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celi che è verso la cordonata e la salita di Marforio ed altre sono nel giardino rivolto al Corso queste sono tutte di opera reticolata e laterizia simile ad altre opere che ci rimangono del tempo de Flavii.

Questi fatti che ognuno può verificare, e che si accordano coll' autorità degli antichi scrittori mi portano a riconoscere come vera la opinione abbracciata dal Nardini, onde io credo che il tempio di Giove Ottimo Massimo Capitolino fosse collocato sulla cima orientale, e che a questo appartengano i laceri avanzi coperti in gran parte e frammischiati ad informi costruzioni moderne che si veggono entro il convento e giardino di Araceli, e quelli involati dal muro di sostegno della scala récentemente costrutto.

Narrando le fasi generali del Capitolio toccai pur quelle di questo tempio pag. 499. e seg. Ivi indicai, che fondatore ne fu Tarquinio Prisco: e ciò sulla fede di Dionisio, di Livio, e di Plinio. Ricorda Livio lib. I. cap. XXXVIII. che quel re ne fece il voto durante la guerra sabina: et aream ad aedem in Capitolio Iovis, QUAM VOVERAT BELLO SABINO iam praesagiente animo futuram olim amplitudinem loci occupat fundamentis. Questi grandi lavori furono intrapresi da quel re col danaro, che ritrasse dalla preda fatta sopra gli Apiolani siccome sulla fede di Valerio Anziate riferisce Plinio lib. III. c. V. §. IX: praeterea auctor est Antias, oppidum Latinorum Apiolas captum a Lucio Tarquinio rege ex cuius praeda Capitolium is INCHOAVERIT. Tarquinio il superbo diè compimento a questo voto dell'avo, e destinò a tale uopo la somma di 400 talenti di argento ed oro ritratta nella presa della ricca città de'Volsci Suessa Pomezia, siccome riferisce Livio lib. I. c. LIII: ubi quum dividenda praeda QUADRAGINTA TALENTA argenti, aurique refecisset, concepit ani

mo eam amplitudinem Iovis templi, quae digna deum, hominumque rege, quae romano imperio, quae ipsius etiam loci maiestate esset. Captivam pecuniam in aedificationem eius templi seposuit. Questo scrittore però, che di sopra nel passo riportato mostra concordemente a Dionisio ed a Plinio, autore de'fondamenti Tarquinio Prisco, più sotto c. LV. dice che le spoglie di Suessa Pomezia, cioè i 400 talenti, che erano destinati per condur la opera del tempio a compimento, appena bastarono per le fondamenta: Augebatur ad impensas regis animus: itaque Pometiae manubiae, quae perducendo ad culmen operi destinatae erant vix fundamenta subpeditavere: contraddizione che non saprebbe sciogliersi se non supponendo aver questo re terminato le fondamenta cominciate dall' avo, e poi compiuto il tempio. Mentre era sul punto di dedicarlo l'attentato di Sesto suo figlio verso Lucrezia lo privò del trono, e quell' onore venne ottenuto da Marco Orazio Pulvillo console surrogato a Spurio Lucrezio, e pontefice, l'anno primo della republica, per testimonianza concorde di tutti gli antichi scrittori. Narrano Cicerone pro Domo c. LIV. Valerio Massimo lib. V. c. X. Seneca ad Marciam c. XIII. e Servio Schol. in Virgil. lib. XI. v. 2. che cominciata la funzione i rivali di Orazio gli fecero sapere essere morto un suo figlio, onde interromperla: egli però imperterrito continuò il suo uffizio per non distrarre gli animi da una funzione publica al suo dolore privato e per non parere anteporre le parti di padre a quelle di pontefice: neque vultum a publica religione ad privatum dolorem deflexit, ne patris magis, quam pontificis partes egisse videretur: dice Valerio fortezza di animo altamente ammirata da Seneca che esclama: Dignus mehercule fuit memorabili dedicatione, dignus amplissimo sacerdotio, qui colere deos

ne iratos quidem destitit. Idem tamen, ut rediit domum et implevit oculos et aliquas voces flebiles misit: et peractis quae mos erat erat praestare defunctis ad Capitolinum illum rediit vultum. Ma questo primo tempio arse l'anno 670 di Roma, e fu da Silla con tutta la magnificenza riedificato ritenendo sempre i limiti primitivi, siccome mostra Dionisio: ma neppur egli potè vederlo compiuto. Imperciocchè narra Valerio Massimo lib. IX. c. III. §. 8. che mentre quel dittatore dimorava l'anno 675 a Pozzuoli, a cagione di salute, avendo Granio capo di quella colonia indugiato di raccogliere il danaro promesso dai decurioni per la riedificazione del tempio, fu preso da tanto impeto d'ira, che mancandogli la voce gli scoppiò una vena in petto e mori. Questo secondo tempio fu dedicato da Catulo l'anno 684 e perì anche esso per un incendio l'anno 823, ossia 70 della era volgare, nella guerra vitelliana: l'anno seguente fu riedificato dalle fondamenta per le cure di Vespasiano, siccome si ricava da Tacito Hist. lib. IV. c. LIII. Questo storico insigne ci ha conservato fortunatamente i particolari delle ceremonie, che accompagnarono questa riedificazione, dai quali conosciamo gli usi, che in simili circostanze gli antichi osservavano. Egli narra come la cura del lavoro fu affidata a Lucio Vestino personaggio dell'ordine equestre, che godeva però una riputazione somma, onde era considerato frai primi del tempo suo. Secondo l'uso egli consultò gli aruspici, che in simili circostanze prescrivevano quanto dovea farsi : e questi dichiararono doversi i ruderi del tempio incendiato, affine di non esporli a profanazione, e perchè non venissero impiegati in altro uso, gittare entro paludi: doversi edificare il tempio nuovo sulle vestigia stesse del precedente, cioè strettamente conservarne l'ampiezza tale quale era stata determinata in principio, es

sendo che gli Dei non volevano cangiare la forma primitiva della loro sede: Ab eo (L. Vestino) contracti haruspices monuere, ut reliquiae prioris delubri in paludes aveherentur: templum iisdem vestigiis sisteretur: nolle Deos mutari veterem formam.Laonde ai 21 di giugno (XI. Kal. Iulias), essendo il dì sereno, tutto lo spazio destinato al tempio venne circondato con bende e con corone: e vi entrarono i soldati, che aveano un nome di fausto augurio portando rami di alberi grati agli dii: poi le vergini vestali con garzoni e donzelle, che aveano padre e madre viventi, lavarono il sito designato con acqua pura tratta da sorgenti, e da fiumi. Allora Elvidio Prisco pretore andando a lui dinanzi Plauzio Eliano pontefice, dopo aver purgata l'area col sagrificio del suovetaurile, e dopo avere sull'ara riposte le interiora delle vittime, invocò Giove, Giunone, Minerva, e gli Dei presidi dell'impero, onde le cose principiate facessero prospere, e coll'aiuto divino le loro sedi cominciate dalla religione degli uomini portassero in alto, e toccò le bende dalle quali era avvinta la pietra, ed alle quali erano connesse le funi: ed insieme gli altri magistrati, sacerdoti, senatori, cavalieri, ed una gran parte di popolo unendo i loro sforzi con impegno e letizia tirarono giù il gran sasso: e con questo furono gittati nelle fondamenta pezzi di oro e di argento, e primizie di metalli, che non aveano sentito il fuoco, ina come sono prodotti. Ingiunsero gli aruspici, che non venisse alterato il lavoro con pietre, o con oro destinato ad altro uso. Solo fu accresciuta l'altezza dell' edificio, poichè in questo la religione avea acconsentito, credevasi, che mancasse alla magnificenza del tempio primitivo. A questi particolari molto importanti aggiunge Svetonio nella vita di Vespasiano c. VIII, che Vespasiano medesimo pel primo mise mano a torre i ru

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deri del vecchio edificio e ne portò una parte sullc sue spalle, fatto che non si accorda con Tacito, che mostra essere stato allora Vespasiano assente da Roma. Silla avea riedificato il tempio arso a'suoi giorni colle colonne, che tolse al tempio di Giove Olimpico in Atene: nulla sappiamo con quali colonne l'ornasse Vespasiano : ma essendo nove anni dopo rimasto di nuovo preda delle fiamme, Domiziano che lo rifabbricò fece venire le colonne del monte Pentelico nell'Attica. Plutarco nella vita di Publicola cap. XV. che ci ha conservato questa notizia dà una idea della sontuosità del nuovo tempio: egli riferisce che in sul morire di Vespasiano incendiossi di nuovo il Capitolio, e che il quarto tempio venne compiuto da Domiziano che se Tarquinio avea speso nelle fondamenta del primo tempio 40 mila libre di argento, il nuovo era di tale ricchezza, che niuna fortuna privata sarebbe stata sufficiente neppure a supplire alla spesa della doratura che sola ammontava oltre i 12 mila talenti, vale a dire 12 millioni di nostra moneta romana. Soggiunge che le colonne vennero tagliate nelle cave del monte Pentelico, e che vedute da lui in Atene aveano una proporzione eccellente; ma che giunte in Roma essendo state fusate e polite non guadagnarono tanto in lavoro, quanto perderono nella proporzione, poichè riuscirono di soverchio sottili. Si notò di sopra che le dimensioni primitive del tempio nella riedificazione di Vespasiano per espresso volere degli aruspici non si erano alterate quanto alla estensione, e solo il tempio avea guadagnato in altezza: Dionisio lib. IV. c. LXI. mostra, che neppur quello rifatto da Silla era stato quanto alla estensione alterato, ma solo fatto più ricco: quindi siamo certi, che identica era la grandezza del tempio primitivo e quella de'templi successivamente riedificati. Ora lo scrittore sovraccitato così descrive il tempio rifatto

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