Immagini della pagina
PDF
ePub

It Bosco di Sylwald.

e

POCHI passi oltre Thalwild', incomincia a sorgere i} bosco d'abeti, che stendesi alla circonferenza di dodici miglia, e detto è Sylwald dal picciolo fiume Syle da cui è framezzato. Ha tratto tratto bizzarri e giganteschi aggruppamenti di piante, ove si mantiene quasi la notte sul bel mezzo giorno, e tratto tratto poi si dirada, e lussureggia in cespi di varia natura, più verso terra che per l'aria; là più spesso i cacciatori, e qui più spesso s'inoltrano i bisognosi di legna; è finalmente tagliato in diversi, e assai battuti sentieri, i quali, e servono a chi voglia traversarlo, adescano sommamente gli amici de' solitarj passeggi. Nel centro del bosco, ore scorre il Syle, incùpasi il terreno gradatamente, e prende forma di una valletta sparsa di piante fruttifere, e smaltata di picciole, ma pinguissime, praterie: da un fianco di essa valletta vicin del fiume sorge un albergo, in cui è impressa tanta semplicità pastorale, che maggiore forse non potè avervene all' età de' patriarchi tale semplicità però non esclude una certa agiatezza nelle parti interne. Arboscelli gentili, ma che non sembrano piantati, ricamano alcun poco la parte inferiore delle pareti, e la superiore tocca da due latî le trèmole cime di alcuni quasi trionfali alberi; i quali, benchè, lascino discreto spazio al passeggio fra i lor tronchi, e la casa, pur vengono sù dolcemente piegandosi, e proteggono della lor ombra alcune finestre, ed il soave sussurro delle foglie s'insinua di quando in quando per entro le camere. Lungo le rive del fiume son viali non già diritti, ma che serpeggiano, ora

[blocks in formation]
[ocr errors]

confinando coll' orlo della riva, ora da questa scostandosi ed inselvandosi alquanto, e prendendo fórma di labirinto, ove il mormorio delle acque, che ne vengon tolte alla vista, riesce ancor più grato agli orecchi: quà, e là alcuni vacui tronchi cambiati in sedili, ne' quali l'arte servi leggermente al comodo, e poi disparve. Un angusto ponte di legno stendesi sul fiume, e forma un agreste, ma così vago punto di prospettiva all'abitazione, ch'io non so qual paesista n'abbia immaginato un migliore.

L'abate DE' GIORGI BERTOLA. Elogio di Gessner.

Abitazione, e Sepolcro del Petrarca.

APPENA giunsi in Este, che tosto ricercai quanto fosse distante Arquà, luogo cèlebre per l'abitazione del Petrarca, ove di frequente ritiravasi, non tanto per farvi villaggiatura, quanto, fra l'anno ancora, per procurare la calma al burrascoso suo cuore, dandogli sfogo colle sue passionate canzoni; e luogo più famoso in fine, perchè colà vi mori. E rispostomi che vi erano due strade, l'una a cinque miglia a traverso di monti non troppo difficili, l'altra via ad otto miglia, che prendea più dolcemente il cammino, condiscendendo col lungo suo tratto ad una salita non disagevole, mi appigliai alla via più breve, che non ammettea che il viaggiar cavalcando, ed in compagnia di tre amici ce ne andammo, alteramente premendo il capo ai monti col piè trionfale dei nostri sommieri. Il viaggio fu ameno, perchè quando trattasi di monti, che ad ogni venti passi cangiano scena al gran teatro della natura, per me diviene una specie d'incanto che m'innamora. Per una gola di due opposte

Città del Padoano.

colline spuntò finalmente Arquà, che' al nostro guardo parea giacere alle falde di un' umida valle; ma l'altezza da cui il riguardammo cel presentò in un basso fondo, quando veracemente è rilevato sopra di un poggio, con un gruppo di case, or alte, or basse, secondo il diverso sorgere, o declinare del colle; e fra queste vedeasi un campanile levarsi in alto, che di lontano facea testimonianza, che colà eravi una chiesa a lui soggetta. Tanto ci consolammo al vederlo che il restante della tortuosa via, che fra i montani traguardi, ora nel discopriva, ed ora il nascondea, parve più breve.

Pervenuti in Arquà, io mi credea di vedere un luogo di delizie, se nen altro almeno per la vaghezza di un' amenissima situazione, che i pensieri avivasse di quel divino poeta. Ma nè l'uno nè l'altra. Poche case reggeansi con piè robusto quasi tutte le altre non tanto, mostravano la loro ruina, quanto ancor minacciavanla a chi lor passava vicino. Vedeansi alti muri di vivo sasso inossati, e questi caduti in parte, in parte cadenti: dove lo scheletro di un palagio, dove diversate colonne, e grossi massi dal tempo masticati, dalle cui larghe fenditure spuntavano l'erbe nascenti, con un misto di ruina atto a formarne un trofèo del tempo. I monti stessi, che lo rinserrano, e che gli si addossano intorno sono silvestri; rotti dai piccioli sassi, e dalle sassose scaglie incrostati, che mostrano l'irte spalle, ed il nudo ossame, sopra cui non havvi polpa di terra, che spieghi un filo d'erba, se non che a luogo a luogo quell' asperità viene interrotta da qualche verde arboscello che la consola. Ricercai tosto dell' abitazione del Petrarca, la quale mi fu indicata da uno di que' terrazzani, locata sopra un poggetto più alto. Colà mi condussi, e la trovai in arnese di migliore consistenza, e di una capacità non ristretta, che a que' tempi, in cui i si

gnori viveano contenti di una o due stanze, dovea certamente avere l'ambizione di essere nominata un palagio. Non è però che esso non debba umiliarsi all' ingresso, perchè partecipa di una disadorna spelonca, che al primo incontro scontenta. Passai in appresso in una sala non molto ampia, indi in altre due camere, l'una delle quali mette in un terrazzino di marmo di riquadrate pietre, che posano sopra tornati perducci, sul quale affacciandosi scòpresi valletta, e monte, e sotto l'occhio Arquà, che fra le rotte pietre, più che il diletto, desta la compassione. M'innoltrai, e pervenni in un' altra stanza, dove vidi la famosa gattina del Petrarca, e tanto da lui celebrata, che per gratitudine al suo amore imbalsamar fece egli stesso, e pose dentro un nicchio incavato sopra la porta di una terza picciola stanza, e contornato intorno di alcuni ìnarmi messi a disegno arabesco, all' immortale onore di quella, e della stirpe gattesca. L'ultima stanza infine era la destinata al suo studioso ritiro, quando alle dotte applicazioni il suo spirito consegnava. Riceve il lume da una finestra, che guarda a pochi passi distante un monte, che dell' alto ciglio all' ima falda altro non mostra che una scortese sterilità. In questa stanza havvi qualche manuscritto, la sèggiola del Petrarca, ed il suo armadio, e il tutto chiuso entro un gabbione di ferro, per impedire que' furti fatti altre volte dalla letteraria venerazione. Pende dal muro il suo ritratto, coperto il capo di un rosso cappuccio, che sembra congiunto alla sottovesta pur rossa, la quale avvolge di rosso le braccia ancora, e dalle spalle un' oscura cappa discendegli, che il petto incontra. Di faccia rotonda, di color bruno, d'occhio vivace, se non che mostra, qual esser dovea, una fisonomia malincònica. Vedesi altresi dall' altro canto del muro appeso il ritratto di madonna Laura, la quale se fosse stata di sem

bianze ad esso conformi, meritato già non avrebbe che tanto si stancasse la penna di quel poeta per celebrarla. A fianco di questa stanza àpresi una porticella che intromette in un gabinetto, il quale di fronte guarda un monticello così spelato, che pare implori l'erce, e le piante, a soccorso dell' ignuda sua pertà. Qui fu dove, a prospetto della picciola finestretta di questo stanzino, stavasi un giorno sopra uno scanno assiso il Petrarca, e appogiatosi al davanzale, e fattosi del braccio colonna, e coll' aperta mano formatosi guanciale al Capo, in alto di prender sonno, un fatal colpo il sorprese, che infaustamente il rapi; e così chiuse il giorno estremo. Veggonsi negli alti contorni di tutte le stanze, fascie impresse di pittoresche immagini rappresentanti il Petrarca nelle varie vicende della sua vita, e nelle sue poetiche trasformazioni. La soggetta parte di muro che non è dipinta, ma bensi nelle sue piaghe dalla calce alquanto ristorata, presenta distici, ottave, emblemi, sonetti, che i viaggiatori poeti tributarono al loro maestro, fra i quali havvene uno, avvivato da un fiore di eleganza poetica del Pontefice Clemente decimo terzo, colà recătosi per vescovile uffizio allorchè alla diocesi di Padova presedea. Così da me contemplata l'abitazione sino alle più umide sotterranee volte, il custode di essa mi presentò innanzi un grosso volume con penna, carta ed inchiostro; e domandatolo a che fare ciò mi recasse, rispose: « Fu sempre costume de' passeggieri lo scrivere su questo libro il loro nome: compiacetevi di aggiungervi ancora il vostro. » Presi il libro, e la curiosità scartabellare mi fece diverse pagine, e mi avenne di leggere nomi di Tedeschi, d'Inglesi, d'Ispani, di principi viaggiatori, e dei primarj letterati dell' Europa, che questo luogo illustrarono di loro presenza, ed i monumenti onorarono del gran poeta. Fra questi ebbi l'onore di accoppiarvi anche il

« IndietroContinua »