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arditamente tra squadra e squadra. Arrise da principio la fortuna al virile proposito. Era la maggior parte dei Vitelleschi a cavallo e armata di archibugi: sicchè, non potendo efficacemente nè caricare il nemico, nè colpirlo, titubano, si confondono, ed intanto lasciano che i Tedeschi senza paura procedano avanti. Finalmente si avvisarono di disporsi anch'essi in rotondo e bersagliare da lontano codesta fitta massa, che ognora acquistava terreno. Resistettero alquanto i Tedeschi senza scomporsi allo strazio dei colpi ostili : poscia, rotto improvvisamente il globo, gettaronsi, come uomini perduti, sopra i nemici. In questo mentre sopraggiunse tutto l'esercito francese, e li respinse fino al margine del fiume Chilone. Quivi si fermarono, e finchè ebbero vita la difesero. Valse questo fatto a mettere in luce e la costanza alemanna, e i primi effetti della nuova milizia degli archibugieri a cavallo stabilita da Camillo Vitelli, la quale, se per la molta lunghezza e il grave peso delle armi declinò quasi subito, servi nondimeno di onorato esempio ad altre consimili instituzioni (1).

(1) Pauli Jovii, Elogia, 1. IV. 290. — Giovio, Ist. IV. 274.— Domenichi, Vita ms. di Vitello Vitelli. Gli Arquebutes à cheval, di cui parla il Comines (Mém. 1. VIII. ch. XIV. p. 153. ap. Petitot) nel racconto della spedizione di Carlo VIII, erano archibugi da cavalletto, e non archibugieri a cavallo, come malamente tradusse Lorenzo Conti. Furono bensì scoppiettieri a cavallo quelli mandati nel 1497 dal senato di Venezia alla guerra di Pisa (P. Bembi, Hist. I. IV. f. 51. Venet. 1551). Nel 1502 tra i cavalleggieri del duca Valentino eranvi 40 scoppiettieri (Machiav. Legaz, al Valent. lett. XV. p. 613). Più tardi questa milizia fu rinnovata da Giovanni de'Medici, ● quindi resata in Franeia da Pietro Strozzi.

1496

Fu questo l'ultimo vantaggio che i Francesi riportassero in quella guerra. Poco dipoi l'inopia, il malcontento dei sudditi, e le insolenze degli Svizzeri e dei Tedeschi stipendiarii condussero il duca di Monpensieri a rendere al nemico tutte le terre possedute nel regno, sotto condizione che gli fossero forniti i mezzi di ritornare in Francia. Per tale effetto si raccolsero a Baia le reliquie della famosa spedizione di Carlo vin: ma intantochè di mese in mese stanno elleno vanamente aspettando il naviglio promesso e disputando intorno ai capitoli dell'accordo concluso, la malvagità dell'aere e dei cibi seminò fra le schiere un crudelissimo morbo, che in breve le ridusse pressochè al nulla. Il papa si valse della depressione del partito francese, per fare arrestare e chiudere in prigione Paolo e Virginio Orsini, e svaligiarne le squadre guidate da Giangiordano Orsini e da Bartolomeo di Alviano (1).

Era costui nato in Todi della nobilé prosapia degli 20 lugl. Atti. Dispersi i suoi congiunti da papa Paolo II, si acconciò per paggio prima con Napoleone, quindi con Virginio Orsini. Virginio, postogli amore, lo adottò nella sua famiglia, gli diede una compagnia e gli procurò i primi stipendii (2). Fin qui arrivarono i favori altrui: della restante sua fortuna fu egli medesimo proprio autore. Ora a lui parve di essere in obbligo di compensare beneficio con beneficio, ristorando la caduta fortuna di casa Orsini. Cominciò, ignorasi se per industria propria o per occulto consenso del re

(1) Giovio, IV. 188. Guicciard. III. 76. — Comines, VIII. 21. Guill. de Villeneuve, Mém. p. 316.

(2) Sansovino, Storia di casa Orsina, 1. 1. f. 10. vers. (Venezia 1565).

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di Napoli, dal fuggire di prigione. Quindi con prestezza incomparabile radunò da ogni banda soldati e vagabondi. Erano costoro senz'armi, senza cavalli, e seminudi; ma i polledri non ancora domi delle mandrie e l'arredo nuziale spontaneamente offerto dalla sorella di Virginio sopperirono al bisogno. Con cosi fatta gente Bartolomeo si accinse a difendere Bracciano, l'Anguillara e Trevignano dagli sforzi uniti del papa e dei Colonnesi.

Giacciono queste tre terre a triangolo di lati quasi pari sopra il lago che dalla prima di esse ricava il nome: imperò l'Alviano, col trasportare sulle barche or qua or là, giusta il luogo minacciato, macchine e persone, difendeva con una sola guarnigione tutte e tre le fortezze. Ciò veggendo, i papali ordinarono in Roma la costruzione di un grosso burchio, affinchè servisse ed a privare il nemico di quella comodità, ed a battere Trevignano dalla parte del lago. Costrutto il burchio, si diede il carico a Troilo Savelli di accompagnarlo con 400 cavalli da Roma all'Anguillara, e gettarvelo in acqua. Nelle guerre di parti il mantenere il segreto è quasi impossibile. L'Alviano ebbe subito notizia certa di questa risoluzione; e senza indugio, presi seco cento eletti cavalli, si mise in agguato in una cupa boscaglia presso la strada tenuta dai nemici. Camminavano questi sbardellatamente, altri avanti, altri dopo il carro, sopra il quale trascinavano il burchio, chi cantando, chi trincando senza un pensiero del mondo; quand'ecco a fronte, ai fianchi, alla coda primieramente le grida, poi la vista, quindi i colpi inaspettati degli Orsineschi riempirli a un tratto

di confusione e sgomento. Le tenebre compirono l'impresa; l'Alviano in persona, tenendo in una mano una fiaccola e nell'altra la spada, si scagliò fra i Pontificii ad appiccare le fiamme al burchio, e mandollo in cenere. Carra, uomini, animali, ogni cosa diventò premio dei vincitori (1).

Questa ben condotta fazione diede tempo a Vitellozzo Vitelli di accorrere alla difesa degli Orsini, nella cui disfatta prevedeva egli a ragione la propria e quella di tutti i signori della Romagna. Erasi Niccolò, di lui padre, tra coi civili tra coi militari studii, elevato alla tirannide di Città di Castello sua patria. Cacciatone da un papa, vi era rientrato sotto il papa seguente; poi come vicario e vassallo della Chiesa aveva tenuto modo non solo di signoreggiarla, ma di trasmetterne la signoria ai figliuoli, Paolo, Vitellozzo e Camillo (il quale poco dopo il fatto d'arme coi Tedeschi venne ucciso all'assedio di Circello) generati fra le armi abbracciarono le armi come unica via di salute e di accrescimento, e in esse seppero procacciarsi una fama di gran lunga superiore alla loro potenza. Già parlammo degli archibugieri a cavallo instituiti da Camillo ; ora diremo che, per ostare alle tremende ordinanze svizzere e tedesche, avevano eglino messo in piedi forti bande d' uomini loro sudditi e famigliari, i quali per rozzi abiti e modi e lunga barba sarebbero stati, non che orridi, ridicoli quasi, se una ferrea tempra di animo e di corpo ed una fede ad ogni prova non gli avessero nel fatto dati a divedere per famosi

(1) Baldi, Vita di Guidobaldo 1, l. V. 167. — Sansovino, 57. di casa Orsina, 1. IX. p. 123.

guerrieri. I Vitelli li avevano armati di spada, di picca, di cervelliera, e di petto ossia usbergo all'uso tedesco, e li avevano ammaestrati a seguire l'ordinanza, ed a rivolgerla e dirizzarla, ed accomodarsi al suono del tamburo, ed a correre a chiocciola, e serrare le file, e colpire e schermirsi: ed avevano preposto a dar loro cenno ed esempio uomini fidatissimi (1).

1497

Con queste genti accresciute di tutti i partigiani di 26 geun, casa Orsini, Vitellozzo non dubitò di presentare battaglia ai pontificii, i quali, dimesso l'assedio di Bracciano, gli erano venuti incontro sin presso a Soriano tra la via Flaminia e la Cassia. Al primo scontro i papali furono rotti dalla cavalleria nemica ; ma questa alla sua volta venne respinta dagli uomini d'arme colonnesi. Però, mentre costoro per l'impedimento degli sterpi si ristanno dall'inseguire chi si ritira, anzi indietreggiano per far luogo ai proprii fanti ed alle artiglierie, sopraggiunsero a ristorare la zuffa le bande vitellesche. Queste, favorite sia dalla imperizia dei bombardieri nemici, che pigliavano la mira troppo alto, sia dalla maggiore lunghezza delle proprie picche, con tal fortuna e virtù affrontarono i Tedeschi, nei quali consisteva il nerbo dell'esercito pontificio, che li ruppero, e dopo di essi ruppero ancora il resto del campo. Così la battaglia di Soriano provò, che agli Italiani non mancavano nè le armi, nè le forze di resistere agli stranieri, ma sibbene la pratica, il buon volere, la disciplina e l'unione, cose

(1) Domenichi, Vita del Vitello Vitelli, ms. nella Bibliot, Saluzziana. — Giovio, Ist, IV. 205. — Jovii, Elogia, 1. IV. 290.

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