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chito per lo concorso di tante genti, e per le profusissime spese, viveva con pari lusso, e con somma letizia; e quantunque fosse Clemente per natura, e per gli accidenti della guerra più parco, e modesto, nondimeno già avendo preso questo corso continuava ancora la corte, e la città tutta negli stessi costumi, e nella stessa maniera di vita, nella quale però era dagli uomini savj desiderata minore licenza, e maggiore rispetto; massime negli uomini insigni per le dignità ecclesiastiche, riposti in alto luogo, perchè riluca a' popoli la lor virtù, e sia guida degli altri il loro buono esempio. Ora entrati, come s'è detto, i fanti Tedeschi, e gli Spagnuoli dentro della città, cominciarono con grandissima rabbia, e ferocità ad incrudelire contra tutte le cose, senza alcuna distinzione delle sacre alle profane, e senza alcuna misura alla loro avarizia, e libidine; sicchè il sacco, le rapine, ed altre miserie de' vinti, che sogliono terminare in pochi giorni, continuarono in questa città per molti mesi cominciarono i soldati ad infuriare contra la turba de' popolari, levando ugualmente la vita agli armati, ed agli inermi, nè perdonando ad alcuna età, o nazione, o professione di quelli, che prima si fecero loro incontra; da poi assalite le case fecero i padroni prigioni, togliendo loro tutte le cose più preziose; anzi con severissimi tormenti astringendogli a scoprire le nascose, nè usando rispetto maggiore verso i tempi, con le empie, e sacrileghe mani spogliarono gli altari, levarono da' sacrarj le reverende reliquie, ed i voti consacrati dalla pietà di molte divote persone di tutte le nazioni, e rompendo fino i santissimi tabernacoli, con nefando ed abbominevole spettacolo sparsero, e gittarono a terra i santissimi sacramenti; e per non lasciare alcuna cosa della loro scelleraggine incontaminata, e sicura, tratte dalle case, e da' monasterj le

nobilissime matrone, e le vergini sacre, spogliandole nude, le condussero nelle strade pubbliche, e con somma libidine dispregio soddisfecero alle loro disoneste voglie. Nè furono più dagli altri sicuri i maggiori, e più nobili prelati della corte, contra i quali i fanti Tedeschi principalmente usando ogni sorte di scherno, et d'ingiuria, gli tennero in lunghe, e gravissime pene, dimostrando insieme la loro ferocità, e l'odio immenso, che portavano alla santa Chiesa Romana. Per questo cosi miserabile caso, e per tante, e cosi gravi calamità, confessarono tutti essersi rinovate le antiche piaghe delle ruine, apportate da barbari Settentrionali alla città di Roma; anzi pur da questi crudelissimi e scelleratissimi uomini essersi talmente superate tutte l'altre barbarie, che resterebbe di loro più, che di Goti o d'altra fiera nazione infelicissima per ogni secolo la memoria. Ma non terminò già nella forza degli uomini il flagello contra il misero popolo, perocchè dalle lordure di questa vilissima gente, e dalla lor vita dissoluta, ne nacquero poco appresso gravissime infermità, le quali facendosi contagiose, uccidevano gli uomini con repentini ed incurabili accidenti; talchè in breve spazio di tempo quelli; che erano assaliti dal male, camminando, e ragionando cadevano morti : segui a questa mortalità, o per essere stati i campi incolti, o perchè non fosse mitigata ancora l'ira del cielo, tanta sterilità nella terra, e così grande mancamento di grani per lo vivere ́umano; che non pur le persone di più bassa condizione, ma quelle ancora, che solevano abbondare di comodità, ridotte in somma povertà, nodrendosi di vilissimi cibi, andavano con miserabile spettacolo mendicando il pane; in modo che questa nobilissima patria, fatta ricetto di soldati, suoi capitalissimi nemici, rimase da' cittadini, e dalla corte abbandonata, con orribile, e squallido aspetto; sicchè

si poteva con verità di lei dire, ecco come si stà la città, ridotta in solitudine, senza popolo, fatta serva quella, che soleva comandare a tutte le genti !

PARUTA. Istoria Veneziana, l. I.

Crudeltà dei Tedeschi e Spagnoli nel sacco di Roma.

AVENDO deliberato narrare particolarmente le strida e gli urli delli miseri prigioni tormentati da' Tedeschi e Spagnuoli, perchè più apertamente si comprenda la rabbia de' vincitori con la divina giustizia, li scriverò con quell' ordine, che in tanto disordine mi sarà possibile; acciocchè più manifestamente apparisca, in quanto doloroso ed infelicissimo termine si conducano quelli governi, che più si reggono e si mantengono nella lasciva, avara ed ambiziosa potenza, che nella moderata giustizia. E benchè io confessi non poter ritenere le lagrime, considerando quanti tormenti, e quanti danni l'uomo solamente dell' uomo riceve, e come delle nostre miserie siamo noi medesimi, e non la fortuna (come di lei la maggior parte de' mortali si duole) cagione ; nondimeno mi sforzerò narrare parte de' miserandi casi successi in questi prossimi giorni in Roma. Per la qual cosa seguitando dico, che, come li Spagnoli e Tedeschi, furono alquanto ricreati, e riposati dall' inestimabile fatica, che avevano per tanto continuamente scorrere, or quà or là predando sopportato, cominciarono, con molti strazj e crudeli tormenti a ricercare i loro prigioni delle ricchezze occultate, e quanti danari volevano pagare per liberarsi. Per la qual cosa essendo senza pietà e senza rispetto, come vilissime bestie, straziati, le nascoste molti manifestavano, e molti si posero taglie si grandi per fuggire i presenti tormenti, che non era dipoi a loro possibile pagarle; e quelli

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che facevano resistenza e stavano duri, con animo di non offerire al nemico la somma disegnata, non si può immaginare, oltre all' incomparabile paura di manifesta morte, le intolerabili pene, che sopportavano, perchè dalla morte in fuori ogni incredibil dolore spesso provavano; là quale benchè dai tormentati fosse con alte strida continuamente chiamata, nondimeno l'avarizia e crudeltà spagnuola riteneva con arte le anime degli affliti in luogo, che molta minor pena senza dubbio nella separazione del corpo avrebbero sentito; e qualunque fosse andato allora per le strade di Roma, o di notte o di giorno, avrebbe sempre sentito in ogni ridotto, non sospiri, non lagrimosi lamenti; ma misere voci ed urla degli sventurati prigioni, perchè non altrimenti si dolevano urlando, che se fossero trovati nel toro di Falaride rïnchiusi; e quanto più nobili, più ricchi, e più cortigiani, mercanti, terrazzani, erano nelle mani loro, più crudelmente, con meno rispetto e con più sete di maggior taglia li straziavano; perchè la speranza di diventare ricchissimi li faceva più atrocemente tormentare. Imperocchè molti erano tenuti più ore del di sospesi da terra per le braccia; molti tirati, e legati stranamente per le parti vergognose, molti per un piede appiccati sopra le strade, o sopra l'acqua, con manifeste minaccie di tagliar subito le corde; alcuni semisepolti nelle cantine; altri rinchiusi in botti; molti villanamente battuti, e feriti; non, pochi incisi con ferro infuocato in più luoghi della persona; certi patirono estrema sete, altri, insopportabil sonno, ed a molti per più crudele, ma più sicura pena, furono cayati i denti migliori; ad alcuni fù dato da mangiare le proprie orecchia e il naso arrostiti, ed altri con strani, e inauditi martirii, che troppo mi commovono a pensarli, non che ad uno ad uno descriverli, erano empiamente

straziati; perlochè continuamente si udivano e vedevano molti crudeli e pietosi esempj, come fù tra gli altri quello di Giuliano da Camerino, famigliare del cardinal Cibo. Questi non potendo reggere a tanti crudeli tormenti, mentre era ricerco dagli Spagnoli d'insopportabil taglia, nè potendoli più tollerare, s'accostò a poco a poco alla finestra della camera, dove tanto villanamente era tormentato quando conobbe l'occasione, si gittò con furia indietro, e col capo all' ingiù fuori di quella in modo, che per l'altezza sua subito che percosse in terra, fini li tormenti, e la vita insieme con l'ingorda domanda di quelli, che con tanta sete lo stringevano a confermarla.

FRANCESCO GUICCIARDINI. Frammento storico.

Conquista dell' Isola di Fionia.

e

L'IMPETO di Carlo Gustavo rotto, e respinto nella Polonia, inopinatamente si gittò sopra la Danimarca, la quale non preparata, vide gli Svedesi correre vittoriosi ogni parte di lei, infino a che la somma della guerra si ridusse intorno le mura della capitale, unico ed estremo asilo di una nazione quasi debellata. Pareva giunto il momento che le Svezia vendicasse con perpetua servitù l'antico giogo, ch' ella aveva portato degli odiati Danesi; pareva il tempo che la vasta Scandinavia servisse ad un sol Re, e și aduṇasse in una sola monarchia; pareva quasi che l'Europa inorridita ne presagisse, da' Goti più poderosi e men barbari, quelle invasioni, delle quali dura tuttavia la memoria in tanti magnifici vestigj di rovine, e di devastazione.

Non era la Danimarca meno oppressa, e meno sbigottita, che l'Italia dopo il fatal giorno di Canne, ed alla Danimarca non mancò Scipione, se lecito è di un medesimo nome

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