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giorno 21 di aprile, festa delle Palilie, come quello in cui Romulo pose le fondamenta della nuova città, giorno festeggiato sempre, finchè Roma ebbe impero, anche sotto gl' imperadori cristiani, come si trae dal codice lib. III. Tit. XII. 1. 7, nel quale Giustiniano riferisce la legge data l'anno 389 della era volgare dagl' imperadori Valentiniano II, Teodosio, ed Arcadio, che fralle ferie solenni ricorda i giorni natalizii di Roma e di Costantinopoli: His adiicimus NATALITIOS DIES urbium maximarum ROMAE atque Constantinopolis, in quibus debent iura differri quia et ab ipsis nata sunt: giorno che oggi appena ricordasi da qualche società letteraria romana e straniera !

Sciogliendo pertanto questo avvenimento dagl' involucri delle tradizioni che lo coprono, ed attenendosi semplicemente ai fatti ricordati dagli antichi, Romulo, divenuto per gli augurii favorevoli arbitro di fondare la nuova città dove voleva, prescelto il monte Palatino a tale uopo, come il più opportuno nel tratto assegnatogli da Numitore, dopo avere eseguito le ceremonie religiose secondo i riti stabiliti albano, e greco (Livio lib. I. c. VII) tracciò il solco delle mura seguendo i dettati di Etruschi chiamati a tale uopo, secondo Plutarco nella sua vita c. XI. il quale così descrive quel cerimoniale: » Ro» mulo avendo sepolto nella Remonia Remo, insieme coi suoi educatori, edificò la città chiamando dalla Etru» ria uomini, i quali con certi riti e lettere sacre dirigessero ed insegnassero tutte le cose come in una iniziazione. Imperciocchè fu scavata una fossa circo»lare presso il Comizio di oggidì, ed ivi furono depo» ste le primizie di tutte le cose, che come buone per

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legge, o come necessarie per natura si usavano: e fi

> nalmente ciascuno vi gittò una piccola parte di terra

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» del suolo da cui veniva, e così la mescolarono insie

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me. E chiamano questa fossa collo stesso nome con che chiamano l' Olimpo, Mundus. Dipoi come intorno al centro un circolo tracciarono la città: ed il » fondatore mettendo ad un aratro il vomere di bronzo »ed attaccandovi un bue ed una vacca lo guidò, scavando un solco profondo lungo i termini: que' che seguivanlo doveano rimandar dentro la linea del solco tutte le zolle che l'aratro alzava, e non permettere che se ne vedesse alcuna volta in fuori. Colla linea pertanto determinossi il muro, e chiamossi per sincope Pomerio, quasi dietro, o dopo il muro: e dove volevasi porre una porta togliendo il vomere ed alzando » l'aratro lasciavano un intervallo. Donde viene, che » credono sacro tutto il muro ad eccezione delle porte: poichè, se si credessero sacre ancor queste non po» trebbesi senza religione ricevere, o respingere alcuna ⚫ delle cose necessarie, ma non pure. Merita in questo passo osservazione quel tratto: Dipoi come intorno al centro un circolo tracciarono la città: Erra w'onep κυκλον κεντρῳ περιεγραψαν την πολιν ; imperciocchè avendo notato di sopra che la fossa fu scavata presso il Comizio di oggidi: περι το νυν Κομιτιον, e sapendosi che il Comizio non era sul Palatino, ma nel Foro, a destra della Curia, secondo Varrone, ne seguirebbe che facendo ivi centro o si escluderebbe il Palatino, o s' includerebbe il Capitolio, mentre è certo per testimonianza non solo degli altri scrittori antichi, ma di Plutarco medesimo che il Palatino costituì la città primitiva di Romulo, ed il Capitolio allora rimase escluso: inoltre quella fossa, che ne' testi odierni di Plutarco leggesi scavata presso il Comizio, altri la dicono fatta nel centro del Palatino, e specialmente Festo nella voce Quadrata Roma la indica come avanti al famoso tempio di Apollo su quel monte entro gli odierni Orti Farnesiani: d'al

tronde ragion vuole, che così fosse, poichè Romulo ebbe in animo di fondar la città sul monte e quel deposito delle terre patrie dovea farsi nel centro del suolo che dovea costituire la nuova città, patria commune, non in una estremità, non fuori: quindi io credo che in luogo della espressione περι το νυν Κομιτιον, debbasi porre piuttosto περι το νυν Παλατιον, ed allora piano riesce il senso, e concorde col commune degli scrittori, e soprattutto con Tacito. Questi Annal. lib. XII. c. XXIV. minutamente descrive l'andamento del solco delle mura diretto da Romulo: igitur a FORO BOARIO ubi aereum tauri simulacrum adspicimus, quia id genus animalium aratro subditur, sulcus designandi oppidi coeptus ut magnam Herculis aram amplecteretur: inde certis spatiis interiecti lapides, per IMA MONTIS PALATINI AD ARAM CONSI, MOX AD CURIAS VETERES, TUM AD SACELLUM LARIUM, FORUMQUE ROMANUM: Capitolium non a Romulo, sed a Tito Tatio additum urbi credidere. Chiunque conosce il Palatino, o ponsi sotto gli occhi una pianta di quel monte, facilmente segue l'andamento di questo solco di Romulo. Imperciocchè per altri argomenti positivi che si addurranno a suo luogo è noto che il Foro Boario si estese dalle falde del Palatino fino al Giano Quadrifronte presso s. Giorgio in Velabro, che l'Ara Massima di Ercole fu dove ora è la Chiesa di s. Anastasia, che l'ara di Conso fu nel Circo Massimo presso le prime mete, che le Curiae Veteres furono sul Palatino, che il Sacellum Larium fu nella Summa Sacra Via ne' dintorni dell'arco di Tito, e che il Foro Romano cominciò presso la odierna chiesa di s. Maria Liberatrice; quindi è chiaro che Romulo cominciò il solco alla falda del Palatino che guarda verso s. Giorgio in Velabro, chiuse dentro il sito della chiesa di s. Anastasia, il pendio della valle de' Cerchi che al

Palatino sottogiace, rivolse per la falda che guarda il Celio, per quella che poscia divenne Via Sacra, e così raggiunse il sito poi occupato dal Foro Romano, e pel lato orientale di questo pervenne di nuovo al simulacro di bronzo del toro nel Foro Boario dove avea cominciato. Laonde, siccome il monte Palatino ha 6500 piedi di circonferenza, secondo che fu notato di sopra, perciò la città primitiva ebbe circa un miglio ad un terzo di giro. E poichè la forma del monte racchiuso tende alla rettangolare, anche il solco ed il giro delle mura fu tale, onde ne' tempi posteriori designarono la Roma primitiva, o di Romulo col nome di ROMA QUADRATA. Festo dando un' altra spiegazione a questo nome riferisce un verso di Ennio che quanto male a proposito è per la sua spiegazione, dall'altro canto mostra precisamente, che davasi tal nome alla Roma primitiva, poichè alludendo a Romulo dice:

Et quis extiterat RoмAE regnare QUADRATAE. Plinio Hist. Nat. lib. III. cap. V. §. IX. mostra che il nome di Roma dato alla città fu il volgare, che un altro n'ebbe segreto, e rivelarlo era punito di morte, come avvenne a Valerio Sorano: Superque Roma ipsa cuius NOMEN ALTERUM dicere arcanis caeremoniarum nefas habetur, optimaque et salutari fide abolitum enunciavit Valerius Soranus luitque mox poenas. E nel lib. XXVIII. c. IV. indica essere il nome del dio tutelare di Roma, maschio, o femmina che fosse secondo Plutarco Quaestioni Romane p. 278. nome, che secondo Macrobio Sat. lib. III. c. IX. era latino, che alcuni credono essere stato Valentia, che sì sovente dai Romani fu imposto alle loro colonie, ma che io inclino a credere piuttosto Virtus, dea che effigiavasi sotto le forme di Roma stessa, e che era una traduzione latina di Paun Roma.

La tradizione commune che portava avere Remo per ischerno saltate le fortificazioni fatte dal fratello intorno alla città da lui recentemente stabilita, ischerno che fu a lui fatale, secondo Livio lib. I. c. VII. ed altri scrittori, appoggiavasi all'altra più positiva della insufficienza apparente di que' ripari da assomigliarsi piuttosto ad un trinceramento, che a mura. E Dionisio lib. II. c. III. dimostra questo chiamando ɛpupa, riparo vallo, il recinto primitivo, aggiungendo che era munito di fossa : Επει ουν ή τε τάφρος αυτοις εξείργαστο και το ερυμα τέλος είχεν κ. τ. λ: e dopo che fu da loro seavata la fossa, anche il VALLO fu compiuto ec. VALLUM pure o trinceramento lo chiama Floro lib. I. c. I. allorchè narra la tragica fine di Remo: Ad tutelam novae urbis sufficere VALLUM videbatur: cuius dum irridet angustias Remus, idque increpat saltu, dubium, an iussu fratris occisus est. D'altronde, per testimonianza di Dionisio stesso lib. I. c. LXXIX leggevasi nelle storie di Fabio Pittore, che scrisse circa l'anno 530 di Roma, che la casa, o se vogliamo nobilitarla col nome più illustre il palazzo di Romulo sul Palatino, conservavasi fino a' suoi giorni, mediante le riparazioni annuali, ed era di legno, e di stoppie: e Vitruvio de Arch. lib. II. c. I. attesta, che a' suoi giorni, cioè ai tempi di Augusto vedevasi sul Capitolio la casa di Romulo, casa Romuli, cioè la capanna, coperta da stoppie : stramentis tecta. Ora se i palazzi del re erano di tale magnificenza, il recinto della città fondata da lui non dovea presentarne altra maggiore che quanta n'esigeva la difesa. Che però quel vallo fosse poi fatto di muro da Romulo stesso prima che scoppiasse la guerra sabina apparisce pur da Dionisio, il quale al tempo stesso ne mostra la debolezza. Imperciocchè descrivendo lib. II. c. XXXVII. i preparativi fatti da Romulo in quella circostanza dice

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