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come riferisce Flaminio Vacca Memorie §. 32 come pur quelle, che oggi ornano la porta della chiesa medesima, e che fornirono la materia per i pili dell' acqua santa.

CIRCO DI CAJO e NERONE. Agrippina madre di Caligola ebbe giardini nel Vaticano ricordati da Seneca de Ira lib. III. c. XVIII. e da Filone nel racconto della sua Legazione a Cajo Caligola medesimo: e questi estendevansi dal colle al fiume per tutto il tratto oggi coperto dal rione di Borgo. In questi orti Caligola figlio di Agrippina, che ne amava il soggiorno formò un circo, ad ornamento del quale fece condurre in Roma l'obelisco, che oggi ammiriamo nella piazza di s. Pietro. Plinio Hist. Nat. lib. XVI. c. XI. §. LXXVI. n. 2 ricordando un abete di straordinaria lunghezza dice, che questo era stato impiegato nella nave che dall' Egitto per commando di Caligola avea portato in Roma l'obelisco eretto nel Circo Vaticano, e quattro massi della stessa pietra, cioè di granito rosso, che doveano sostenerlo: Abies admirationis praecipuae visa est in navi, quae ex Aegypto Caii principis iussu obeliscum in Vatica no Circo statutum, quatuorque truncos lapidis eiusdem ad sustinendum eum adduxit. Fu pertanto Caligola, che il primo costrusse il circo di che si tratta: egli lo dedicò alla memoria di Augusto e di Tiberio suoi parenti e suoi predecessori, come si ricava dal titolo che ripetutamente si legge scolpito nelle faccie a piedi di esso. Questi documenti servono a dilucidare un passo di Tacito, che a prima vista crederebbesi indicare autore di questo circo Nerone. Imperciocchè quelli orti essendo passati dopo la morte di Cajo in proprietà di Agrippina Giuniore sorella sua e madre di Nerone, furono da questo ereditati dopo il nefando matricidio, e particolarmente frequentati, dandovi spettacoli circensi, ne'quali egli stesso, come auriga correva.Ora Tacito, Annal.XIV.

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cap. XIV. narrando i fatti dell' anno 60 della era vol-
gare
dice che Seneca e Burro non potendo resistere
alla smania che avea Nerone di guidare come auriga le
quadrighe si videro costretti a permettergli questo tra-
sporto, ed affine di temperarlo per quanto era possibile
restrinsero questo spettacolo allo spazio chiuso nella val-
le vaticana, nel quale potesse guidare i cavalli, non am-
mettendo tutti promiscuamente a goderne; ma questi po-
scia vi chiamò il popolo romano, onde ottenerne gli ap-
plausi: clausumque valle vaticana spatium, in quo equos
regeret, haud promiscuo spectaculo; mox ultro vocari
Populus Romanus, laudibusque extollere, ut est vulgus
cupiens voluptatum, et si eodem princeps trahat, lae-
tum. E in questo medesimo circo poi l'anno 65 com-
mise tante crudeltà contra i Cristiani, siccome riferisce
lo stesso scrittore lib. XV. c. XLV: et pereuntibus ad-
dita ludibria ut ferarum tergis contecti laniatu canum
interirent aut crucibus adfixi, aut flammandi, atque
ubi defecisset dies, in usum nocturni luminis ureren-
tur. Hortos suos ei spectaculo Nero obtulerat, et cir-
cense ludicrum edebat, habitu aurigae permixtus ple-
bi, vel curriculo insistens. Parmi perciò potersi chia-
ramente stabilire che Caligola costrusse il circo, e Ne-
rone lo frequentò e probabilmente lo abbelli, onde poi
fu questo circo designato col nome di Circus Caii et
Neronis. Così infatti lo appella Plinio Hist. Nat.
lib. XXXVI. c. XI. §. X. n. 7. dove ragionando degli obe-
lischi dice che il terzo ad essere portato in Roma fu
quello eretto nel circo vaticano di Cajo e Nerone: Ter-
tius Romae IN VATICANO CAII ET NERONIS princi-
pum CIRCO. Siccome quest' obelisco rimase sempre in
piedi al suo luogo, fino all'anno 1586, in che Sisto V.
lo fece trasportare, dove oggi si vede, ed il sito pri-
mitivo è ben marcato da una pietra sul suolo presso

l'edificio moderno della sagrestia vaticana, perciò si conosce la direzione della spina: e quindi quella del circo intiero, il quale in lunghezza occupava tutto il tratto a partire dalla chiesa di s. Marta fin presso alla fontana meridionale della gran piazza vaticana, ed in larghezza comprendeva tutto lo spazio che v' ha fra l'abitazione de' canonici e la nave di mezzo della basilica di s. Pietro ossia la lunghezza compresi i fabbricati era di 1450 piedi, la larghezza di 330 e l'arena restringevasi a 1300 p. di lunghezza e 200 di larghezza. Queste misure non vanno troppo d'accordo con quelle date dal Grimaldi che fu presente alla scoperta degli avanzi di esso l'anno 1616 nella riedificazione della facciata e delle scale della basilica fatta da Paolo V. Quel chierico beneficiato di s. Pietro nella relazione manoscritta della basilica dà per lunghezza al circo lo spazio fra gli ultimi gradini della basilica e la chiesa di s. Marta, e dice corrervi 720 palmi, e per larghezza 400; ma da s.Marta compreso l'altar maggiore,come vuol questo scrit tore, fino agli ultimi gradini, vi sono niente meno che 1500 palmi, e questa misura di meno scostasi dalla vera, sebbene pure vi sia una differenza di oltre 400 palmi; quindi è d' uopo credere corso un errore di cifra nel testo che avrà probabilmente voluto assegnare 1720 palmi, e saltata via la prima cifra fu ridotta a 720: ed in tal caso tanto più si accostava a quella data di sopra. Comunque sia, il fatto assegna al circo la misura da me data di sopra, e col fatto si unisce la convenienza dello spettacolo, e l'analogia degli altri circhi, ne'quali la lunghezza sorpassa sempre i 1000 piedi antichi. Le altre notizie però date dal Grimaldi sono interessanti poichè dice che presso le Carceri fu scoperta una medaglia in bronzo di Agrippina, che la costruzione de' muri era di opera laterizia e reticolata, che tre cinte

diverse sostenevano i gradini, onde sembra che il circo avesse due precinzioni, e che nel farsi le fondamenta della cappella del Coro egli vide che i muri aveano 31 palmi di altezza dal piano del circo, 14 di larghezza, e 30 di profondità. La fondazione della basilica fece abbandonare questo circo almeno fin dal secolo IV. della era volgare, e fin d'allora molti ornamenti di esso furono rivolti alla nuova fabbrica: i successivi ingrandimenti e ristauri di questa lo fecero sempre più smantellare; ma siccome apparisce dalla descrizione del Grimaldi fino al principio del secolo XVII. non si erano smarrite tutte le vestigia, che oggi sono affatto scomparse, a segno che, senza le memorie lasciateci da coloro che lo videro non se ne avrebbe alcuna idea sicura. CIRCO DI CARACALLA vedi CIRCO DI ROMULO.

CIRCO DI ELAGABALO, o VARIANO. É noto che Vario fu il nome di famiglia di quel turpissimo cesare, che si fece chiamare Marco Aurelio Antonino, a cui fu dato il cognome di Elagabalo pel sacerdozio esercitato del dio siro di questo nome, una delle tante personificazioni del sole. Questo imperadore ebbe giardini nelle vicinanze della odierna basilica di s. Croce in Gerusalemme, contrada che presso gli antichi fu detta ad Spem Veterem, onde tali giardini furono designati da Lampridio nella sua vita c. XIII. col nome di Horti Spei Veteris, e da altri posteriori con quello di Horti Variani. Che in questi giardini fosse un circo si dimostra da Lampridio medesimo nel capo seguente, dove narra gli ultimi fatti di Elagabalo dicendo che quell'imperadore fu sorpreso dai soldati ne'suoi giardini, mentre stava preparando una corsa di carri, ed aspettava con grande ansietà la notizia della morte del suo cugino Alessandro: Inde itum est in hortos, ubi Varius

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invenitur certamen aurigandi parans, expectans tamen intentissime quando eidem nuntiaretur consobrinus occisus. Altre memorie antiche di questo circo non ci rimangono; ma conoscendosi la contrada dove furono gli orti Variani si conosce pure dove fu questo circo. Ora Andrea Fulvio nel libro IV. delle Antiquitates Urbis scrive vedersi avanzi di un circo fuori della porta Maggiore presso la via labicana dietro le mura di Roma ed il monastero di s. Croce in Gerusalemme, di cui notavansi ancora la forma e le vestigia de' muri fra le vigne vicine, in mezzo al quale rotto in due pezzi giaceva un obelisco; quindi questo circo non potè essere che quello esistente ne' giardini di Elagabalo, de' quali veggonsi vestigia ancora che attraversano le mura della città presso s. Croce in Gerusalemme. L'obelisco poi del quale parla Fulvio per lungo tempo ivi rimase: poscia fu trasportato nel palazzo Barberini, quindi nella piazza di s. Giovanni presso la Scala Santa, e di là al Vaticano, e finalmente da papa Pio VII. eretto l'anno 1822 sul ripiano della passeggiata del Pincio. Le vestigia de'muri indicate dal Fulvio, e di nuovo poscia dal Palladio Antichità di Roma stampate nel 1554. p. 9; ma più particolarmente da Pirro Ligorio nel libro sopra i Circhi, i Teatri, ed Anfiteatri p. 3. b. circa lo stesso tempo, che le indica come magnifiche, sono oggi affatto sparite, ed appena sulla scorta degli scrittori sovraindicati se ne può indicare il sito non lungi dall'Anfiteatro Castrense, fra questo e l'arcuazione dell'acquedotto dell'acqua Felice.

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CIRCO FLAMINIO. Livio lib. III. c. LIV. narrando i fatti dell'anno di Roma 306. che accompagnarono la caduta della tirannide decemvirale dice che dopo essere stati creati sull'Aventino i nuovi tribuni della plebe, il popolo venne convocato da questi e fece due

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