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La vera Scuola della Sapienza.

DIPINGETEVI un Giovine illustre, il quale avendo con gran vantaggio conchiuso un sospiratissimo parentado, si conduce a casa la sposa, cioè una fanciulla nobile, ricca, riverente vezzoza e convitati splendidamente i parenti a superbe nozze, gli va spazzando con quei più lieti diporti, che di tal tempo sian soliti tra' suoi pari. Orsù, entriamo un poco a visitar questa casa cosi felice, che vi vedremo? Risi incomposti, ragionamenti liberi, azzioni sconce chi ha per la intemperanza gravato il ventre, chi ha per l'ubbriachezza offuscato il capo: vanità negli abiti, ostentazion nelle gioje, lusso negli apparati : giuochi, suoni, canti, danze, lascivie, effemminamenti, disordine, confusione: nè fra tante voci se n'ode pur una sola, la qual abbia del salutèvole. Ma che ? non va molto, che per qualche trista influenza muore la sposa, nel più bello appunto mictuta del suo fiorire ; e che però quella casa, la qual' era pur dianzi albergo di giubilo, e di dolcezza, divien soggiorno di lutto e di acerbità. Torniamo adunque, se non vi è grave, di nuovo a rivisitarla. O che mutazione! ci avviciniamo alla soglia, nè sentiam più tumulto di sorte alcuna, ma somma quiete, somma composizione, sommo silenzio. Montiam le scale, ed eccoci i Famigliari venirci innanzi con abito dimesso, e con volto chino, con portamento raccolto, e con voci basse. Se con essi entriam nelle camere, vediam che insino le mura stesse, spogliate d'ogni lascivo ornamento, spiran modestia. Tacciono tutte le cetre, ammusticono tutti i cembali; ei tavolieri in abbandono lasciati sopra una mensa, lungamente anch'essi rimangono senza pregio. E qual sarà quella bocca, sopra di cui noi

miriamo fiorire un riso? Se v'è chi ragioni, non si possono udire, oi detti più serj, o i sentimenti più savj, o le parole più acconce ad indur pietà. Non solo gli uomini gravi, ma fin le donniciuole, ma fino i servi, veggonsi a un tratto divenuti filosofi, proferir tra loro sentenze inaravigliose. Chi dice, altro veramente non essere la vita umana che un sogno, una scena apparente, una pompa breve. Chi si stupisce, perchè tanto idolatrisi una beltà, la quale, a guisa del lampo, non altro lascia dopo una illustre comparsa, se non fetore. Chi ripiglia, che sempre aspettar dovremmo solleciti quella morte, la qual non perdona, nè a nobiltà di natali, nè a splendor di ricchezza, nè a fior di età e così ciascun proseguendo, non altre si odono, che parole di utilità, di profitto, di compunzione. Or donde è nata mai si ammirabile mutazione in una tal casa? Chi vi ha introdotti ragionamenti si savj? Chi vi ha insegnati costumi si regolati ? O, non vi stupite. V' entrò un seggnalato maestro, la Tribolazione. Ella, con una sola lezzione, che quivi ha data dell' umana caducità, è stata sufficiente a scacciarne oggi leggerezza, a sgombrarne ogni vanità, e ad insinuarvi dettami, cosi sensati, che con ragione noi possiamo conchiudere : La Tribolazione è la scuola della sapienza.

P. SEGNERI. Predica XXVII.

DESCRIPTIONS.

Ritorno di Agrippina.

NAVIGO Agrippina di verno a golfo lanciato, in Corfù, isola dirimpetto Calabria, ove vinta da disperato dolore, pochi di ristette a moderarsi. Quando sua venuta s'intese gl' intimi, i soldati già di Germanico, ancora i non conoscenti dalle terre vicine, chi parendo lor' obligo verso il principe, chi quei seguitando, piovevano al porto di Brindisi, più vicino e sicuro. Alla vista dell' armata; il porto, e la marina, ́e mura, e tetta, e le più alte vedette fur piene di turba mesta, domandantesi, se, quando ella sbarcava, da tacere era : o che dirle, o che fare. L'armata s'accostò, co' rematori attoniti, senza il solito festeggiare. Ella usci di nave con due figliuoli, e col vaso lagrimevole in mano, ove affisò. Levossi un compianto di donne, e d'uomini suoi, e d'altri non distinto se non che quel della corte di lei per lo durato tribolo era più stanco. Cesare le mandò due coorti di guardia, con ordine, che in Calabria, Puglia e Campagna, i magistrati facessero l'esequie al figliuolo. Tribuni, e Capitani adunque sopra gli omeri portavan le ceneri con le insegne lorde innanzi, e i fasci capovolti. La plebe delle colonie, onde passavano, era a bruno i cavalieri in gramaglie; ardevano secondo il poveste, profumi, con altre solennità de' mortorj. Dalle terre ancor fuor del cammino venieno le genti ad incontrare, a far sacrificj a quell' anima, a mostrare con

tere,

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pianti, e strida il dolore. Druso con Claudio fratello, e i figliuoli, che in Roma erano, di Germanico, vennero sino a Terracina. Marco Valerio, e Marco Aurelio, nuovi consoli, il Senato, e gran parte del popolo tutti in bulima calcaron la strada, e piagnevano non ostante l'allegrezza di Tiberio mal celata, a tutti nota della morte di Germanico, non potendola adulare. Egli e Augusta non uscir fuori, per fuggire in pubblico i piagnister disdicevoli a Maestà: e fare scorgere a tutti gli occhi ne' lor visi la loro allegrezza. Annale non trovo, nè giornale è che dica, se Antonia sua madre, ci fece atto notabile alcuno; e pure oltre ad Agrippina, e Druso, e Claudio, veggo nominati gli altri congiunti forse era malata: o non le pati l'animo vedere con gli occhi il suo gran male. Credo io, che Tiberio, e Augusta la tenessero in casa, per mostrare esservisi madre, avola, e zio serrati per pari dolore. Il di che le ceneri` si riponevano nel sepolcro d'Augusto, pareva Roma, ora per lo silenzio, una spelonca: ora per lo pianto un inferno: correvano le vie ardeva Campo Marzio pieno di doppieri : quivi soldati armati, magistrati senza insegne, popolo per le sue tribù gridavano esser la republica sprofondata: cosi arditi, e scoperti, come scordatisi, ch' ei v'era padrone. Ma nulla punse Tiberio, quanto l'ardor del popolo verso Agrippina chi la diceva ornamento della patria, reliquia sola del sangue d'Augusto, specchio unico d'antichitade, e volti al cielo e agl' iddii, pregava salvassero que' figliuoli, sopravivessero agl' iniqui. Desideravano alcuni in queste escquie la pompa pubblica, allegando gli ampj onori che Augusto fece a Druso padre di Germanico: « Incontrollo di crudo verno sino a Pavia : da quel corpo non si parti: si fu seco entrato in Roma: fù d'immagini di Claudii, e di Giulii accerchiata la bara: pianto nel foro: lodato in rin

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ghiera; fatto quanto invennero mai antichi, e moderni ; ed a Germanico non è toccato pur l'usata, e ad ogni nobile dovuta onoranza. Siasi per lo lungo viaggio il corpo arso, come s'e potuto in terra lontana, e straniera cotanti più onori gli si doveano, quanti negli avea la sorte negati : ma il fratello non l'ha incontrato appena una giornata : il zio non pure alla porta : dove sono gli ordini antichi ? l'effigie sopra il cataletto? I versi composti per la memoria della virtù ? le lagrime? i triboli ? » Tiberio sapeva queste grida del popolo, e per ammorzale, lo ammoni per bando. « Essere molti Romani illustri per la repubblica morti : ma niuno stato celebrato con tanto ardore, onorevole a sè e a tutti, pur che' si moderi : non convenendo a' principi, e popolo imperiante, le cose medesime, che alle case e picciole città. Essersi dovuto al fresco dolore il pianto, e quindi il conforto doversi ora fermar l'animo, e scacciare la maninconia, come fecero i divini Giulio e Agusto, nel perder quegli la figliuola unica, questi i nipoti: per non contare quante volte il popol, Romano francamente sofferse eserciti sconfitti, generali morti, famiglic nobili spente. I principi essere mortali, la repubblica eterna; però ripigliassero le loro faccende, e ne' vegnenti giuochi Megalesi, anche i piaceri. Allora fini il feriato.

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DAVANZATI. Annali di Cornel. Tacito, 1. III•

Il Giorno del Pianto.

GLI Ebrei dopo aver perduta Gierusalemme passata col suo dominio sotto i Romani, solcano da varj paesi radunarvisi tutti in un giorno determinato dell'anno, a compiagnere insieme la loro perdita; ma con un rito, s'io non il più strano che mai sia stato fra alcuna misera

erro,

?

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