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Pretestato. Ho detto che questo portico faceva fronte ad una fila di taberne, ora come quelle di sotto, descritte poc'anzi servivano a sostenere l'area avanti il portico, così queste superiori servivano di contrafforte al clivo capitolino ed alla sostruzione del Tabulario, e perciò necessariamente formavano un angolo ottuso. Entrando in queste taberne si osserva come vennero addossate posteriormente alle sostruzioni originali del clivo ed ai fondamenti del Tabulario a segno, che in alcune si vede perfino la marna, sulla quale poggiano le fondamenta medesime, e che mostra essere stato un tempo questa parte del solo in declivio, e che fu tagliata a ripia no nella edificazione di queste taberne.

TEMPIO DELLA FORTUNA. Fin qui sono stati descritti gli avanzi esistenti sulla sponda destra del clivo capitolino andando verso il solco dell' Inter Lucos. Sulla sponda sinistra torreggia il portico di un tempio esastilo di colonne di granito che ha sei colonne di fronte e due di fianco, onde è stato più volte indicato di sopra col nome di portico delle otto colonne. La fronte di questo tempio è rivolta a nord-est, onde uno de' lati dominava il Foro, e l'altro il clivo capitolino: le colonne hanno capitelli ionici: le basi altre sono attiche, altre corintie e le attiche sono di un lavoro rozzo, le corintie di un lavoro de' buoni tempi : ed altre di queste hanno plinto, altre ne vanno prive: le sei'colonne di fronte sono di granito bigio, le due laterali di granito rosso, e queste ultime sono formate di rocchi appartenenti a colonne diverse, come quelle di bigio sono più sottili e sfaldate. Tutte queste anomalie vengono spiegate dalla epigrafe, che ivi ancora si legge:

SENATVS. POPVLVSQVE. ROMANVS
INCENDIO.CONSVMPTVM.RESTITVIT

vale a dire, che l'edificio andò soggetto ad un incendio, e nella riparazione si servirono de' materiali del tempio primitivo, ed altri ne furono raccolti altrove come meglio poterono, indizio di tempi di decadenza. E certamente con una epoca molto bassa per le arti si accordano, sì per lo stile, che per la esecuzione, i capitelli, la cornice, e la opera laterizia che formava il nucleo del frontone e che è ancora superstite. Il piantato di massi di travertino, sul quale poggiano le colonne, ed al quale veniva addossata la gradinata magnifica che conduceva al pronao è della epoca primitiva del tempio, alla quale appartengono le basi corintie, ed un gran tratto del fregio interno, nel quale veggonsi pure inseriti pezzi rozzamente imitati nel ristauro. Il nucleo della cella rimane, ma ne' tempi moderni essendo stato ridotto il tempio ad abituri venne scavato in varie parti onde servire di cantine. Sembra che in origine il tempio avesse di fianco tre colonne per parte compresa l'angolare; ma di queste mancano le due estreme. Il frammento capitolino, del quale si parlò di sopra, e che dà il tempio della Concordia dà ancora questo e lo mostra, come è, esastilo, con una gradinata molto elevata fra due gran piedestalli. Dopo che il tempio della Concordia era rimasto smantellato, ed ingombro, questo per lungo tempo ne portò il nome, del quale Poggio Fiorentino de Varietate Fortunae lib. I. pag. 12. è il primo ad insignirlo nel secolo XV. e dopo di lui, meno il Nardini, e qualche altro topografo, niuno avea osato muover dubbio sopra tale denominazione pomposa. Poggio Fiorentino poi, ricorda la demolizione delle parti mancanti, come avvenuta a' suoi di narrando che nella sua prima venuta in Roma circa l'anno 1425 lo vide quasi intiero, e fasciato di marmo e che poscia i Romani demolirono tutta la cella P. I.

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ed una parte del portico fino al suolo: Capitolio contigua Forum versus superest porticus aedis Concordiae, quam quum primum ad urbem accessi vidi fere integram OPERE MARMOREO ADMODUM SPECIOSO; Romani postmodum ad calcem AEDEM TOTAM et PORTICUS PARTEM disiectis columnis sunt demoliti. In porticu adhuc literae sunt s. P. Q. R. INCENDIO CON SVMPTAM RESTITVISSE. Nardini che il primo coraggiosamente si oppose al nome di tempio della Concordia dato ad esso, inclinò invece a crederlo tempio della Fortuna denominazione che parmi la più probabile nello stato attuale delle cognizioni. Imperciocchè essere stato un tempio sacro a questa dea presso a quello di Giove Tonante si dichiara da una iscrizione esistente nel palazzo baronale de' Barberini in Palestrina, che comincia così:

TV. QVAE. TARPEIO. COLERIS. VICINA. TONANTI
VOTORVM. VINDEX. SEMPER. FORTVNA. MEORVM

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E si conferma questa situazione con un passo di Clemente Alessandrino nel Protreptr. p. 33. il quale nota, che in Roma quella dea avea tempio presso uno sterquilinio, che era circa la metà del clivo Capitolino, siccome mostra Festo nella voce Stercus, cioè quel luogo, nel quale ogni anno ai 15 di giugno deponevansi le sozzure che si toglievano dal tempio di Vesta, ceremonia ricordata da Varrone de Ling. Latina lib. V. c. IV. e che ne'calendarii designasi colla formola Q. ST. D. F. Quando stercus delatum fas. Quel tempio, secondo Zosimo lib. II. c. XIII. arse a' tempi di Massenzio, fatto che non solo si accorda colla iscrizione esistente, ma ancora collo stile delle parti ristaurate del portico superstite. Dice quello storico su tal proposito, che il tempio della Fortuna in Roma fu incendiato

sia

per fuoco caduto dal cielo, sia per fuoco venuto dal

la terra, poichè non potè mai sapersi: indizio che l'incendio fosse improvviso, e forse appiccato ad arte: e che correndo tutti ad estinguerlo uscirono di bocca ad un soldato bestemmie contro la dea, onde la moltitudine insorse e lo uccise, fatto che mosse a sedizione i soldati, i quali erano sul punto di far man bassa della città, se non fossero stati prontamente pacificati da Massenzio. PORTICO E TABULARIO. Con questo tempio termina la descrizione delle vestigia antiche esistenti sulla falda del monte, che guarda verso il Foro. Sul monte stesso nella valle dell' Intermonzio rimane ancora un avanzo imponente, sul quale venne eretto nc' tempi moderni il palazzo senatorio. Si compone questo di una magnifica sostruzione di massi quadrilateri di pietra gabina disposti a strati alternati, addosso alla quale furono poscia edificati i templi di Giove Tonante e della Concordia che la involarono alla vista. Questa sostruzione viene interrotta oggi da aperture rettilinee irregolari che si veggono fatte ne' tempi bassi affine di dar luce ad alcuni vuoti che la sostruzione stessa contiene; ed ai quali si penetrava originalmente per una porta che venne chiusa allorchè fu eretto il tempio di Giove Tonante. Sopra questa sostruzione, che occupa tutto lo spazio fra il clivo capitolino ed il clivo sacro è un portico arcuato, che nella faccia rivolta al Foro avea dieci amplissime fenestre arcuate, i cui pilastri erano ornati di mezze colonne di ordine dorico scanalate: e dagli avanzi esistenti apparisce essere state queste mezze colonne senza base e per un terzo dell'altezza tagliate a faccette, e per gli altri due terzi scanalate : i capitelli di queste e l'intavolamento erano di travertino come pietra più solida per resistere alle corrosioni dell'aria onde le modinature e gli ornati potessero meglio mantenersi. Una di tali fenestre arcuate colle

due mezze colonne laterali è stata aperta di recente. Imperciocchè quando verso la metà del secolo XV. papa Niccolò V. fabbricò questa parte del palazzo chiuse tutti i vani delle fenestre entro muri di opera saracinesca, e con essi pure le mezze colonne, ed appena rimasero visibili i capitelli, e l'architrave. Questo portico era di transito pubblico e di communicazione fra i due clivi, quindi in uno scavo fatto dentro di esso l'anno 1830 trovai che era lastricato originalmente, come una via, di poligoni di lava. Entrando in esso reca sorpresa vedere in quale stato di degradazione e di sfacello siano i massi di pietra gabina, e come i muri ed i pilastri siano rosicchiati e corrosi. Conseguenza è questo danno dell' uso, al quale per buoni due secoli fu destinato, cioè di magazzino di sale. Poggio Fiorentino de Variet. Fort. lib. I. p. 8. mostra, che era di già destinato a quest' uso a' giorni suoi, dicendo: Extant in Capitolio fornices duplici ordine novis inserti aedificiis PUBLICI NUNC SALIS RECEPTACULUM, in quibus scriptum est literis vetustissimis atque adeo humore salis exesis: QVINTVM LVTATÍVM QUINTI FILIVM, QVINTI NEPOTEM CATVLVM CONSVLEM SVBSTRVCTIONEM ET TABVLARIVM DE SVO FACIVNDVM COERA

VISSE, opus ipsa vetustate venerandum. Questo passo è tanto importante che mentre mostra la causa della degradazione del portico ne mostra ancora la pertinenza antica, cioè che fece parte del Tabulario ossia dell'archivio publico, e che fu edificato da Quinto Lutazio Catulo figlio di Quinto, nipote di Quinto, console l'anno 674 di Roma. Nardini due secoli dopo Poggio mostra, che questo portico serviva ancora di salara e ricorda la iscrizione come superstite nella metà del secolo XVII. che riferisce così :

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