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<< cimieri, e di penne: ciascun coro veniva retto da un << uomo, che dava agli altri il ritmo della danza, indi« cando movimenti marziali, e concordi con cenni di cadenza, uso anche esso che si ritrova fra i Greci più antichi, cioè la danza armata, chiamata pirrica

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..E dopo questi cori passavano molti citaristi in « massa, e molti tibicini: e quindi quelli che portavano are con profumi di aromi ed incenso, che arde«vano per tutta la via, e quelli che portavano vasi di « argento e di oro, altri sacri, altri publici. In fine ve« nivano le immagini degli dii portate sopra le spalle « di uomini nella forma simile a quelle foggiate presso <«< i Greci, accompagnate dagli utensili, simboli, e donativi, che ciascuno credesi aver ritrovato per uso de' mortali, e queste immagini non erano solo quelle di Giove, Giunone, Minerva, Nettuno, e degli altri che «< i Greci numerano fra i dodici numi, ma ancora degli antenati, dai quali i dodici fingonsi generati, Sa« turno, Rea, Temide, Latona, le Parche, Mnemosine, « e di tutti gli altri che hanno templi, e sacri recinti presso i Greci, e di quelli che fingonsi nati dopo che << Giove ebbe il principato, Proserpina, Lucina, le Ninfe, le Muse, le Ore, le Grazie, Bacco: e di tutti que' <«< semidei le cui anime, abbandonati i corpi mortali, di<«<< consi essere ascese al cielo, ed avere sortito onori si<«<mili ai numi, Ercole, Esculapio, i Dioscuri, Elena, « Pan, ed infiniti altri. ..e quelli de' sacerdoti, ai quali spettava immolarono le vittime «< ed il modo di sagrificare presso loro era lo stesso di quello presso di noi. » E quì Dionisio descrive minutamente le ceremonie del sagrificio in prova della sua asserzione; poscia venendo ai giuochi mostra, che prima si diede quello delle quadrighe, delle bighe, e de' cavalli sciolti, ed oltre queste corse vi era ancora qnel

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la delle trighe, che descrive come carri, ai quali era no attaccati oltre i due cavalli come alle bighe, anche un terzo a bilancino. Finita la corsa de' carri e de' cavalli, que' che andavano sul carro insieme coll' auriga, scendevano a terra, e facevano la corsa a piedi, poscia seguiva il certame del corso, del pugillato, e della lotta. Da questa esposizione si trae quale magnificenza sfoggiassero i Romani in tali spettacoli, e quanto perciò dovessero essere a loro graditi. Con Dionisio si accorda Tertulliano de Spect. c. VII. che parlando della pompa così la descrive a' suoi dì, cioè nel III. secolo della era volgare: sed Circensium paulo pompatior suggestus, quibus proprie hoc nomen pompa praecedens, quorum sit in semetipsa probat de simulacrorum serie, de immaginum agmine, de curribus, de thensis, de armamaxis, de sedibus, de coronis, de exuviis: quanta praeterea sacra, quanta sacrificia praecedant, intercedunt, succedant, quot collegia, quot sacerdotia, quot officia moveantur sciunt homines illius urbis in qua daemoniorum conventus consedit. Questa processione pertanto adunavasi nel Capitolio, e di là pel clivo sacro scendeva nel Foro, e per questo entrava nel vico Tusco, e nel Velabro e poscia nel Circo Massimo: quindi. Ovidio nel sesto de' Fasti v. 405 e seg. scrive:

Qua Velabra solent in Circum ducere pompas,

Nil praeter salices crassaque canna fuit. E ciò quando i giuochi celebravansi nel Circo Massimo; ma quando si facevano in altri circhi, la pompà adunavasi in qualche tempio contiguo, che avesse avuto un sacro recinto, onde potersi raccogliere con maggior commodità. La pompa entrava nel circo per la porta centrale delle carceri, che perciò dicevasi PORTA A POмPA, faceva il giro di tutto il circo, e fatti i sagrificii di uso presso le prime mete, dove vedremo essere stata

l'ara di Conso, ciascuno degl'individui che ne avea fatto parte prendeva il posto a lui assegnato. Fra questi gli aurighi e gli atleti ritiravansi dietro le carceri aspettando il segnale per essere introdotti nell' arena.

Il verso di Virgilio Georg. lib. III. v. 18 riportato di sopra, che dice :

Centum quadriiugos agitabo ad flumina currus: indica che cento quadrighe facevansi correre ne' giuo chi circensi: in fatti Servio così lo chiosa: id est unius diei exhibebo circenses ludos, ed allega Varrone, che nel trattato de Gente Populi Romani dice, che facevansi venticinque corse XXV. missus: vale a dire, che ciascuna corsa veniva eseguita da quattro carri. Infatti quattro erano le classi in che venivano distinti gli aurighi che toglievano nome dal colore del loro vestiario, e che appellavansi fazioni, cioè la bianca albata, la rossa russata, la verde prasina, e la cerulea veneta. Questi colori spiegansi da Cassiodoro Var. lib. III. epist. LI, che mostra essere il verde allusivo alla primavera, il ceruleo al nuvoloso inverno, il rosso all' estate fiammeggiante, ed il bianco all'autunno brinoso: colores autem in vicem temporum quadrifaria divisione funduntur: prasinus virenti verno, venetus nubilae hiemi, roseus aestati flammeae, albus pruinoso autumno dicatus est: Tertulliano afferma c. IX. che dapprincipio due sole furono le fazioni la bianca, e la rossa, la bianca consagrata all'inverno, la rossa all' estate: albus hiemi ob nives candidas, russeus aestati ob solis ruborem voti erant; ma che poscia il rosso fu consagrato a Marte, il bianco ai Zeffiri, il verde alla Terra madre, o alla primavera, ed il ceruleo al Cielo ed al Mare, o all'autunno. Qualunque di queste spiegazioni si adotti è sempre certo, che quattro furono le fazioni, e che queste erano distinte ne'colori sovraindicati. Da Svetonio nella vita di Domiziano si trae c. VII. che quel cesare ne

aggiunse due alle quattro primitive, l'aurea, e la purpurea: duas circensibus gregum factiones aurati, purpureique panni ad quatuor pristinas addidit; ma questa innovazione non oltrepassò il regno di quell' augusto, e dopo la sua morte tornarono al numero ed ai colori primitivi, i quali veggonsi rappresentati nel famoso musaico di Lione. Delle quattro fazioni suddette quelle che aveano maggior voga presso il popolo erano la prasina è la veneta : e di queste la veneta era quella che godeva il favore del popolo, come si trae da quel passo di Giovenale sat. XI. v. 195 riportato di sopra, e la prasina quello de' grandi. Quindi Cassiodoro Far. lib. III. epist. LI. scrive: Transit prasinus pars populi moeret : praecedit venetus et potior turba civitatis affligitur. E questa gara dié sovente origine a torbidi e sedizioni nella decadenza dell'impero,specialmente a Costantinopoli.E come i quattro colori dicevansi alludere alle quattro stagioni dell'anno, così la corsa de'carri facevasi alludere a quella del sole e dodici erano le porte dalle quali uscivano, come dodici sono i segni dello zodiaco, sette i giri intorno alla mete, come sette sono i giorni della settimana. Veggansi su tali allusioni Tertulliano e Cassiodoro. Il costume di tali aurighi si vede rappresentato nel musaico sovraindicato, come pure sopra varii sarcofagi antichi, ed in una statua della raccolta vaticana. Tale rappresentazione della corsa circense sopra i sarcofagi facilmente si spiega, come quella che è un'allusione parlante del corso della vita umana dell' continuo agone in che ci troviamo, degl'inciampi, che incontriamo ad ogni passo, e della palma che si riporta dopo la morte. In que'monumenti gli aurighi veggonsi effigiati come vestiti di una tunica succinta e leggiera, fasciata di strisce di cuoio a guisa di corazza, onde difendere il corpo dalle contusioni, e mantenere la persona in equili

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brio; la testa è coperta di un elmo affine di salvarsi nelle cadute: incastrata nelle strisce di cuoio della corazza è una specie di coltello ricurvo, onde in ogni emergenza si potessero tagliare le briglie entro le quali l'auriga trovavasi posto, affine di non cadere in sbilancio. Le corse co'cavalli sciolti facevansi da un uomo con due cavalli, il quale saltava da uno nell'altro durante la corsa e perciò appellavansi tali cavalli, equi desultorii. Svetonio descrivendo i sontuosi spettacoli dati da Giulio Cesare c. XXXIX dice: Circensibus. quadrigas, bigasque, et EQUOS DESULTORIOS agitaverunt nobilissimi iuvenes. Oltre questi giuochi davasi nel circo ancora lo spettacolo, che soleva appellarsi Ludus Troiae, come quello che credevasi istituito da Enea, e che viene descritto così graficamente da Virgilio nel quinto libro della Enerde. Consisteva questo in una specie di cavalcata eseguita da garzoni di due età diverse, che facevano varii esercizii, ed evoluzioni, e che ricordasi pure da Svetonio nel luogo testè citato: Troiam lușit turma duplex maiorum, minorumque puerorum. Servì pure il circo pe' giuochi venatorii e gladiatorii, sui quali veggasi ciò che scrissi di sopra nell'articolo degli Anfiteatri.

La configurazione de'circhi veniva principalmente dalle corse per le quali erano stati originalmente istituiti, quindi erano oblonghi in modo che l'arena veniva circoscritta da due linee rette nella lunghezza, e da due curve nella larghezza: e niun circo meglio dimostra questa forma quanto quello di Romulo presso la via appia, il quale conserva talmente le parti che ci servirà di guida per questa descrizione generale. Ora in quel circo apparisce, che la lunghezza è nella direzione da occidente ad oriente: che il lato settentrionale è affatto retto: il meridionale però diverge da questo fino ad un terzo della lunghezza totale, quindi converge di nuovo for

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