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AVVERTIMENTO

Conforme all'articolo 134 degli statuti interni si dichiara che ogni autore deve rispondere delle opinioni e dei fatti esposti ne' proprii scritti.

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HARVARD COLL!

OCT 14 1895

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Intento di Cesare era di stabilire un governo in cui il potere supremo risiedesse ereditariamente nel capo del popolo, siccome naturale rappresentante della classe media; di collegare più o meno direttamente in un comune interesse la nazione dominante e i popoli soggetti; di rilevare la società e farla entrare e procedere nella via del suo vero svolgimento e progresso, mettendo alla testa del movimento il popolo greco-latino e principalmente questo; di porre implicitamente, colle sue leggi ed istituzioni, tali guarentigie pei governati, da non lasciar trascendere il potere supremo del monarca, ed anzi conciliarlo con quelle maggiori libertà, di cui la nazione e i popoli soggetti si rendessero, mano mano, capaci.

Tale concetto della monarchia era affatto nuovo per quei tempi, quanto al fine, quanto al modo, quanto all'indirizzo; ed a rappresentarlo ed esprimerlo non ba

stava il regio potere, quale era stato in Roma, perchè ristretto al solo elemento romano, involto nelle pastoie aristocratico-religiose, improntato delle antiche idee, degli antichi principii, soggetto alle prescrizioni dell'inalterabile consuetudine (fas), e non ereditario, ma elettivo (1).

Col regio potere aveva cominciato, e ad un potere della stessa indole, ma assai più grandioso ed avente amplissimo e svariatissimo campo di azione, tornava la monarchia. Cesare nel costituire il nuovo potere, spiegò il suo genio inventore, in quanto che non operò a caso, ma riassunse i principii svoltisi nei tempi diversi dello stato romano; nel primo suo stadio sotto i re; nel periodo più glorioso, durante la repubblica; nel periodo di transizione dalla repubblica all' impero, fino alla condizione a cui era giunto di stato mondiale; e ciò in piena conso nanza coll' indole della nazione romana, colla logica potente, perseverante che le era propria, e col suo spirito, simile all'inglese, sovranamente rappresentato da lui, che ogni cosa dispone, coordina, subordina, in modo da farne un tutto armonico e convergente ad un fine. Nella costituzione romana, come nel

(1) Era nel fatto un limite al regio potere la consuetudine che prescriveva ai re di consultare in affari importanti il Senato, e di circondarsi di un consiglio nell'esercizio della giurisdizione criminale (Liv. 1, 49. Dionys. 2, 5). Il re, come qualunque altro cittadino, aveva il sacro obbligo di conservare la costituzione dello stato, la quale aveva ottenuta l'approvazione degli Dei; ed il racconto della tentata riforma di Tarquinio Prisco prova che il re non aveva nè si credeva avere il potere assoluto. Nel caso, che egli mancasse al suo dovere, non poteva essere chiamato a rendiconto da nessuno, ma anďava soggetto alle conseguenze del f violato, come ci dimostra la fine dell'ultimo Tarquinio. Vedi Lange, Römische Altherthümer, §§ 47 e 57.

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