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che affine di assicurare gli abitanti munì il muro di trince piu alte : του μεν Παλατιου τείχος, ὡς ασφαλεστ τερον είναι τοις ενδον, ὑψηλοτέροις ερύμασιν εγειρων κ. τ. λ. Ed affinchè il muro del Palatino più sicurezza offrisse a que' di dentro innalzandolo con ripari più elevati ec. Plutarco nel passo riferito di sopra accenna il Pomerio; ma siccome questo punto merita una discussione particolare mi riserbo a farla pienamente più sotto.

Conoscendo da quanto finora si espose, la forma del recinto della città primitiva, e rimontando alla epoca della fondazione, quando secondo ciò che fu dimostrato nel paragrafo precedente le valli del Palatino verso il Capitolio e l'Aventino erano in gran parte ingombre da acque stagnanti, che costituivano il Velabro, aggiungendo a questo la natura dirupata del monte originale, che si è sempre conservata, parmi potere stabilire il sito dove Romulo aprì le porte. Plinio lib. III. c. V. §. IX. dice che Romulo alla sua morte lasciò Roma con tre, o secondo altri con quattro porte; ma allora la città comprendeva siccome vedremo il Capitolio, e la valle intermedia, onde questo passo non può applicarsi alla città primitiva, e piuttosto conviene attenerci in tale ricerca alla natura del monte per conoscere il numero degli accessi, che presentava, alle relazioni di Romulo co' vicini e quanto ai nomi ricorrerò alla autorità degli antichi scrittori. Tre soli accessi offre e può avere mai offerto il monte, uno nell' angolo occidentale presso la chiesa di s. Anastasia, uno in mezzo al lato orientale verso il Celio, ed uno in mezzo al lato settentrionale presso l'arco di Tito: quindi con certezza può asserirsi che sole tre porte potè contenere la città primitiva. Di queste quella che era nel mezzo del lato settentrionale coincideva nel basso del clivo della Vittoria, del quale rimangono le vestigia del pavimento antico presso l'arco

di Tito sovraindicato, ed era in direzione del paese de* Sabini: ora da Festo ci venne conservato il suo nome, cioè Romana, impostole dai Sabini, perchè per essa entravano in Roma come quella che era rivolta dal canto loro: ROMANAM PORTAM vulgus appellat ubi ex epistylio defluit aqua, qui locus ab antiquis appellari solitus est statuae Cinciae, quod in eo fuit sepulcrum eius familiae: sed PORTA ROMANA instituta est a Romulo infimo clivo Victoriae, qui locus gradibus in quadram formatus est: est appellata autem Romana a Sabinis praecipue, quod ea proximus aditus erat Romam. Questa porta sembra non doversi confondere con la Romanula, che vedrassi avere appartenuto al secondo recinto di Romulo, ed essere stata rivolta in altra direzione: dall' altro canto troppo stretta analogia di nome fra Romana e Romanula si osserva per credere che fossero affatto distinte; quindi io suppongo che nell'ingrandimento fatto dopo la di Tazio rimasta inutile la Porta Romana pace quella aperta in sua vece sotto il lato del Palatino che guarda la via Nuova ed il Velabro fosse appellata Porta Romanula. La porta, che fu in direzione dell'accesso che presenta il monte di fianco alla chiesa di s. Anastasia nell'angolo occidentale, fu contemporaneamente presso la via Nuova, strada che siccome a suo luogo si proverà dall'angolo meridionale del Foro lambendo il Palatino pel Velabro conduceva al Circo Massimo: ora Solino Polyhist. c. II. mostra che si chiamò Mugonia, scrivendo che Tarquinio Prisco abitò ad Mugoniam Portam supra summam Novam Viam. Questa vien ricordata da Dionisio lib. II. c. L. col nome di Muxades That, prova che ne riconosceva la etimologia dal verbo pvxaw mugghiare, come pur la riconosceva Varrone de Ling. Lat. lib. IV. §. 164 che l' appella MUCIONIS: Praeterea intra muros video portas dici: In Palatio

Mucionis a mugitu, quod ea pecus in Bucita circum antiquum oppidum exigebant: è noto che BucITA Viene da BUCITUM sinonimo di BUCETUM, luogo da pascolo pe'buoi, come allora dovea essere il Campo Marzio, e come certamente, Virgilio mostra essere stato il Foro e le Carine ai tempi di Evandro, lib. VIII. v. 358. e seg:

Talibus inter se dictis ad tecta subibant

Pauperis Evandri, passimque armenta videbant Romanoque Foro, et lautis mugire Carinis. Mugionis l'appella Nonio nel libro De Doctorum Indagine §. 51 citando Varrone medesimo De Vita Pop. Rom. lib. I. e Mugionia Festo che ne deduce la etimologia da un Mugio che ne fu posto alla difesa : a Mugio quodam qui eidem tuendae praefuit. Il passo riferito da Varrone mostra che ai tempi suoi ancora esisteva: esisteva pur dopo, e veniva designata col nome di vetus Porta Palatii, secondo Livio lib. I. c. XII. o semplicemente di Porta Palatii, come si trae da Ovidio Trist. lib. III. eleg. I. v. 31: :.

Inde petens dextram PORTA est, ail, ista PALATI

Hic Stator, hoc primum condita Roma loco est. Dove è da notarsi che si pone vicino ad essa il tempio di Giove Statore, ed infatti presso la porta Mugonia dice Dionisio nel luogo citato di sopra, che fu edificato quel tempio da Romulo, e mentre Solino dice, che Tarquinio Prisco abitava ad Portam Mugoniam, siccome fu veduto di sopra, Livio lib. I. c. XLI dice di quel re medesimo, che habitabat ad Iovis Statoris. La porta Mugonia stando sulla via Nuova potrebbe supporsi essere la stessa che la Romanula, dicendo Varrone de Ling. Lat. lib. IV. §. 164 che questa avea gradini nella via Nuova al sacello di Volupia: quae habet gradus in Nova Via ad Volupiae sacellum; ma Varrone stes

so in quel paragrafo fa della Mucionis, o Mugonia e della Romanula due porte distinte. Rimane ora il terzo accesso del monte, il quale è tanto più probabile, che avesse una porta, che da quel lato, cioè dal canto del Celio si avea la communicazione diretta con Alba Longa metropoli del Lazio, ed alla epoca della fondazione capo-luogo di Roma stessa. I topografi moderni fralle porte della città di Romulo pongono una Porta Trigonia, e citano Verrio Flacco, ma nè ne'frammenti superstiti di questo celebre grammatico, nè in altri scrittori antichi ho rinvenuto questo nome, onde fa d'uopo confessare, che mentre è certo che una porta dovè aprirsi presso le Curiae Veteres in direzione del Celio e di Alba, di questa ignoriamo ancora il nome.

La guerra che seguì il ratto delle Sabine diè causa ad un accrescimento considerabile della città. Imperciocchè fatta la pace fra Romulo e Tazio per la mediazione delle donne rapite, i due re convennero di vivere insieme, ed i due popoli stretti da vincoli di parentela si unirono. Tazio scelse per se e pe'suoi il monte Saturnio, che allora avea assunto il nome di Tarpejo, Romulo rimase sul Palatino, la valle intermedia fu colmata, sgombrata dalla selva che la copriva, e destinata a servire di piazza commune ai due popoli uniti: questa ed il colle Tarpejo furono chiusi entro le mura. Siccome però non era neppur questo spazio sufficiente al bisogno, i Sabini ebbero per sobborgo il Quirinale, ed i Romani il Celio e su quel colle Romulo pose a stanziare gli Etrusci venuti con Cele Vibenna in suo soccorso. Veggansi Dionisio lib. II.Varrone de Ling.Latina lib. IV. §.65 Tacito Ann. lib. XII. c. XXIV. Con questo accrescimento le mura furono protratte dalla Summa Sacra Via verso la punta settentrionale del Tarpejo oggi chiamata di Araceli girarono sul ciglio di quel colle fino al vertice della ru

pe che domina il Tevere, che conserva il nome di Rupe Tarpèa: di là scendendo lambirono la palude allora esistente del Velabro, e raggiunsero il recinto primitivo presso la porta Mugonia, che rimase, come si vide, almeno fino ai tempi di Livio ed Ovidio, sotto Augusto, ma restò chiusa entro il nuovo vallo.

Questo recinto nuovo diè occasione a variare le porte: la Romana e la Mugonia rimasero inutili: in luogo loro furono aperte la Romanula, la Ianuale, e la Garmentale: così si verifica il passo di Plinio lib. III. c. V. §. IX ricordato di sopra, che Romulo alla sua morte lasciò tre o quattro porte: Urbem tres portas habentem Romulus reliquit, aut ut plurima tradentibus credamus quatuor. Di queste porte il sito, come la etimologia della Romanula sono determinati da Varrone, che dopo aver parlato della Mugonia aggiunge, come un altra porta del Palatino la Romanula così detta ab Roma, cioè dalla Roma primitiva di Romulo, e posta a contatto della Via Nuova: quae habet gradus in Nova Via ad Volupiae sacellum. E nel libro VI. §. 24. Hoc sacrificium fit in Velabro, qua in Novam Viam exitur ut aiunt quidam ad sepulcrum Accae, ut quod ibi prope faciunt Diis Manibus Servilibus sacerdotes, qui uterque locus extra urbem antiquam fuit non longe a PORTA ROMANULA, de qua in priore libro dixi. Ho detto di sopra che le mura partendo dalla rupe Tarpeia lambivano la palude del Velabro onde raggiungere quelle primitive del Palatino alla porta Mugonia, quindi secondo Varrone in questo tratto fu la porta Romanula che era a contatto col Velabro e colla Via Nuova, che è quanto dire non lungi dalla strada odierna, che da s. Teodoro conduce a s. Anastasia e quasi direi al bivio fra questa chiesa e quella di s. Giorgio in Velabro. E siccome rimaneva abolita la Romana primitiva, questa che

P. I.

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