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me una picciola borgata, quasi come oggi Conca, o Campo Morto :

Quum muros arcemque procul ac RARA DOMORUM TECTA vident, quae nunc romana potentia caelo Aequavit, tum res inopes Evandrus habebat. Infatti Dionisio lib. I. c. XXXI. dice che la città di Evandro fu un piccolo villaggio, xwμm Braxe, quanto fosse bastante a ricevere l'equipaggio di due navigli della epoca, che erano quelli che conduceva Evandro, cioè capaci di contenere pochi individui.

La data della guerra di Troja si fissa oggi secondo i calcoli più accurati all'anno 1280 avanti la era volgare: la presa di quella città per consenso commune degli scrittori antichi avvenne 10 anni dopo: quindi il principio delle emigrazioni de' Trojani, e de' viaggi de' capitani greci può stabilirsi verso l'anno 1270. Fra quelle emigrazioni tiene il primo posto quella di Enea, sulla quale gli scrittori romani erano così concordi, che una parte de'riti, e degli usi, derivavasi da quella, come pure da Enea pretendevano discendere i Giulii, che aveano fondata la nuova forma di governo in Roma, nel momento della maggiore sua potenza. Mettersi a questionare di un fatto universalmente ricevuto fino da' primi secoli di Roma, e del quale mostravansi monumenti, dopo tanti secoli parmi non solo inopportuno, ma irragionevole, poichè tali dubbii non possono appoggiarsi che a conghietture vaghe, frutto di un abuso di critica, e di quello scetticismo ne' nostri tempi portato oltre i limiti della ragione naturale. Laonde io ammetto cogli storici più gravi dell'antichità ancora superstiti, greci e latini la venuta di Enea nel Lazio. Ammettendo questa tradizione si conosce come degli Aborigeni, de' Pelasgi, e de' Frigi venuti con Enea si costituì il popolo latino stipite principale de' Romani, giacchè latini furono i

primi abitanti di Roma, latino Romulo, che fondò la nuova città sulle rovine di quella borgata formata dai Siculi, e del Palatium di Evandro, terra che alla epoca della fondazione di Roma apparisce di già deserta. E trattandosi della fondazione di una città così famosa succeduta ad altre borgate nello stesso luogo edificate, di epoche rimote, di fatti abbelliti con colori poetici, non dee recar meraviglia, se affacciasi una varietà grande di opinioni sulla epoca della fondazione, sul nome, e la origine di questo, sulla data precisa della edificazione la quale per se sola presenta una oscillazione di parecchi anni. Plutarco, Dionisio, ed altri scrittori greci raccolsero tutte le tradizioni, che a' loro giorni si conservavano presso altri scrittori della loro nazione oggi perduti, scrittori che come estranei, e sovente compilatori informi di tradizioni volgari minor credito meritano di quelli che nati in Italia, o in Roma stessa ed educati in mezzo ai monumenti, ed ai documenti patrii potevano formarsi un criterio più giusto di un fatto così importante, come quello della fondazione di una città così illustre e potente; quindi gli storici greci stessi più illuminati e più dotti, come Plutarco e Dionisio testè ricordati, dopo avere riferito le diverse leggende si arrestano a riguardare come più vera quella communemente ammessa dai nazionali, e fissano la data ad una epoca che differisce di soli due anni, differenza di era che i nazionali pure osservavano, e che dal nome degli scrittori più insigni, che seguirono l'una, o l'altra opinione suol designarsi co' nomi di catoniana, e varroniana: la prima seguita da Dionisio corrisponde all' anno 751 avanti la era nostra, e quella di Varrone, il più dotto de' Romani secondo Tullio, all' anno 753: data che quasi coincide con quella delle colonie greche più antiche della Italia inferiore, Sibari e Crotone. A

quella epoca lo stato politico di questa parte d'Italia erasi stabilito regolarmente: tre erano i popoli predominanti nella contrada, i Latini, gli Etrusci, ed i Sabini tutti e tre reggevansi in modo confederativo dipendente da un centro: pe' Latini questo era Alba Longa. Il Tevere separava gli Etrusci dai Latini, e la sua ripa destra era parte del territorio di Veii: il fiume oggi detto Fiora, ma di che ignorasi il nome antico, separava il territorio sabino conquistato da Latino Silcio terzo re di Alba dal paese de' Sabini: in origine l' Aniene separava i due popoli.

Ammettendo pertanto, che Roma fu fondata da Romulo nipote di Numitore re di Alba Longa, metropoli allora del Lazio, senza accettare tutte le leggende, che si spacciarono sulla nascita e la educazione del fondatore, e sulle circostanze, che accompagnarono quella edificazione, parmi che nel complesso de'fatti che si riferiscono sopra quella fondazione non apparisca tutta quella improbabilità, che si vuol far credere abusando di alcuni abbellimenti mistici per negare tutto. In fondo si narra che il suolo dove fu edificata la città era dipendente da Alba, e questo è un fatto dimostrato da altri fatti positivi, e metterlo in dubbio come altre cose con mendicare argomenti da passi mutili di autori non più esistenti riferiti da informi compilazioni di grammatici, interpolate ne'tempi bassi, è certamente abusare della credulità e della sofferenza de'lettori: che a Proca re di Alba nacquero Numitore ed Amulio, ed essendo chiamato alla successione il primo, per ordine di età, per volere del padre, Amulio usurpò il trono, e come è solito degli usurpatori discacciò il fratello, spense la prole maschile di esso, ed alla figlia di lui Rea diè l'onoranza del sacerdozio di Vesta, perchè rimanendo costretta a serbare intatta la verginità, non avesse prole. Ma co

stei ebbe prole, come si suppose, da Marte, e diè alla luce gemelli, che furono chiamati Romulo e Remo. Le leggi albane portavano, che le vergini sacre a Vesta trovate macchiate fossero rinchiuse, e la prole esposta, e queste furono eseguite: finquì nulla apparisce d'improbabile, nulla che dia indizio o motivo di credere tale racconto una invenzione. Ma quì appunto cadono le circostanze meravigliose della esposizione nel fiume, dell'allagamento che di recente il fiume avea fatto, del ritrarsi delle acque quasi a rispetto de'gemelli esposti, della lupa accorsa a nudrirli, circostanze, che gli antichi pur riconobbero, come abbellimenti o poetici, o mistici del fatto. Omettendo queste e ritornando alla esposizione dell'avvenimento, sembra assai naturale credere che non mancassero nella corte di Amulio de'famigliari o di buona volontà partigiani di Numitore, ovvero da lui guadagnati, i quali tutta la cura si dessero di salvare i fanciulli ed in luogo di esporli li facessero segretamente allevare da Larenzia moglie di Faustolo, uno de'pastori reali, simboleggiata poi col nome di Lupa, come dichiara Livio lib. I. c. IV: divenuti più grandi li mandassero a Gabii per essere educati, come riferi sce Dionisio lib. I. c. LXXXIV. che anche più a lungo di Livio discute questi fatti: e finalmente giunti ad età opportuna, fatto loro conoscere lo stato della nascita, i loro diritti, i fatti avvenuti, si fece insorgere un incidente che pose fine al regno di Amulio e ristabili Numitore sul trono per mezzo de'suoi nipoti. E qui è da notarsi che la leggenda seguita da Livio, si appoggia principalmente alla storia di Fabio Pittore, della quale Dionisio lib. I. c. LXXIX riferisce uno squarcio che molto si accosta a questa spiegazione, poichè apparisce da questo, che l'Aventino, che è così prossimo al Palatino, e le terre adiacenti erano rimaste a Numitore

in appannaggio a segno che fu consegnato a lui Remo, come colpevole di aver fatto scorrerie nelle terre di sua pertinenza: e che Numitore dopo la morte del fratello espose non solo la origine de' nipoti, e come fossero stati educati e riconosciuti, ma ancora come egli era stato che avea ordito la morte del tiranno: Numitor... extemplo advocato concilio, scelera in se fratris, originem nepotum, ut geniti, ut educati, ut cogniti essent, caedem deinceps tyranni, seque eius auctorem ostendit. I nipoti irrequieti ottennero dall'avo in guiderdone del trono ricuperato le terre dove erano stati educati per fabbricarvi una città è questa fu Roma.

Le circostanze, che accompagnarono la fondazione della città, quantunque siano state vestite anche esse di racconti meravigliosi, sono nel fondo molti probabili; imperciocchè è naturale che insorgesse una disputa di precedenza frai due fratelli, perchè essendo gemelli non doveano cedere uno all'altro per ragione di età, e che malgrado le convenzioni si venisse a vie di fatto che portarono la morte di Remo, sia che rimanesse estinto in una lizza, sia che fosse spento sulle mura della città sorgente dal fratello per impeto onde punire un disprezzo affettato. I modi diversi co' quali si esponeva la morte di Remo presso gli antichi, e le cagioni che l'aveano prodotta si possono leggere in Dionisio, Livio, e Plutarco. Questo fatto però per la concorde testimonianza degli storici, e per le ceremonie stabilite che continuavano fino alla caduta del paganesimo, è certo, come pur quello degli augurii presi dai due fratelli, onde definire il luogo dove dovca fondarsi la nuova città: fatti che precedettero immediatamente la fondazione di Roma. Ho notato di sopra la divergenza di due anni che negli scrittori antichi più accreditati si nota circa questo avvenimento; tutti però vanno d'accordo in determinare il

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