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DISCORSO PRELIMINARE.

Ne' tempi della Romana potenza le provin

Della lingua che usassero i popoli della Venezia terrestre prima di aver da' Romani l'idioma latino, non v'ha certamente memoria: benchè credasi da qualche autore ch' essi parlassero un diar letto greco o quasi greco, qual era appunto quello della Paflagonia ond' ebbero i primi Eneti la derivazione..

Sorto poi e diffuso l'idioma latino e fattosi comune à tutta Italia, siccome gl'Insubri, che abitavano l'attuale Lombardia, lasciarono la liogua Celtica, ritenendone però i dittonghi, le aspre e fischianti desinenze e i suoni nasali e gutturali che rimasero sino a' di nostri; siccome i Toscani perdettero l'antica loro lingua Etrusca; così i Veneti adottarono anch'essi il nuovo linguaggio e lo parlarono comunemente, meschiandolo e modificandolo cogli accenti e collà dolcezza dell'antica loro lingua grecanica, e latinizzando non meno una quantità di termini nazionali, che non erano conosciuti in altri luoghi d'Italia.

cie dell'Italia superiore, che s' estendono dal Mincio e dal Benaco sino al Timavo e alle alpi Giulie, e che comprendevano presso al mare le città d'Aquileia che n'era metropoli, Trieste, Altino e Concordia, e fra terra Oderzo, Belluno, Trevigi, Adria, Padova, Este, Vicenza, Verona, furono abi tate da popoli chiamati Eneti o Veneti, i quali formavano una sola regione alleata de'Romani sotto il nome della Venezia. Pretendesi che questi popoli fossero discendenti dagli Eneti della Paflagonia, provincia dell' Asia, minore, donde venissero in due differenti emigrazioni, la prima delle qua> li si vuol assegnare all'epoca della irruzione degli Sciti primitivi, cioè 1900 anni prima di Cristo (1) I.e poche isolette delle nostre lagune erano luoghi presso che abbandonati ed incolu o soltanto abita ti da qualche meschina famiglia che procaceiavasi il viuto colla pesca, colla caccia e col sale. Nell'uf timo decadimento dell' Impero qua e là invaso da barbare nazioni, anche il Veneto continente sog- Del dialetto proprio del popolo Veneto nei giacque a sovversione, perchè prima fu devastato primi tempi dell'impero Romano, cioè quando la da' Goti circa l'anno 402, poi dagli Sciti. Tarta- lingua latina era uel fiore, non abbiamo generalri, e finalmente l'anno 453 in segnalato modo dagli mente alcuna traccia (2); le memorie all'opposto: Unni condotti dal feroce Auila, il cui terribile no- abbondano de' bassi tempi ne' quali ebbe luogo il me è rimasto ancora per tradizione fra noi. Lo spa- sovvertimento della comune lingua trasformatasi vento universalmente sparso per l'avanzare in Ita- nell' italiana ch' ora parliamo, trovandosi pieni gli lia di questo Flagello di Dio, fece emigrare da atti pubblici e gli archivii di scritture in lingua voltutte le Ciuà Venete molti ricchi abitanti e rifuggare, e dove appunto, facendosi il confronto d'un gire per luogo di sicurezza nel nostro estuario: onde formaronsi Grado, Caorle, Eraclea, Torcello, Burano, Murano, Malamocco, Pelestrina, Chiog gia, Cavarzere ed altri luoghi minosi, i quali riucomposero il Ducato o sia tutta l'estensione del territorio Veneto marittimo de'primi secoli repubblicani, e negli ultimi (esclusa Eraclea che non è più) una delle quindici provincie dello Stato Veneto appellata DOGADO..

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(1) Che a questi Eneti Paflagoni si aggiungessero dopo molti secoli i Veneti abitatori del paese di Vannes nella Bretagna, nella memorabile irruzione de'Galli avvenuta in questa parte superio re d'Italia all'epoca di Tarquinio il Prisco, come opina Strabone con altri autori, ella è quistione immersa nella caligine de' tempi, benchè affermativamente sostenuta dalla erudita penna del dottissimo Sig. Girolamo Barone Trevisan Padovano, nella sua bella ‹issertazione intitola Ilustrazione d'un antico sigillo di Padova, stampatasi a Parma l'anno 1800, libro però fatto raro..

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secolo coll'altro, si vede il progresso, la formazione, e se può dirsi, il miglioramento o la perfezione della lingua com'è a' giorni nostri parlata

Uno solo è radicalmente il dialetto oggi comune a tutte le provincie degli antichi Veneti, poche essendo le varietà notabili e le differenze di qualche voce da un luogo all'altro. Ma non può negarsi che il migliore, come il più facile nella struttura, dolce nell'inflessione, metrico ne' nume

(2) Forse non sarebbe lontano dal vero l'asserire che il dialetto latino di cui servivansi i Veneti, come tutti gli altri popoli italiani, fosse a un di presso quello stesso volgare del Popolo Romano. Abbiamo da Planto molte voci latinizzate, che non erano propriamente della lingua forbita latina usata da' dotti: come Orum in vece di Aurum; Oricula in vece di Auricula; Coda per Cauda; Vostri per Vestri, ed altre moltissime, che parlavansi in Roma e che hanno tanta analogia colle nostre vernacole. Basium poi è del nostro Catullo Veronese.

ri, omogeneo ad ogni genere di scrittura, sia quel lo che parlasi propriamente dal popolo della Città di Venezia, la quale per tanti secoli fu metropoli d'un floridissimo Stato e madre feconda d' uomini illustri nelle scienze, nella politica, nella nautica, nella poesia, nell' eloquenza estemporanea, nelle belle arti e in ogni maniera di coltura.

Qual altro in fatti de' dialetti italiani si mostrò con più facile riuscita rivale nella forza e nelle grazie all'antica sua madre (1)? Grave e fecondo persuase nella tribuna de' comizii Veneti, e si ricordano con onore nella storia, tra mille altri, i nomi illustri degli arringatori patrizii, Francesco Foscari Doge, Alvigi Molin, Bernardo Navage ro, Marcantonio Cornaro, Giacomo Soranzo, Girolamo Grimani, Nicolò Contarini, Alessandro. Zorzi, Leonardo Donato, Leonardo Emo, Giovanni da Pesaro, Batista Nani; e li recenti Marco Foscarini Doge, Carlo Contarini, Giuliano.

(1) Pontico Virunio che fiori nel secolo XV, ne' suoi Commentarii alla grammatica greca del Guarino, fa molto elogio all'idioma Veneto, nel quale rileva appunto tutta la maestà della lingua greca, appellandolo francamente Pulcherrimus et doctissimus. omnium sermo, in quo tota redolet linguae grecae maiestas. E notando poi l'uso che aveano i Viniziani di ommettere in alcune parole la lettera t, come a dire ANDAQ, TORNAO, in vece del toscano. Andato, Tornato, lo rassomiglia all'idioma lonico che pur aveva eguali desinenze, attribuendolo al commercio che i Viniziani avevano a Smirne, dove dopo Atene fiorirono le scienze. (Pontic, Virun. pag. 47. e 97.)

(2) Qui cade in acconcio di riportare alcuni periodi della applauditissima allocuzione pronunziata in novembre 1811 dall' alira volta citato Nobile Sig. Girolamo Bar. Trevisan, allora Regio. Procurator generale presso la Corte d'appello in Venezia, per la solenne riapertura delle udienze: squarcio oratorio che forma l'elogio speciale e la caratteristica insieme di varii Avvocati Veneti di quel tempo i più distinti nel foro, i quali saranno da noi per note alfabetiche qui sotto indicati.

"Non qui mancan per nostra fede gli Antonii (a), che gravi „ d'anni, di senno, di autorità, tutto raccolgono con fresca ed » ammirevol memoria quanto può favorire la causa che imprendo"no a perorare; che ogni cosa dispongono al sito proprio, sicchè " ogni cosa acconcia siasi a produrre per insensibili gradi quel "l'impressione a cui la voglion diretta; che a foggia di Lisia tantà mostrano ed hanno evidenza e semplicità nel narrare, e tanta scioltezza e spontaneità nel discutere, che non lasciano so"spetto mai di premeditazione, nè di arte; e che ugualmente di"stanti da qualsivoglia affettazion di eleganza, che da ogni bassa » trivialità, via via bellamente s'insinuano senza sforzo, e senza " impeto nè violenza compiutamente trionfano.

"Ma non qui mancan nè meno li Cai Gracchi (b) e i Sulpizii „ Rufi nati fatti dalla natura e dall' arte pel sublime e pel graude: grandi nelle parole, elevati e squisiti nelle sentenze, zeppi di fi"losofia e di dottrina, in tutto il genere loro dignitosi sempre e "gravissimi e al tempo stesso e nello scrivere e nello arringare al "par de' Demosteni concitati, vibrati, agili, concettosi, veemen„ ti, tali in fine che se avessero o il tempo o la voglia di dare alle " loro orazioni l'ultima mano, potrebbero senza men presentarsi 2 come assoluti modelli di vera e somma grandiloquenza.

» Vanta cotesto foro i suoi Scevoli e i suoi Servii Sulpizii (c), "quanto profondamente dotti altrettanto squisitamente ingegno"si nel rifrugare e nel cogliere nell'immensa congerie delle moderne leggi e delle vetuste quanto può abbisognare alla salvezza ' de'loro clienti, e ch'eminentemente posseggono spirito d'ordine, » di perspicuità, d'evidenza, arte di ben separare, di ben connet

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Grimani, Francesco Donado, Angelo Querini.

Robusto e flessanime incantò e vinse nei tribunali per la bocca dei Vecchia, Svario, Cordellina, Todeschini, Santonini, Costantini, Alcaini, Silvestrini, Gallini, Stefani, Cromer, Piazza, Savia, Muttinelli celeberrimi Avvocati de❜nostri tempi, e de' viventi Antonelli, Calucci, Biagi ec. (2). La tromba meonia squilla in tutta l'energia del nativo di dei suono nelle ottave dell' eruditissimo Abate Francesco Boaretti; nè sempre il Tasso degradò dalla sua diguità in quelle del dottore Tommaso Mondini. La Commedia nell' inimitabile suo ristauratore Carlo Goldoni e ne' suoi rinomati seguaci; il Didascalico e il Descrittivo nella CARTA DEL NAVEGAR PITORESCO di Marco Boschini; la Satira nelle rime inedite del Dotti e nelle edite del Varotari e del Pozzobòn, detto comunemente SCHIESÒN; la Pescatoria uelle egloghe di Andrea Çalmo; e il Berniesco finalmente nelle poesie pregiabili di Mar

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di ben dedurre, tanto in fin d'eloquenza quanto basta ab" bondantemente a rendere sul loro labbro non inamene pel pub"blico e più efficaci presso de' Giudici le loro dottrine.

9. Udiamo con gran diletto chi unisce nelle sue arringhe la gravità e la copia de'Crassi alla nitidezza ed al uerbo de'Catidii (d), "la faceta amenità non iscurrile de' primi alla scorrevole vena e "dignità de' secondi; che al par di questi coltissimo nel musical "suo dialetto, si tien lontano del pari dall' Asiatica profusione " che da un arido, o digiun laconismo; che serve alla proprietà " delle voci, ma non trascura la vivacità delle imagini; che a voglia " de' suoi subbietti, quando s'estolle senza passare nel turgido, " quando s'abbassa senza scendere nel pedestre ; che alla compo"stezza libera dell'azione congiunge l'armonia Isocratica sempre 99 svariata de' numeri, e che tutta in somma possede l'arte Tullia" ŋa di penetrar negli assorti ascoltanti per guisa da piegarne " commuoverne, trasportare per le vie del diletto l'anima e il

" cuore.

" Ammiriam finalmente chi (e) nelle greche lettere e nelle lati"ne assai bene istruito, congiungendo all' assiduità del domesti≫ co studio un esercizio forense alla sorpresa instancabile, nel col"to suo dire, presenta congiunta in sè solo la sugosità de' Focio"ni, l'acutezza de' Demosteni, la paziente ed industre diligenza " de' Carboni, la scioltezza e la rapidità de' Filippi, dei luvenzii » la callidità; e colla stretta dialettica degli Stoici e colla versatile " agilità de' Peripatetici, ha per costume di spingere l'avversario 9 allo stretto o di coglierlo al varco e volteggiando e schermen" dosi di escir incolume dalle reti e d'eludere vittorioso ogni in"sidia.

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"E dopo di tutti questi vengono ben altri molti che se s'ascol"tino a petto de' più prestanti, forse scadono alquanto nel para"gone, ma se soli s' intendano, certamente non lasciano deside che basti rarli; tanto più che in parecchie cause un dicitor par " senza ch'esigasi un oratore. Così ad ogni tempra de’giovani ap"prenditori s'offrono qui svariati esempii in ogni genere degnis"simi d'imitazione, giacchè, come osserva benissimo Tullio, pos" sono avervi oratori ugualmente sormi comunque del tutto in fra " loro dissomiglianti, e tanto colpisce la semplice verità de’Tizia" ni, quanto i dotti e passionati atteggiamenti de'Raffaeli, nè men apprezzano dell' ilare magnificenza de' Paoli, le vie terribili de' Michelagnoli ec.

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cantonio Zorzi e in quelle di Giorgio Baffo che tante grazie sommerse pur troppo nella laidezza la più schifosa; serbano tutte nel dialetto Veneziano le native sembianze, e fanno mostra d'una origina lità incantatriee.

E per parlare di alcuni altri, non è forse Antonio Lamberti che gareggia nella squisitezza della Lirica co'più valenti poeti d'Italia, e va all'anima nelle sue canzonette quanto Rolli e Bertola ; ora è nitido e tenero come Vittorelli; ora scher za arguto con apologhi tali che niente lasciano ad invidiare a Pignotti nè a Passeroni? E non abbiamo il nostro Redi in Lodovico Pastò, autore del Ditirambo veramente originale sul VIN FRIULARO e di quello altrettanto spontaneo sulla POLENTA? E Francesco Gritti si mostra forse men saporito ne' sali della gioconda poesia vernacola di quel che lo è ne'suoi versi toscani e nell'applaudita sua versione del Tempio di Montesquieu? Parecchi componimenti di cotal genere burlesco ci diede Giam batista Maratti, che gl'intitolò SAGGI METRICI DI TATI REMITA. Piacciono a chi ha dilicatezza d'ani ma e sapor di gusto CENTO SONETTI SU I CAVEI DE NINA di Giacomo Mazzolà. Divertono in fine le fantasie bizzarre sparse nelle poesie facete del nostro Buratti. Sicchè può francamente asserirsi che dall' assortimento di modi sì varii, lustro, ornamento e fertilità maggiore ridondi alla stessa lingua ita liana, che potrebbe li tanti espressivi ed omogenei andare connaturando e moltiplicare così, senza il sussidio di sorgente straniera, le proprie bellezze, non che que' suoni che tra le lingue viventi anima trice sovrana la rendono della poesia e della musica.

Non è mio questo pensiero, ma del celebratissimo pubblico professore Abate Melchiorre Cesarotti di cara nostra memoria, il quale nel suo Saggio sopra la filosofia delle lingue, propose che tutte le Città d'Italia formassero i rispettivi vocabolarii, per poter indi compararli tra loro, estrarne i migliori e più comuni termini, arricchire la lingua de' dotti ed accrescere il gran Vocabolario della Crusca (Parte IV. §. XVI.)

Se varie Città italiane corrisposero sin ora a questo voto zelante e patriotico, se Milano, Brescia, Padova, Napoli, Palermo, Osimo, Bologna, Ferrara, Torino, Mantova, Verona (1), hanno i loro vocabolarii già pubblicati; come averlo non doveva la Città marittima di Venezia, il cui dialetto è gene, ralmente ricco di locuzioni e di modi esprimenti e vivaci suoi proprii ed originali, di tante belle voci etimologiche e imitative, e particolarmente di ittio

(1)Il Saggio di Dizionario Veronese pubblicatosi alcuni anni fa dall' erudito Sig. Abate Venturi, ci lascia il desiderio e la speran

logiche e della marina? Come non conservare a'posteri almeno la memoria d'un linguaggio, dopo il toscano, il più bello tra i dialetti italiani, il quale passato in mezzo a tante vicende politiche va sensibilmente alterandosi e perdendosi da trent'anni in qua, come l'esperienza dimostra e tutti confermano: in guisa che se sono a quest' ora già quasi spente dalla memoria le voci del Foro e del Governo repubblicano, lo saranno coll'andar del tempo anche le familiari e le più volgari?

Tra tanti eruditi e cultori della letteratura che decorano la Città nostra, non fuvvi alcuno sin ora che si accingesse a quest'impresa; ed era dunque dal destino riserbato all' ultimo di tal numero e al più meschino di cognizioni, qual io mi reputo, di dar cominciamento a quest' opera, di perseverarvi per cinque lustri continui tra le difficoltà degl'impieghi pubblici sostenuti; di ricopiarla senza noia per cinque volte di mano in mano che un ammas so di giunte, di riforme, di correzioni sopraggiuùgeva, e di compilar finalmente una collezione, che se non può vantarsi perfetta, sarà certo sufficiente nella quantità, perchè comprende tutte quelle voci e locuzioni che sono le più comuni e le più usitate fra noi?

Comunque sia, io fo di pubblico diritto il mio Dizionario vernacolo, e mi pregio di presentarlo a voi Veneti colti, non già come lo avreste degnamente meritato, ma come ho potuto e saputo farlo. Aliis post me memoranda relinquo, dirò con Virgilio, lasciando e desiderando che altro ingegno più adatto possa un di riprodurlo, supplire alle mie mancanze, correggere gli errori, illustrarlo di mag. giori erudizioni e ridur così alla possibile interezza e convenienza un' opera nazionale importante. Ella è senza dubbio importante, perchè diretta a conservare la storia del dialetto che qui parlavasi al finire del governo repubblicano o sia del secolo XVIII, a conservar nella sua purezza la memoria delle consuetudini e de'costumi pubblici e privati d'una Nazione resasi per tanti secoli famosa; e molto poi importante perchè può da un lato contribuire ai lumi della storia patria, e dall'altro offerire un mezzo d'istruzione per intendere i tanti significati delle nostre voci e modi antichi e moderni; e sopra tutto a promuovere fra noi e rendere familiare alla gioventù studiosa la cultura del bell'idioma italiano.

Questo mio Dizionario comprende, oltre a tutle voci e le frasi familiari, che si usano presentemente, quelle ancora che appartenevano al Governo ed al Foro repubblicano; le nostre voci anti

za insieme che ad onore della sua degna è colta Patria sia egli per darci un' opera compiuta di questo genere.

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quate e perdute; i neologismi che dall' epoca del 1797 sonosi introdotti specialmente nel Foro e nella Pubblica amministrazione, e che ora si hanno come nostrali. V'hanno le voci marinaresche; itermini sistematici, per lo più di Lioneo, che appartengono alla storia naturale; e parecchie etimologie, cioè quelle che diedero immediatamente origine alle parole vernacole. Vi sono aggiunte, senza confusione delle nostre, moltissime voci del Padovano, traite dal vocabolario dell Abate Patriarchi, giacchè il Distretto del Dolo fin dal 1807 appartiene alla provincia di Venezia. E siccome quel le che si riferiscono alla pesca ed alle produzioni del mare, sono per lo più proprie di Chioggia; così ho pensato che sarà gradevole di trovare in questa collezione molti altri termini particolari di quel la Città, la quale fa parte della Veneziana provincia: Città non meno benemerita della Repubblica leueraria per aver prodotto anche a' nostri tempi tanti insigni cultori della zoologia Adriatica, che hanno moko contribuito a quest'opera nel suo principio e nel suo termine. Seguendo poi il metodo ragionevole degli altri Vocabolarii vernacoli, ho lasciato fuori, generalmente parlando, tutte le voci simili a quelle della buona lingua italiana, le quali avreb. bero fatto un ingombro del tutto inutile, perchè già trovansi ne' dizionarii italiani; ma ho ritenuto necessariamente quelle che portavo modi e riboboli particolari del nostro dialetto, ed alcune altre aucorache ponno tuttavia a mio giudizio impegnare la curiosità e il bisogno delle varie persone che avranno a consultare la mia opera.

Esponendo gli articoli delle veci radicali ebbi molta attenzione di distinguere in paragrafi i di versi loro significati coi corrispondenti della lingua italiana: nel che dee principalmente consistere il soccorso d'un Dizionario veruacolo; e non ho mancato, ove credei opportuno, di aggiungervi degli esempli per essere meglio inteso.

Nel comporre quest' opera mi sono accertato che non tutte le voci e maniere nostre Veneziane hanno o aver possono l'immediata corrispondenza della lingua italiana, sia perchè i Dizionarii più di ligenti ed estesi ne sono difettivi, sia perchè sono particolari alle differenti Città della nostra penisola alcune cose, alcune arti, alcuni vocaboli, alcu ́ni usi. Gl'Italiani non hanno poi un Dizionario proprio di storia naturale, come lo hanno i Franzesi e gl'Inglesi: il quale non potrebbesi però ben formare senza aver notizia e senza il confronto delle tanto svariate nomenclature de'pesci,delle piante,degli uccelli ec. che si danno ne' diversi luoghi d' Italia: giacchè non sono per la maggior parte attendibili le voci arbitrariamente italianate nelle traduzioni

dell'opera di Buffon. Ed ecco il motivo per cui in un Dizionario vernacolo de' nostri tempi conviene molte volte contentarsi di leggere la definizione e la spiegazione dei termini del paese, o per somma grazia un vocabolo della Toscana, senza pretendere il corrispondente della lingua dei dotti, perchè non v'ha o non vi può essere, e perchè bisogna persuadersi e convenire col nostro Cesarotti, che senza la contribuzione effettiva di tutte le Città d'ftalia non è possibile compilane un Vocabolario ita

Jiano universale.

Parlando delle voci di lingua mancanti, voi bensì troverete ne' Vocabolarii italiani, per esempio Beccaia, Cuoca, Gabelliera, Fattoressa, Fornaciaia, Medichessa ec. per la Moglie o Femmina di Beccaio, di Cuoco, di Gabelliere ec., ma non le Femmine di Bilanciaio, Lattaio, Barbiere, Barcaiuolo e di cento altri mestieri. Voi noa vi troverete le voci corrispondenti alle nostre verBacole AMBIZAR, AMBRO, BIGLIARDÈR, BATIFOGIA, BAVELINA, COMPROFESSOR, CONZAOSSI, FELGER, PIRONADA, SGNANFO, SGNANFIZAR, nè a moltissime altrettali; e non per questo sarebbe permesso di scrivere Bilanciaia, Lattaia, Barbiera, Barcaiuola, Ambro, Forchettata, Nasiloquo, ma dovrebbesi far uso di perifrasi. Nondimeno poichè è mio assunto di dare un catalogo di tutte le voci vernacole contrapponendovi le adottate da' buoni scrittori, e se non trovo di alcune l' equivalente ne' Dizionarii di lingua, sdegnerà forse chi mi ha per mano di sentire dopo la spiegazione o la defiRizione, anche il mio parere, cioè quali potrebbero essere per avventura i termini o i modi corrispondenti, se mi vengono a taglio? A me è sembrato di poterlo e doverlo fare; e questo caso essendomisi affacciato moltissime volte, io mi credetti in dovere di apporvi quelle voci o maniere, dirò presuntive, che la ragione, l'evidenza, l'analogia e sopra tutto l'inclinazione della lingua italiana m'hanno suggerito. E se avverrà quindi, come è da tutti desiderato, che il gran Vocabolario della Crusca venga quando che sia riformato e compiuto, uon sarà forse anche inutile il Lessico Veneziano, che ricorderà agli eruditi compilatori qualche centinaio di voci state fin qui ommesse nelle scorse edizioni.

L'Ortografia del dialetto ha non meno impegnato le mie sollecitudini; e per questo conto non ho mancato di attenermi, generalmente parlando, agli Autori che abbiamo a stampa, e dei quali si vedrà il catalogo che precede il Dizionario. Io son per altro d'avviso che la prima regola dell' ortografia d'una lingua sia quella di scrivere, se fia possibile, come si parla. Se leggiamo delle scritture vene

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