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chè se ne dica) le macchine più efficaci a movere il terrore ; e si adattavano maravigliosamente poi agli animi superstiziosi, e creduli de' suoi compatriotti. Forse allora, ed in ́animi di quella tempera, non faceva grande effetto la semplice morte violenta. Shakespeare le moltiplicò dunque fino alla nausea; diede agli assassini la rabbia sanguinaria, la brutalità, e lo scherno mostruoso. E quando si accorse che la sua udienza nè anche perciò si agitava, si commoveva, andò a cercare le forze motrici, per quei cori induriti, fino all' inferno. Mescolò prosa e verso, ed il triviale col sublime, con questa particolarità, che il suo triviale è appunto quello del basso volgo, il suo sublime, è quello di Longino. I suoi successori, il fiorito ed elegante, e poetico Dryden, il tenero Rowe (tenero però quanto gli permette il carattere nazionale), il fèrvido ma sconnesso Otway, il politico, e meditante Addison, e freddo (eccetto nel suo soliloquio di Catone)

Deliberatâ morte ferocior;

tutti procurarono d'imitare quel loro maestro. Non l'ottennero, o ben di rado nel caratteristico distintivo suo, nel grande, nel fiero, nel pittoresco, perchè non ebbero il suo ingegno talchè l'antico Shakespeare, l'Eschilo inglese, restò padrone della scena; ed ancora vi signoreggia, ancora fa arricciare i capelli agli spettatori, a dispetto d'èssersi, e ripuliti, e istruiti : perchè quando questo singolar poeta intende di spaventare, distrugge colle sue fiere, strette, vibrate espressioni ogni prevenzione, ogni difesa. A questo padre della tragedia sua si fermò l'Inghilterra ; questo suo Eschilo non fu seguitato da' Sofocli, e dagli

Euripidi. Sembra che la musa tragica abbi, morendo Shakespeare, pronunziato :

Thus far extend, thus far thy bounds,

O English stage !

CALZABIGI.

Il Governo Elvetico.

CHI il crederebbe ? Un governo, che ha meritati gli elogj ditutt'i filosofi, l'amore di tutti gli uomini, e l'ammirazione di tutta l'Europa ; un governo che per la sua saviezza par che pareggi colla natura, facendo il suo corso colla regolarità, e col silenzio degli astri; un governo, che circondato da varie potenze, alcune formidabili, altre ambiziose, ed altre deboli, senza dare spavento ad alcuna, esige il rispetto di tutte; una repubblica, che per la singolarità della sua costituzione, pel carattere, e pe' costumi de' suo individui, 1, per la natura, e situazione del suo territorio, per l'opportunità, e saviezza delle sue leggi ha combinati gli opposti vantaggi della forza, e della debolezza, dell' opulenza, e della povertà, della barbarie, e della coltura; che non teme, e non si fa temere; che ha grandi forze, e non ne può abusare; ch'è sobria in mezzo all' opulenza; generosa in mezzo al commercio ed all' industria; virtuosa, e guerriera in mezzo al raffinamento de' costumi e della pace; semplice in mezzo alle cognizioni ed alla più estesa coltura; tranquilla, quantunque divisa tra due religioni ed in due tempj questa repubblica, alla quale tutta l'antichità non

O scène anglaise! voilà tes bornes, tu ne pourras pas les franchir.

ci offre l'uguale; questo governo, che dovrebbe essere la scuola della legislazione, e de' legislatori; questa nazione, che profittar dovrebbe dell' altezza de' monti che abita, per mostrare agli altri popoli gl' istrumenti, i sostegni, ed i vantaggi della sicurezza, e della libertà; l'Elvezia, io dico, tollera ancora la tortura ne' suoi tribunali, e nelle sue leggi'.

GAETANO FILANGIERI. Scienza della Legislazione, tom. II, l. III, cap. X.

Gli Marroni, cioè, Guidatori detle Ramasse.

FRA gl' abitanti Alpini della Savoja molti ve n'hà che più duramente nati, e nudriti fra quelle balze, non vivono d'altro esercizio, che d'agevolare, dove fà più di bisogno, e specialmente di verno, a' passagieri le strade. Sono alti per lo più, vigorosi, ed agili sommamente di corpo, ma inculti, e rozzi di vita, in maniera, ch' anno quasi più del selvaggio, che dell' umano; e particolarmente sono si abituati nel trattare di continuo la neve, ed il giaccio, ch' altre tanto s'allegrano essi, quanto s'attrista ogn' altro di quegl' orrori; per comune vocabolo Marroni sono nominati. Dividonsi in compagnie, ciascuna delle quali un numero conveniente di rozze, e picciole sedie portatili ha sempre alla mano. Se la neve non è condensata in gelo, con passo più lento, e più ritenuto sù le accennate sedie portano i viandanti. Ma se il freddo ha congelata ben tenacemente la neve, appareggiano le sedie al suolo, e non le portano all'ora, ma le sospingono, e con tanta velocità spe

Carlo V emanò la legge che prescrive tra gli Svizzeri l'uso della tortura.

cialmente al discendere, ch' appena l'occhio presta fede al

rápido corso loro.

Memorie del cardin. Bentivoglio.

La Solitudine.

OVE l'uom mediocre, e senza virtù può goder nel mondo di qualche bene, la solitudine, al contrario, non convien propriamente che ad uno spirito non comune, ed ad una coscienza non agitata. Certo, parecchi non dubitarono d'asserire, che la felicità umana consiste nell' uscire il più ch'è possibile di se stessi, onde sentire il men ch'è possibile l'insufficienza propria; la qual diffinizione, come che non abbia nulla di nobile, e di consolante, non lascia però, considerata la più parte degli uomini, d'esser vera. Vedete là colui, ch' esce di casa si frettoloso? Non è tanto per cercar gli altri, quanto per fuggir se medesimo. Ma che felicità infelice è mai quella, che dagli altri dipende ? II Solitario all' incontro, che ha un bene non precario, ma suo, o sarà un selvaggio, ed una fiera più che altro, o non volgare uomo: perchè come vivere con sè stesso, se non è contento di se, se ha rimorsi, se non basta a se medesimo, e non sa nutrirsi, per così dire, della sua propia sostanza ? Quindi il pensier d'Aristotile : ch' esser dee o da meno, o da più che uomo; pensiero poeticamente rinforzato dal Milton, ove cantò, che la perfetta solitudine è propria del solo Dio. Ippolito PindEMONTE. Lettere campestri.

La Campagna.

O CAMPAGNA, O Soggiorno di quiete pieno, e d'ammaestramento, di voluttà pura, e d'ozio erudito, dammi ch' io

possa nel riposato, e sicuro tuo seno quella salute riavere, che da qualche tempo ho perduta. Da te sola io l'aspetto; giacche è pur tua la fresca, e purgata atmosfera, nella quale io passeggio; tue sono le acque, in cui soglio entrar giornalmente; de' tuoi armenti è quel late, di cui fo uso, e tu stessa m'inviti a quel cibo pitagòrico, e verde, quale sei tu : oltre che qui la mia vita, come tranquillo lago ed immobile, non sarà, dirò così, da molesto pensier veruna increspata. Ma da te aspetto più ancora: Ma v'è un' altra salute ancor più importante, e più bella. Te dovrò ringraziare, se, come corretta l'acrimonia de' miei umori, così le inclinazioni del cuore avrò migliorate; se, come il villano taglia i rami, e netta il campo da' pruni, così io reciderò gl' inutili desiderj, ed ogni pungente cura dall' animo estirperò, dall' animo sereno, e ridente, come questo cielo : perchè tu sei madre di raccoglimento, e meditazione; perchè ci richiami all' antica semplicità ed innocenza; perchè lo spirito, dopo essersi allargato, e sparso sulla varia tua immensità, torna, e si ristringe in noi più vigoroso, e più attivo; finalmente perchè prendendo a considerar gli uomini, cui sciolto da tante catene, e come da isolata specula, posso veder meglio, imparo a conoscer meglio gli altri, e mè stesso.

LO STESSO. Lettere campestri.

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