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ARTICOLO VI.

DE' CIRCHI.

Gli spettacoli più antichi, che ebbero i Romani furono quelli del circo, poichè Romulo stesso l' introdusse, allorchè celebrò le feste consuali ad onore di Nettuno, dio protettore de' cavalli, come quello che secondo la prisca teogonia attica fece sorgere quel quadrupede nel contrasto che ebbe con Minerva; tradizione, che forse nacque dal fatto dello essere stati introdotti la prima volta i cavalli nell' Attica per la via del mare, e che i Pelasgi insinuarono ancora in Italia. Fu in quelle feste consuali celebrate nella valle sottoposta al colle Palatino, al quale allora restringevasi la città, che Romulo fece rapire le donne de' popoli circonvicini attirati dal suo bando: e quella valle fu scelta come la più opportuna alle corse de' carri e de' cavalli, nelle quali quelle feste principalmente consisterono, poichè si stende in lungo dalla ripa del fiume verso oriente fra il Palatino e l'Aventino. Quella festa dimostrò quanto il sito fosse opportuno, e probabilmente fu seguita da altre sotto i primi re di Roma, di cui gli antichi scrittori non ci hanno conservato la memoria. La natura del luogo offrì i sedili dintorno; segnali quanto mai può credersi rozzi, ma discernibili doverono determinare il principio e la fine della corsa, e questi furono detti metae: intorno a queste mete giravasi, azione che designavasi colla parola circum, quindi circus fu detto il luogo dello spettacolo, circenses i giuochi. Or chi crederebbe che una etimologia così naturale e patente dai grammatici de' secoli posteriori fosse storpiata in guisa da far derivare il nome di circenses da circum enses, cioè che que'che correvano in luogo di mete gira

vano intorno a spade, enses. Tanto strana mi sembra questa idea, che mi forza ad allegare le autorità che la ricordano: fra queste la più antica è quella di Servio, il quale commentando il v. 18 del libro III. delle Georgiche :

Centum quadriiugos agitabo ad flumina currus : scrive: olim enim in littore fluminis circenses agitabantur: in altero latere positis gladiis ut ab utraque parte esset ignaviae praesens periculum: unde et CIRCENSES dicti sunt, quia exhibebantur in circuitu ensibus positis; egli non ignorava la origine più naturale di questa voce, poichè soggiunge: licet alii a circumeundo dicant circenses vocari; ma preferisce quella più speciosa di circum enses: altrove commentando il v. 636 del libro VIII. della Eneide ripete questo stesso: circenses dicti vel a circuitu, vel quod ubi nunc metae sunt olim gladii ponebantur quos circumibant, dicti inde CIRCENSES AB ENSIBUS, circa quos circumibant. Con Servio si accorda Cassiodoro Var. lib. III. epist. LI. che mentre riconosce la etimologia di circus a circuitu, soggiunge che circuenses dicevansi i giuochi qua¬ si circenses perchè inter enses et flumina locis virentibus agerentur. Tertulliano poi nel libro de Spectaculis c. VIII. ricorda la etimologia di Circus dedotta da Circe figlia del sole, etimologia riferita ancora da Isidoro Orig. lib. XVII. c. XXVIII,

Ho notato di sopra sulla fede di Servio nelle note al v. 636 del libro VIII. della Eneide, che Romulo diè le corse ne' giuochi consuali nella valle fra il Palatino e l'Aventino; ma nè lui, nè i primi suoi successori stabilirono un circo, edificio che dovè la sua ori gine a Tarquinio Prisco dopo la conquista di Apiola, come ricavasi da Dionisio lib. III. c. LXVIII, cioè circa l'anno di Roma 138, ossia 616 avanti la era volgare.

E per quasi quattro secoli questo fu il solo circo di Roma; mà l'anno 533 dopo la fondazione della città, ossia 221 avanti la era volgare fu eretto da Cajo Flaminio censore il secondo circo, che da lui ebbe il nome di Flaminio. Del terzo, cioè di quello di Flora, così denominato, perchè era principalmente destinato alle feste ad onore di quella dea non si conosce la data precisa; ma egli è certo che di già esisteva negli ultimi tempi della republica, come si trae da Valerio Massimo e da Varrone. Circa quella epoca medesima Sallustio ridusse a circo entro i suoi giardini la valle, che separa il Quirinale dal Pincio, e che col nome di Circo Sallustiano suol designarsi. Altri ne furono eretti sotto gl' imperadori, principalmente ne' loro giardini, come quello di Galigola, detto pur di Nerone, ne'giardini vaticani, quello di Adriano negli orti di Domizia, quello di Elagabalo negli orti variani, quello di Alessandro Severo ne' suoi giardini, e finalmente quello del divo Romulo figlio di Massenzio eretto da questo imperadore nella sua villa suburbana presso l'Appia, che è l'ultimo dal quale abbiamo memoria. Quindi Roma antica ai tempi della traslazione della sede imperiale conteneva dentro le mura, o nel suo circondario immediato nove circhi, fra i quali il Massimo, il Flaminio, quello di Flora, e quello di Alessandro, affatto publici: gli altri entro giardini imperiali; mentre non conteneva che tre anfiteatri, tre teatri, e forse due naumachie: prova di fatto è questa del trasporto, che aveano i Romani per gli spettacoli che ne' circhi si davano a preferenza di quelli de' teatri, degli anfiteatri, e delle naumachie. E certamente Giovenale Sat. X. v. 81 e seg. descrivendo i costumi de' suoi giorni nota particolarmente questo gusto del popolo romano, dicendo, che quella turba stessa, che un tempo accordava il commando, i fasci, e le le

gioni restringeva i suoi desiderii allora a queste due sole cose, il pane, ed i giuochi circensi :

nam qui dabat olim

Imperium, fasces, legiones, omnia, nunc se
Continet atque duas tantum res anxius optat
PANEM et CIRCENSES.

Questo medesimo trasporto dimostra in altri passi, come nella satira III. v. 223:

Si potes AVELLI CIRCENSIBUS optima Sorae, Aut Fabrateriae domus, aut Frusinone paratur. e più sotto v. 195

Totam hodie Romam circus capit et fragor aurem
Percutit eventum viridis, quo colligo panni;
Nam si deficeret etc.

Il viridis panni allude al favore, che godeva presso una parte degli spettatori la fazione circense chiamata prasina, siccome indicherò più sotto, così detta, perchè vestita di verde. Ora per quanto voglia supporsi degenerato il gusto de' Romani in que' tempi, convien credere che grandi attrattive presentassero quelli spettaco→

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per tenerli così incantati, come i passi testè riportati ce li mostrano. E a dire il vero le traccie lasciateci dagli antichi scrittori, e parecchi monumenti figurati superstiti li fan riconoscere come altamente magnifici.Erano i giaochi circensi, come tutti gli altri, parte della religione presso i Romani, quindi venivano da ceremonie religiose preceduti, e particolarmente da una specie di processione, che POMPA dicevasi, come apprendiamo da Livio lib. XXX. c. XXXVIII. da Tertulliano de Spectac. c. VII. da Macrobio Saturn. lib. I. c. VI. e da altri. Questa si descrive particolarmente da Dionisio di Alicarnasso lib. VII. c. LXXII. così: « Prima di comin• ciare i giuochi mandarono una processione agli dii maggiori dal Capitolio, pel Foro, al Circo massimo:

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aprivano questa pompa i garzoni prossimi alla pubertà, e che erano in età di far parte della processione, a cavallo quelli i cui padri aveano l'onorificen

za di cavalieri, a piedi que' che doveano militare tra • i fanti: quelli schierati in turme ed in ale, questi in classi e file, come se dovessero andare a scuola: e ciò affine che gli stranieri vedessero apertamente il fiore della gioventù della città, e quanto numerosa e ⚫ bella fosse. Seguivano costoro gli aurighi delle quadrighe e delle bighe, e quelli che portavano cavalli sciolti: e dopo loro gli atleti che doveano incontrare certami lievi e gravi, nudi nel rimanente del corpo e solo coperti in quelle parti che debbonsi velare, co⚫stume che fino a' giorni miei è rimasto in Roma, come dapprincipio esisteva presso i Greci, presso i quali venne abolito per fatto dei Lacedemonii; impercioc• chè il primo che osò di mostrarsi tutto nudo nella • persona, correndo in Olimpia ne' giuochi celebrati nella XV. olimpiade, fu Acanto lacedemonio; ma prima • di questo tutti i Greci aveano rossore di mostrare la ⚫ persona affatto nuda ne' giuochi, come indica OmeSeguivano gli atleti, cori di danzatori divisi in tre ordini: il primo di quelli giunti alla età « virile: il secondo di giovani imberbi: l'ultimo di gar• zoni: accanto a questi andavano tibicini che suonavano tibie di antica specie, piccole e corte, e questo anche oggi si fa, e citaristi con lire di avorio di set• te corde, che suonavano col barbito, delle quali l'uso a' miei dì è cessato in Grecia, sebbene fosse patrio; i Romani si conserva in tutte le ceremoma presso nie sacre antiche: e i danzatori portavano tuniche purpuree, strette da cinture di bronzo, e spade, e lancie più corte delle usuali: e quelli giunti alla età vi

⚫ ro.

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rile aveano elmi di bronzo in testa adornati di bei

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