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DELLA FONDAZIONE DI ROMA E DEGL INGRANDIMENTI DEL SUO RECINTO: DEL POMERIO: DELLE PORTE: E DEI PONTI.

Le memorie più antiche, che abbiamo sulla popolazione di questa parte della Italia centrale, dove Roma sorse, non oltrepassano il secolo XVI. avanti la era commune, e facile è attribuirne la causa al diluvio di Deucalione, che tutte le memorie de'tempi precedenti coprì di obblio. Quel diluvio, siccome particolarmente mostrai nel Discorso Preliminare dell' Analisi della Carta de' Dintorni di Roma avvenne circa l'anno 1529 avanti la era volgare, e fu la conseguenza dell' apertura del Bosforo, come conseguenza dell' apertura dello stretto di Gibilterra fu il ritiramento delle acque da una gran parte delle terre inondate, ed allora scoprissi di nuovo questo tratto, che dovea contenere un giorno la metropoli dell'universo. Dopo quel diluvio, o piuttosto quella inondazione, circa l'anno 1500 avanti la era stessa può stabilirsi la emigrazione in Italia di Oenotro stipite de' primi Pelasgi in Italia, che poscia vennero designati col nome di Aborigeni, cioè originarii: i rimasugli delle tribù che eransi salvati sui monti nel disastro di quella terribile inondazione vennero designati col nome di Umbri nella parte superiore della Italia cispadana, di Ausoni nella parte inferiore: gli Umbri furono lo stipite de'Sabini, gli Ausoni degli Osci: e i Sabini diramaronsi nelle tribù degli Equi, degli Ernici, de' Sanniti, de'Lucani, de Bruzii, de'Peligni, de'Marsi, e de' Piceni: e gli Ausoni in quelle de'Volsci, degli Aurunci e de'Campani. Ma queste diramazioni, che poscia divennero popoli affatto distinti, appartengono ad una epoca,

posteriore certamente alla sovraindicata, ma nel rimanente ignota, se si eccettuino i Sabini, de'quali può con sicurezza asserirsi che erano di già stabiliti sulla riva sinistra del Tevere varii secoli prima della fondazione di Roma. Sulla riva destra gli Umbri dapprincipio si sparsero fino alla spiaggia del mare mediterraneo. Frattanto gli Oenotri - Aborigeni cercarono di guadagnare terreno sopra i naturali, e si trovarono in conflitto perpetuo con loro, e specialmente occuparono sopra gli Umbri i monti nelle vicinanze di Reate, oggi Rieti. Secondo l'antico costume gli Oenotri dopo la morte del condottiere assunsero il nome de' suoi successori nell' impero: quindi da Italo che ne fu uno si dissero Itali, nome che poscia divenne generico di tutta la bella nostra penisola.

Che Appennin parte il mar circonda e l'Alpe,

e dopo la morte d'Italo Morgeti da Morgete suo successore. Tali notizie raccolte da Antioco storico siracusano vennero a noi conservate da Dionisio nel libro I. Quello scrittore aggiunge che regnando Morgete venne alla sua corte ospite uno di nome Siculo, il quale sedusse una parte degli Oenotri, o Morgeti, e questi assunsero il nome di Siculi, quindi quello storico conchiude, così divennero Siculi, Morgeti, ed Itali quei che erano Oenotri. Secondo Antioco pertanto i Siculi erano della razza medesima degli Oenotri: altri però tennero diversa opinione: Ellanico da Lesbo secondo Dionisio li credeva una tribù di Ausoni, che avea tratto nome dal re Siculo: Filisto siracusano poi li supponeva di origine ligure e così chiamati da Siculo figlio d' Italo che li condusse. Tradizioni diverse sono queste che coincidono tutte in un punto, essere stati i Siculi uno de' popoli potenti più antichi, che avea occupato questa parte d'Italia, nella quale poi sorse Roma, ed aver tratto nome da Siculo re,

po

o condottiere di cui facevasi rimontare la età alla epoca de' primi re degli Oenotri, Italo e Morgete, più di 14 secoli avanti la era volgare. Inoltre sia che fossero scissi dal tronco degli Oenotri, sia che fossero indigeni Ausoni, o Liguri avventurieri, venivasi da ciò a conoscere la causa della fiera inimicizia, che per loro ebbero sempre gli Oenotri - Aborigeni, che li cacciarono definitivamente dalla Italia 80 anni avanti la guerra di Trɔia, cioè 1360 avanti la era volgare. È da notarsi che Virgilio e qualche altro scrittore latino confuse i Siculi coi Sicani, popolo ispanico, che ebbe, o diè nome al fiume Sicano oggi Segro, influente dell' Ebro, e che dalla Spagna passò in Sicilia, secondo Tucidide lib. VI. c. II, il quale distingue con molta precisione queste due nazioni per origine e per costume affatto diverse, e che occuparono parti diverse della isola che dai Siculi scia ritenne sempre il nome che ancora porta. Quello storico aggiunge che a' suoi giorni, cioè nel quinto secolo avanti la era volgare vedevasi ancora in Italia qualche rimasuglio de' Siculi: εισι δε και νυν ετι εν τη Ιταλια Eshot: e questi appunto Virgilio designò col nome di veteresque Sicani. Questo popolo principalmente dominò nel paese che poi fu detto Lazio: in questo fondò varie città, fralle quali Dionisio conta una terra nel sito dove poi sorse Roma, come pure Antemne, Tellene, Ficulea, e Tibur, delle quali anche oggi si conosce il sito. E di Tibur ora Tivoli, Dionisio afferma che a' suoi dì, ai tempi di Augusto, una parte riteneva il nome di Σɩxeλwv, Siculium, testimonio della presenza di questo popolo. Mentre pertanto i Siculi erano padroni della pianura, gli Oenotri-Aborigeni aveano occupato i monti che la dominano dal canto di settentrione, e come questi facevano scorrerie sulle terre de' Siculi, i Sabini da un canto, e gli Umbri dall'altro infestavano le città fondate

da loro a segno che una notte i Sabini partiti da Amiterno, città posta 3 miglia distante dalla odierna Aquila, e nota col nome di s. Vittorino, piombarono sopra Lista oggi monte di Lesta, metropoli degli Aborigeni ad oriente della odierna Rieti, e la presero di assalto. Erano pertanto allora gli Aborigeni alle prese con tre popoli diversi, Umbri, Siculi, e Sabini, circa 1370 anni avanti la era commune, quando un soccorso inaspettato ebbero da un nuovo stuolo di Pelasgi partito dalla Grecia. Questi aveano commune la origine cogli Oenotri, ma il correre degli anni in una epoca di tanto poco commercio avea fatto facilmente obbliare ogni memoria per mancanza di communicazioni. Partendo dall' Epiro approdarono questi secondi Pelasgi presso la foce più meridionale del Pò: una parte ivi fermossi : il rimanente internatosi nel paese occupò alcune terre degli Umbri, ma questi li assalirono, li discacciarono, e li spinsero verso il paese occupato dagli Aborigeni. I Pelasgi supplichevoli si rivolsero a questi, e citando un' oracolo avuto a Dodona che li eccitava ad andare in cerca della terra saturnia de' Siculi, e di Cutilia degli Aborigeni, ottennero da questi la ospitalità tanto più facilmente, che dalla lingua avranno conosciuto la identità della origine, e che opportuno giungeva loro questo soccorso nello stato di guerra in che trovavansi contra gli Umbri, i Sabini, ed i Siculi. I sopraggiunti Pelasgi mossero immantinente la guerra agli Umbri, s' impadronirono di Crotone, città ricca e grande, e fondarono nelle terre occupate sopra gli Umbri, che poscia furono parte della Etruria le città di Agylla, o Caere, Pisa, Saturnia, ed Alsium, oggi Palo. Quindi si volsero contra i Siculi, e pervennero insieme cogli Aborigeni a discacciarli affatto dalla pianura, e particolarmente dal suolo di Roma. Poscia decaddero ed i rimasugli della loro gente si fusero in quel

P. I.

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la degli Aborigeni, che fin dall' anno 1360 avanti la era volgare dominarono con loro in quella parte che poscia si disse Latium. Circa 20 anni dopo approdò alle foci del Tevere Evandro, arcade, e pelasgo anche esso come Oenotro, conducendo una mano di Arcadi da Pallanzio sua terra natale: egli ottenne facilmente ospitalità da' suoi connazionali, ed ebbe per sede il colle, che domina la riva sinistra del Tevere, il quale, secondo una delle tradizioni più ricevute riferita nel paragrafo antecedente fu perciò detto Palatium dal nome della terra di Evandro, ed ivi fondò una città dello stesso nome. Fu suo contemporaneo Ercole, il quale secondo le tradizioni ricevute dai Latini approdò presso Palatium con una squadra di Epèi, che si unì cogli avanzi de' Cretesi che aveano occupato il colle dirimpetto al Palatium fondando la città di Saturnia, diversa da quella ricordata di sopra come edificata dai Pelasgi nelle terre degli Umbri. Quindi circa l'anno 1340 avanti la era volgare due piccole città sorgevano alla ripa sinistra del Tevere dove poi fu Roma, cioè Palatium, e Saturnia, quella sul Palatino, questa sul Capitolino, che allora monte Saturnio dicevasi. Sulla sponda opposta del Tevere un' altra città avea fondato Giano sulla cima del monte, che da lui poscia ebbe nome, detta Ianiculum, ed Antipolis. Virgilio mentre ad ornamento del suo poema commette l'anacronismo di far giungere Enea in Italia ai tempi di Evandro, ricorda nel lib. VIII. v. 355 le due città sovrammenzionate, e le mostra in rovina :

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· Haec duo praeterea disiectis oppida muris, Relliquias, veterumque vides monumenta virorum. Hanc Ianus pater hanc Saturnus condidit arcem: Ianiculum huic illi fuerat Saturnia nomen.

E più sopra v. 98 descrive il Palatium di Evandro co

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