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IX. KAL. APR. Quumque post quatuor menses reversus CLIVUM SACRAE VIAE cum uno puero stipem petendo conscenderet, factum est ut offenderet Iulianum imperatorem in rheda aurea sedentem. Quindi Orazio Epod. ode VII. v. 7 alludendo a questo clivo dove dalla Summa Sacra Via discendevasi verso il Foro scrisse:

Intactus aut Britannus ut DESCENDERET

SACRA catenatus VIA:

passo che il vecchio scoliaste publicato da Cruquio commenta per viam Sacram duceretur pro triumpho ad Capitolium. È però da notarsi che questo clivo non va confuso con quello chiamato da Orazio stesso Od. lib. IV. od. II. v. 35 sacrum clivum, ossia clivus sacer in quel verso

quandoque trahet feroces

Per SACRUM CLIVUM merita decorus

Fronde Sygambros.

Imperciocchè, secondo lo scoliaste poc'anzi citato, quel clivus sacer era la salita, per la quale il trionfatore dal Foro andava sul Capitolio, proseguimento della via Sacra: PER SACRUM CLIVUM, per viam Sacram qua ascendebatur ad Capitolium, per ascensum Capitolii : così pure l'altro antico scoliaste Acrone lo spiega: per sacrum Capitolii clivum captivos Sicambros trahentem pro triumpho. La direzione pertanto della via Sacra originale fu pel tramite che separava il Palatino dall' Esquilie; ma dopo che Nerone colla sua Domus Aurea coprì non solo tutto intiero il monte Palatino, ma ancora una parte del Celio, e tutto l' Esquilino-Oppio, questo tramite trovossi trasformato in Atrium di quel portentoso palazzo e dopo l'abbandono di esso ai tempi di Vespasiano la via Sacra fu più appoggiata alla fal· da del Palatino, ed è quella stessa che passa sotto l'arco di Tito, monumento che dimostra l'andamento po

sitivo della via in quel punto della sommità del clivo fino dai tempi di Domiziano, sotto il quale quell' arco venne costrutto. E dopo che Adriano eresse il tempio di Venere e Roma non rimase più traccia della gola originale frai due colli, avendo a cagione di quel tempio spianato tutto il tratto fra le due falde a partire dall'arco di Tito fino alla piazza del Colosseo, e posto il tempio fra due vie parallele, cioè quella verso mezzodì, che definitivamente divenne via Sacra, e quella verso settentrione, che è stata dopo gli scavi dell' anno 1828 pienamente scoperta. Ed appunto nell' eseguire quelli scavi feci fare ricerche opportune sotto il lastricato antico delle vie sovraindicate, e trovai che questo era costrutto in parte sopra ruderi de' tempi imperiali, e che il solco originale della via Sacra fu sotto la cella del tempio adrianèo. La falda poi dell' Esquilino dominante immediatamente la via Sacra originale fu destinata ne'tempi più antichi a mercato, che Forum Cupedinis, e Macellum viae Sacrae si disse, come apprendiamo da Varrone De Ling. Lat. lib. IV. §. 146. 152. il quale inoltre mostra, che essendo stata in origine vestita di cornioli, fu chiamata la contrada ad Corneta, anche dopo che gli alberi vennero abbattuti : Ad corneta forum Cupedinis, a cupediis, quod multi forum Cupidinis a cupiditate e parlando del Laureto, selva che copriva, come si vide a suo luogo, una parte dell' Aventino, e che dopo essere stata recisa conservò alla contrada il nome, aggiunge l'esempio del Corneto: ut inter Sacram viam et macellum editum, CORNETA a cornis, quae abscissae loco reliquerunt nomen. L'antico scoliaste di Terenzio nell'Eunuchus Act. II. Sc. II. v. 25 riferisce sul Forum Cupedinis ed il Macellum viae Sacrae un passo di Varrone tratto dalla opera Rerum Humanarum, dal quale apparisce che una tradizione portava, co

me Numerio Equizio Cupedine, e Romanio Macello infestarono molti luoghi commettendo latrocinii di nuovo genere. Questi furono mandati in esilio, i loro beni vennero confiscati, e le case loro disfatte: del danaro ritratto furono edificate le scale degli Dei Penati, dove essi abitavano: il luogo fu destinato a vendere i commestibili che si portavano a Roma: e perciò dal nome dell'uno fu chiamato Macellum, da quello dell'altro Forum Cupedinis. Eccone le parole: Varro, Humanarum Rerum, Numerius Equitius Cupes, inquit, et Romanius Macellus, singulari latrocinio multa loca habuerunt infesta. His in exilium actis publicata sunt bona et aedes ubi habitabant dirutae, eque ea pecunia Scalae Deum Penatium aedificatae sunt ubi habitabant : locus ubi venirent ea quae vescendi caussa in urbem erant allata. Itaque ab altero MACELLUM, ab altero FORUM CUPEDINIS appellatum est. Veggasi pure Festo nella voce CUPES, dove in luogo di Cupedinis Equitii leggesi Cupedinis equitis.

L'intervallo esistente fra la pendice meridionale del Quirinale e la estremità dell' Esquilino, sulla quale era il Macellum viae Sacrae, ricordato poc'anzi, ebbe per la configurazione sua concava il nome di Carinae, perchè simile alla carena delle navi, nome che si communicò all' altra concavità esistente fra la punta del Ma cellum, ed il lembo del Celio. Il punto di giunzione di queste due parti irregolari del suolo di Roma fu designato col nome di Ceroliensis, e Cerolia, come apprendiamo da Varrone lib. V. §. 47. nel passo riferito di sopra. La natura del suolo di questa contrada è di sabbia ed argilla fluviale. La piccola chiesa di s. Maria in Carinis conserva la memoria del nome antico. Fu questa una delle parti più nobili di Roma potente, e per

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ciò Virgilio Aen. lib. VIII. v. 361. dà l'epiteto di lautae a questa contrada dicendo:

Talibus inter se dictis ad tecta subibant

Pauperis Evandri, passimque armenta videbant Romanoque foro et LAUTIS mugire CARINIS. Servio, o quella compilazione informe di commenti, che va sotto il suo nome, comincia col dire, illustrando questo passo, che le Carinae erano edificii fatti a modo di carene nelle vicinanze del tempio della Tellure, confondendo la forma del suolo con quella delle fabbriche, mantenendo però la ubicazione della vicinanza del tempio della Tellure, che vedremo a suo luogo corrispondere colla odierna Tor de' Conti. Aggiunge che furono dette lautae per la eleganza delle fabbriche, e molte altre origini che superfluo è di quì riferire. Il Brocchi ne insinua una nuova, che l' epiteto lautae alluda ai fertili e lussureggianti pascoli di Roma agreste, quale era ai tempi di Evandro; ma non è così facile convenire con questa opinione, come a prima vista sembra plausibile, poichè il poeta in que' versi allude piuttosto al gran cangiamento avvenuto fra lo stato primitivo agreste di Roma e quello nobile de'tempi suoi, e fa una specie di contrapposto dicendo che ai tempi di Evandro mugghiavano gli armenti nel sito dove a' suoi giorni magnifica pompa facevano gli edificii grandi del Foro e delle Carine. E su tal proposito giova ricordare, che ai tempi di Virgilio nelle Carine notavansi il tempio della Tellure riedificato magnificamente dal fratello di Cicerone, la casa rostrata di Pompeo, che dopo la sua morte pervenne in potere di Antonio, ed altre di simil fatta.

Il piano, che divide dal Palatino il Capitolio fu in origine una valle irregolare, profonda, boscosa, e palustre; e fra le acque stagnanti che la ingombravano, oltre quelle che vi lasciava il Tevere si ricordano il lago

Curzio e la fonte di Giuturna, delle quali tornerò a parlare descrivendo particolarmente il Foro. Ma dopo che si strinse la pace fra Romulo e Tazio, fu destinata, secondo Dionisio, a Foro commune ai due popoli riuniti, ed allora si abbatterono le selve e colmaronsi i ristagni delle acque: ecco le parole di questo storico insigne lib. II. c. L. Το δ' ὑποκειμενον τῷ Καπιτωλιῳ πεδιον, εκκόψαντες την εν αυτῷ πεφυκυίαν ύλην, και της λιμνης, ἡ δε δια το κοιλον ειναι το χωριον επληθύνε τοις κατιουσιν εκ των όρων ναμασι, τα πολλα χωσαντες, αγοραν αυτ τοθι κατεστήσαντο, ή και νυν ετι χρωμένοι Ρωμαίοι διατελουσι και τας συνόδους ενταυθα εποιούντο εν Ηφαιστου χρηματίζοντες ἱερῳ, μικρον επανεστηκότι της αγοράς. Ed il campo che soggiace al Capitolio, abbattendo la selva nata in esso, e la palude che per essere il luogo concavo ristagnava per le acque che scendevano dai monti in gran parte colmando, stabilirono ivi il Foro del quale anche oggidì i Romani fanno uso: e le adunanze tenevano, trattando di affari publici nel tempio di Vulcano, che sovrasta dappresso al Foro. Questo fu dopo quella destinazione designato col nome di FORUM ROMANUM, e di FORUM per eccellenza, nome non ancora dimenticato.

La valle, che divide dal Celio l'Esquilino-Oppio, quella che separa questo colle dalle frastagliature che vanno pure sotto la denominazione di Esquilino, ed il solco che separa l'Esquilino-Oppio dall'Esquilino-Cispio ebbero insieme il nome di Subura, del quale così Varrone ragiona lib. IV. §. 46. 48, mostrandone la prossimità al Celio ed alle Carine e le origini del nome: In Suburanae regionis parte princeps est Coelius mons... Eidem regioni attributa Subura, quod sub muro terreo Carinarum: in ea est Argaeorum sacellum sextum. Subura Iunius scribit ab eo quod fuerit

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