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Sopravvenendo guerra in patria, tutto il villaggio eleggevasi alcuni capi, e convolava alle armi: dovendosi guerreggiare fuori, i capi eleggevano i soldati. Prima di entrare in campagna, tutti insieme deponevano solennemente gli odii vicendevoli e giuravansi fratellanza: ciò fatto, non si chiamavano più tra loro con altro nome che di fratello. Così l'amicizia corroborava gli sforzi della patria carità. Nel medesimo tempo promulgavansi eziandio le leggi della guerra, e se ne giurava l'osservanza. Esse imponevano di obbedire ai capi; di non abbandonare gli ordini; di non fare sedizione; di combattere in silenzio; di non fuggire; di ammazzare sul fatto il compagno che volgesse le spalle al nemico; di non sbandarsi per bottinare prima che la vittoria non fosse compita e datane la licenza; di non ardere gli edificii; di non gettar via le armi; di non guastare i molini e le chiese; di non violare, di non offendere le donne e i sacerdoti inermi: di non dar quartiere durante la mischia. Ai trasgressori era intimata per pena la

morte.

Trattandosi di andare a qualche spedizione lontana, ciascuno portava seco un paio di calzari nuovi, e tanta farina di avena, quanta potesse bastare al suo vivere per 14 di. Riportata una vittoria, o terminata la guerra, i capi raccoglievano la preda, e la distribuivano ugualmente, cioè i cannoni e le bandiere tra i cantoni, l'altro mobile tra i soldati senza rispetto al grado bensi prelevavasene una certa quantità per ispeciale guiderdone dei più valorosi. Quali fossero le armi dei soldati svizzeri, già dicemmo: qui aggiungeremo, che eglino avevano il costume di or

narsi il capo di piume a varii colori corrispondenti a quelli del patrio vessillo: sopra le armature portavano la croce rettangolare, comune divisa dell'Elvezia. Usavano in battaglia trombe, tamburi e pifferi, e ne traevano un suono più di quello dei Tedeschi grave e tardo. I cantoni di Ury, Underwalden e Lucerna servivansi di corno e di cornetta (1).

Con questi ordini gli Svizzeri difesero la propria libertà, e furono strumento per toglierla agli altri.

VI.

1414

Tale era la gente, contro la quale nell'agosto del ag 1444 guidava i suoi venturieri il delfino, che diventò poi re di Francia col nome di Luigi x1. Gli Svizzeri, come prima il seppero, staccarono 1600 uomini dall'assedio di Farnsburg, e li avviarono avanti coll'ordine di riconoscere il nemico, e nel caso che lo trovassero al di quà della riviera della Birsa, fare ogni sforzo per respingerlo oltre di essa: ma badassero a non varcarla, e molto più ad impegnarsi in un generale fatto d'arme. Vane raccomandazioni! Arrivati a Pratelen, í 1600 Svizzeri videro che i Francesi avevano passato il fiume: tosto gettansi sulle prime schiere, le rovesciano, le oltrepassano, e con cieco furore combattendo, le ributtano tutte sull'altra riva della Birsa.

Questo risultato sarebbe sembrato piucchè sufficiente a qualsiasi esercito: pure non bastò ad acquietare l'ardore di quel pugno di montanari. Disprezzato ogni segno di umana prudenza, disprezzati i comandi

(1) Jos. Simleri, De republ. Helvet. I. II. §. 1-12. - Bilibaldi Pirckeimeri, Bell. Helvet, 1. II. p. 13 (Thesaur. Helvet. hist.).

dei proprii capi, che invano richiamavano alla loro mente gli stretti ordini avuti a Farnsburg, soli, senza artiglierie, senza stimolo di necessità, senza speranza di soccorso, precipitaronsi nelle acque della Birsa per assalire l'esercito francese, che squadronato sopra l'opposta sponda ne osservava le mosse. Fu l'urto degli Svizzeri pari al loro coraggio: però la fretta del camminare, l' impeto della corrente e la difficoltà del salire li avevano alquanto scompigliati: la folta grandine delle cannonate, e le successive cariche della cavalleria francese non tardarono a spartirli in due masse. Cinquecento chiusi in una prateria circondata a modo di penisola dalle acque del fiume, tanto tempo vi resistettero coll'armi alla mano quanto tempo rimasero in vita: gli altri, pressochè al numero di mille, riunironsi arditamente in un gruppo, e pugnando e marciando si volsero verso Basilea. Pervenuti al cimitero ed al giardino di S. Giacomo, vi si soffermarono a pigliar fiato.

Bramava il delfino, stupito di tanto valore, di concedere ad essi libera l'andata: ma gli si opposero nel consiglio dell' esercito francese tutti i condottieri e prevalsero. Ricominciò adunque da una parte e dall'altra più fiera che mai la carnificina. Tre volte ancora gli Svizzeri scacciarono dal cimitero i nemici; due volte con furiose sortite li rispinsero molto in là: alla fine, quando la cavalleria francese, dopo avere messo il fuoco alla torre di S. Giacomo, ed adequata al suolo colle cannonate la cinta del cimitero, smontò da cavallo, e vi proruppe entro da ogni parte, una orrenda ed estrema lotta vi fu proseguita. Tra il sangue e i cadaveri, gli Svizzeri, qual sostentandosi per istan

chezza sulle ginocchia, qual facendosi appoggio dell'amico caduto, colle labarde, colle spade, coi pugnali, come il furore portava, sino all'ultimo spirito si difesero. In capo a dieci ore, quando tutti furono uccisi, mancò la zuffa. Milleseicento erano partiti da Farnsburg; dieci soli, che al passaggio della Birsa si erano ritirati, e di questi nove carichi di ferite, ritornarono in patria. Restarono sul campo ottomila francesi.

Il giorno dopo volle il delfino esaminare il sito della battaglia ; e quando mirò le grandi ferite, il fiero contegno, il disperato abbandono dei nemici giacenti, narrasi che fra sè proponesse di appropriarsi, tosto giunto sul trono, cosi grande valore, e sopra di esso piantare le fondamenta della monarchia. Poche settimane dipoi, ommessa l'impresa della Svizzera, si riduceva coi suoi venturieri in Lorena (1).

Il ritorno intempestivo di coteste squadre rinfiammò A. 1415 nel re di Francia Carlo vir, e nei più savii dello Stato, it desiderio di imporre una volta un termine alle loro ribalderie. Ne tenne il re molte consulte: ma due cose facevano ostacolo al suo pensiero: in primo luogo la difficoltà di pagare esattamente le milizie stabili, che sarebbersi introdotte invece degli stipendiarii di ventura; in secondo luogo il pericolo che costoro, appena licenziati, non si radunassero in compagnie come già era succeduto alla pace di Brétigny. Dopo non poche dispute e pareri, in sostanza si concluse di parlare segretamente a quindici condottieri dei più famosi, c, mediante la promessa di

(1) Sismondi, t. XIII. p. 429. segg. Joh. de Muller, et continuat. Hist. des Suisses.

crearli capi delle nuove milizie, tentare di indurli a favorirne la instituzione. Detto fatto, ognuno di questi 45 condottieri elesse a suo arbitrio tra le vecchie masnade gli uomini della propria compagnia: tutti gli altri vennero congedati d'un colpo, con ordine di ritirarsi incontanente ciascuno nel suo paese, e sotto pena della forca a chi commettesse mali per viaggio. Così nel giro di due settimane la Francia quietò dalle rapine dei venturieri, e vide sorte le 15 ordinanze degli uomini d'arme, i quali essendo stati acquartierati trenta e quaranta per le terre dello Stato, con una parte dei tributi locali vi furono di leggieri mantenuti (1).

I felici risultamenti di questa riforma mossero tre 4448 anni dopo il re ad estenderla alla fanteria. In conseguenza venne comandato agli anziani di ogni parocchia, di eleggere ogni anno fra i più destri e capaci un uomo, che mediante la paga di quattro franchi il mese e la esenzione da qualsiasi specie di taglie e gravezze, si provvedesse a sue spese di un arco, di una daga, di una cervelliera e di un giaco di ferro, si esercitasse tutte le feste nel maneggio delle armi, e si tenesse pronto a militare ad ogni evento. Fu il numero di tutti i descritti 16,000. Questi vennero divisi in quattro capitanerie generali ogni capitaneria fu scompartita in otto bande di 500 uomini l'una: ogni banda in quattro drappelli o quartieri. Al comando di ogni quartiere fu preposto un luogotenente fisso ossia locale, con facoltà di fare impendere qualunque dei suoi dipendenti abbando

(1) Sismondi, t. XIII. 440. — Daniel, Hist. de la milice française, l. IV. ch. I.

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