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nisio. Girando intorno il ciglio del monte raggiungevano la falda nota oggi col nome di salita di Marforio, dove scendevano a troncare la valle fra il Capitolio ed il Quirinale poscia spianata da Trajano che vi fabbricò il suo Foro. Alla salita di Marforio il sepolcro ancora superstite di Caio Publicio Bibulo opera de' tempi republicani mostra, che le mura passavano fra questo sepolcro, e la parte culminante di quella salita, in modo che il sepolcro rimaneva fuori, secondo la legge delle XII. tavole che interdiceva il seppellire, o l'ardere cadaveri entro le mura. Traversata la valle ricorrevano sul ciglio del Quirinale seguendo le irregolarità del monte pel giardino Colonna, palazzo e giardino Pontificio, palazzo e giardino Barberini, monastero di s. Susanna, e convento della Vittoria: dietro questo si cominciano a vedere le opere preparatorie dell'Aggere descritto da Dionisio, ed ivi rimane un pezzo dell'antico muro in pietre quadrilatere di tufa granulare non ben regolari e commesse insieme senza badare al ribattimento delle commettiture fra uno strato e l'altro. È ivi la vigna Barberini, ed in essa apertamente si ravvisa il principio dell'Aggere che si traccia poi fino al suo termine nella vigna della Certosa, e nella vigna Massimi fino presso all'Arco di Gallieno, non rimanendo interrotto che dalla strada di porta Pia, e fra questa e la vigna della Certosa. Fino alla vigna Massimi l'Aggere va in linea retta dentro quella vigna forma due angoli ottusi, e da nord-est la sua fronte esterna torce ad est e quasi sud-est: è perciò da questo rivolgimento chiaro, che le mura venivano a passare presso l'arco di Gallieno, dove tagliavano l'istmo fra il Cispio e l'Oppio ed andavano sul ciglio dell'Oppio pel Palazzo Gaetani, il monastero della Purificazione, il giardino Vidoni, la vigna Perotti, vigna Capaccini ec. scendevano presso ss. Pietro e Marcellino

a chiudere la valle che separa dall'Oppio il Celio. Salendo ivi la falda del Celio ne tagliavano il ripiano presso l'ospedale di s. Giovanni in Laterano, poichè la basilica di questo nome rimaneva certamente fuori formando parte del Campus Coelimontanus: di là dall' ospedale suddetto giravano lungo il ciglio sud-est del Celio fino al palazzo detto di villa Mattei, dove scendevano al piano della Piscina Publica, oggi denominato il Carciofolo. Ivi salivano la punta di s. Balbina dove rimane un' altro vestigio considerabile delle mura sotto il convento oggi abbandonato attinente a quella chiesa, e di là da essa troncavano il ripiano del falso Aventino fino a s. Sabba. Poscia girando intorno al ciglio di quel vertice scendevano alla valle fra il vero ed il falso Aventino presso il quadrivio di s. Sabba e s. Prisca, dove pure qualche vestigio ne resta. Salendo sull' Aventino ne coronavano le rupi fin sopra la odierna Salara; poichè ivi scendevano al Tevere in modo da chiudere dentro il ponte Sublicio, del quale si vedono anche oggi gli avanzi in mezzo al fiume. Da questo punto, come dall'altro dietro la chiesa di s. Nicola in Carcere partivano sulla ripa destra due cortine, che andavano a riunirsi all'arce Gianicolense. Tutto questo giro misurato da me a palmo a palmo presenta con le irregolarità sue 39 mila piedi, cioè mille e cinquecento piedi più di quello che avea il recinto dell'Asty di Atene, onde è dimostrata da un canto l'accuratezza di Dionisio, e dall'altro la direzione che aveano le mura tulliane. Laonde è evidente uno sbaglio di cifra occorso ne' testi di Plinio 1. c. che riferendo la misura fattane sotto Vespasiano e Tito l'anno 828 di Roma 77 della era volgare dice che il loro giro si rinvenne di XIII. m. CC. piedi; imperciocchè non avendo le mura avuto alcun' ampliazione nell'intervallo fra Augusto e Vespasiano, come lo stesso Plinio

mostra, è chiaro che della cifra VIII. M. CC. i copisti fecero XIII. M. CC. non potendo variare la misura di fatto riferita di sopra che di qualche centinaio di piedi che oggi è impossibile di avere a calcolo per gli angoli rientranti e salienti che sono scomparsi e di che particolarmente non può aversi ragione nella riva destra del fiume dove non può seguirsi con precisione l'andamento delle due cortine. Otto miglia e 200 passi equivalgono a 41 mila piedi, cioè vi sarebbero 2000 piedi di differenza colla misura data di sopra, differenza di picciolo riguardo in una estensione così vasta.

Innanzi di procedere a determinare le porte di questo recinto credo che sia opportuno dire alcuna cosa del Pomerio, che da molti suol confondersi col giro delle mura medesime ; così che leggendosi in Festo nella voce PROSIMURIUM, che Silla tentò di ampliarlo, ed in Tacito che di fatti lo ampliò, in Gellio Noct. Att. lib. XIII. c. XIV. che fu realmente dilatato da Cesare, in Dione lib. LV. c. VI, che fu protratto da Augusto, in Tacito Ann. lib. II. c. XXIII che fu accresciuto da Claudio, ed in Vopisco nella vita di Aureliano c. XXI. che venne esteso da Nerone e da Trajano, si conchiude da loro che Silla, Cesare, Augusto, Claudio, Nerone e Trajano dilatarono le mura contro la testimonianza di Dionisio, che dichiara non essere mai state dilatate le mura fino ai tempi suoi, cioè sotto Augusto contro ciò che mostra Plinio nel luogo citato, non aver subito cangiamento il recinto fino all' anno di Roma 828 sotto Vespasiano, contro il silenzio costante degli scrittori de'tempi posteriori fino ad Aureliano, il quale vedrassi che l'anno 1022 di Roma ossia 271 della era volgare ampliò le mura, e poscia ancora il Pomerio. Ma altra cosa erano le mura, altro il Pomerio, e l'andamento di quelle non era sempre nella direzione di questo. Gellio Noct.

Att. lib. XIII. c. XIV. ha conservato la definizione del Pomerio data dagli Auguri, che dichiarava, essere il Pomerio un luogo entro un campo consagrato dagli auguri nell' andamento del recinto di tutta la città, dietro le mura determinato secondo certi punti stabiliti, che era il termine dell' auspicio urbano: PoмOERIUM

EST LOCUS INTRA AGRUM EFFATUM PER TOTIUS URBIS CIRCUITUM PONE MUROS REGIONIBUS CERTIS DETERMINATUS, QUI FACIT FINEM URBANI AUSPICII. no

È

to il significato della voce effatum da Servio definita cosi: Aeneid. lib. VI. v. 197 EFFATA sunt augurum preces. Unde ager post pomeria ubi captabantur auguria, dicebatur EFFATUS: era cioè una parola di rito, che gli auguri usavano, onde indicare un luogo tolto dagli usi communi e definito per potervi prendere gli auspicii: onde secondo Livio lib. X. chiamavasi FANUM uno spazio locus templo effatus. Laonde sebbene il Pomerio fosse PONE MUROS dietro le mura, diverso era dall' andamento di queste. Una prova evidente se ne ha nel fatto dell' Aventino. Di sopra notai la testimonianza concorde degli scrittori antichi in riconoscere quel colle chiuso entro le mura di Roma dal re Anco Marcio: ora quel monte rimase fuori del Pomerio fino ai tempi dell'imperador Claudio: Tacito Ann. lib. XII. c. XXIII. dice che quell' imperadore dilatò il Pomerio: Gellio però mostra 1. c. che in quel dilatamento fu compreso l' Aventino che era rimasto escluso fino allora in tutti i dilatamenti antecedentemente fatti, perchè riguardato per l'augurio infausto presovi da Remo, di cattivo augurio: Propterea quaesitum est, ac nunc etiam in quaestione est, quam ob caussam ex septem urbis montibus, quum ceteri sex intra pomoerium sint, Aventinus solum quae pars non longinqua nec infrequens est extra pomoerium sit: neque id Servius Tullius rex, ne

que Sulla qui proferendi pomoerii titulum quaesivit, neque postea D. Iulius quum pomoerium proferret intra effatos urbis fines incluserint. Huius rei Messalla aliquot caussas videri scribit, sed praeter eas omnes ipse unam probat, quod in eo monte Remus urbis condendae gratia auspicaverit, avesque irritas habuerit superatusque in auspicio a Romulo sit: idcirco, inquit, omnes qui pomoerium protulerunt montem istum exclusérunt quasi avibus ominosum. Sed de Aventino monte praetermittendum non putavi, quod non pridem ego in Elidis grammatici veteris commentario offendi: in quo scriptum erat AVENTINUM antea sicuti diximus EXTRA POMOERIUM EXCLUSUM; POST AUCTORE D. CLAUDIO RECEPTUM ET INTRA POMOERII FINES OBSERVATUM. Seneca De Brev. vitae c. XIV. riferisce a Messala citato da Gellio non solo la tradizione testè riportata del cattivo augurio di Remo, ma ancora quella della ritirata dal popolo su quel monte, come ragioni che si allegavano della esclusione di esso dal Pomerio Hoc scire magis prodest, quam Aventinum montem extra pomoerium esse, ut ille affirmabat, propter alteram ex duabus caussis, aut quod plebs eo secessisset, aut quod Remo auspicante illo loca aves non addixissent: passo che nel tempo stesso determina che quel trattato di Seneca fu scritto prima dell' anno 50 in che, secondo Tacito, Claudio chiuse dentro quel monte. Che se Livio lib. I. c. XLIV. narrando l'ampliamento fatto da Servio delle mura e del Pomerio, soggiunge che tanto si ampliavano le mura altrettanto i termini del Pomerio si avanzavano, va tal passo inteso con certo ritegno, poichè si vede dall' Aventino, che è un fatto dimostrato, che non era sempre così. Si dimostra poi dal fatto di Aureliano che avendo dilatato le mura come narra Vopisco nella sua vita c. XXI. non per que

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