terrazzo, o podio rimane il piantato, ed un brano di risalto di marmo, dal

quale apparisce che la faccia di questo podio rivestita di marmo era interrotta da risalti corrispondenti alle colonne del portico. Rimane inoltre il piano della cella che veniva fasciata da un muro di massi quadrilateri di travertino a strati alternati, perfettamente squadrati e commessi, i quali rimangono in parte nel lato occidentale. Questo muro era rivestito di lastre di marmo lunense e di massi dello stesso masso era il zoccolo, del quale rimangono avanzi sul luogo da ambo i lati, e recano meraviglia per la grandezza e per la precisione con che sono commessi. Una parte del piano della cella rimane, e mostra essere stato coperto di marmo: come pure in fondo alla cella addossato alla sostruzione del Tabulario è il masso, o piantato del tabernacolo che conteneva la statua del nume. Lo stile delle colonne presenta il lavoro de'tempi augustani, non così quello del zoccolo e della cornice, che certamente appartengono ad una epoca di ricercatezza e moltiplicità di ornati e di esecuzione stentata, che è quanto dire sono lavori di un ristauro de'primi tempi della decadenza, onde fan riconoscere che questo edifizio eretto ne'primi tempi dell'impero fu ristaurato sotto Settimio Severo e Caracalla: e che andasse soggetto ad un ristauro per parte di più imperadori insieme fa fede la parola mutila. . . ESTITVER (cioè RESTITVER) che ancora si legge sulla fronte, dove per porre la memoria di questo ristauro si scalpellarono insieme gli ornati del fregio e dell'architrave. Fin quì descrissi lo stato di questo monumento il quale fu un tempio eretto sotto di Augusto e ristaurato da Settimio Severo e Caracalla, e posto sul clivo capitolino. Ora in Vittore Regio VIII. leggesi: Aedis Iovis Tonantis ab Augusto dedicata in Clivo Capitolino, quindi i topografi di Roma con poche eccezioni riconobbero in questi avanzi

« IndietroContinua »