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La Varietà.

MENTRE ch' io stava pensoso, e con la penna ora in mano sospesa, ed ora intingendola nelle spugne, senza risolvermi a formare parola in carta, ecco che di subito, non so donde, nè come entrata nella stanza mia, mi vidi a comparire innanzi una femmina di si mirabile condizione, che a pena credo di poterla descrivere. Era la faccia sua di mutabile apparenza, per modo, che' non potrei ben bene sapere, nè dire s'ella fosse giovane, o vecchia, bella, o brutta, bianca, o bruna, perch'ella avea tutte queste qualità, l'una dietro all' altra, ed in poco tempo dall' una all' altra passava. A questa improvvisa visione ognuno penserà, ch' io fossi tocco da una repentina paura; ma non fu vero, poichè quella sua continua mutabilità, e tramutazione, destò in me tanta maraviglia, e si quella novità mi prese il cuore, ch' io la guardava con infinito diletto, e non potea spiccare gli occhi da lei, sperando di vederla, di tempo in tempo, a cambiarsi. La veste sua era di più colori, e questi ancora divenivano altri colori in un momento. E che vi dirò io più? Che quando la cominciò à favellar meco, ella mandava fuori della gola ora una vočina di femmina, ed ora una voce di maschio, e talvolta lieta, e tal altra malincònica favellava, sicchè il fatto suo era una grandissima stravaganza. Finalmente, avendomi ella guardato qualche tempo in faccia tramutandosi, e domandandole io chi ella fosse,

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ed a chè venuta, rispose: « Sappi che tu vedi davanti a te colei, che più di ciascun' altra donna è dal pubblico amata, e quella, che nel corso dell' umana vita porge soccorso di ricreazione alle genti. Io sono colei, che ne' dilettevoli giardini, e ne' dorati palagi non solo, ma anche fra monti, e nelle valli, e nelle selve, sò far trovare a' riguardanti il diletto, e pongo mano nelle tele dipinte, nelle invenzioni de' poeti, de' romanzieri, e nelle fatture de gli artefici; lequali, colà dove io non sono, riescono tutte nojose, e d'un tedio mortale. Per cagion mia si trovano le cose nuove, chè, se non foss' io, il mondo sarebbe contento delle vecchie ma quando delle nuove n'è stato ritrovato assai, fo porre mano alle antiche, e le torno a dissotterrare, e queste state dimenticate riescono come nuove, e piacciono. E tu dei anche sapere più là, che tenendo io il cuore umano in un continuo esercizio, ed in ammirazione ora di questa novità, ed ora di quella, nè mai lasciandolo arrestare in una sola, lo mantengo voglioso, vivace, ed operativo, sicchè non ha luogo in lui la noja, che proverebbe, s'egli stesse sempre saldo in uno stato. Guai a te, se non ti consigli mcco, mentre che tu scrivi, guai a te! ora per esempio veggo benissimo, che ti trovi impacciato in qual forma dei dettare questi tuoi fogli; ma, se tu vuoi affidarti à me, spera, che le cose tue non avranno mal effetto. »—« Oh ! diss' io allora, tu se' appunto venuta per mio conforto, e poichè mi prometti cotanto, perchè non vuoi tu, ch' io t'ubbidisca? Io sarò tuo servo e schiavo in eterno. Dimmi quello 'ch'io debba fare. » Allora ella, preso un tuono maestoso, e fatta una faccia grave, e tramutato il suo vestito in più varj colori, che l'arcobaleno, disse: -« -«Io sono la Varietà. Imita la faccia mia, ed i miei vestimenti ; » e cosi detto disparve. Il conte GASPARO GOZZI.

La Russia.

L'ALTRO giorno io udiva da non so chi rappresentare la Russia sotto la immagine di un grand' orso bianco, le cui zampe di dietro stanno fitte nel lido del mar Glaciale, e la coda vi è immersa dentro, il griffo lo ha posato al mezzodi verso la Turchia e la Persia, e con l'una zampa, e con l'altra dinanzi si stende lungi a levante, ed a ponente.

Quest' orso, gli uomini grandi del Norte, Oxestierna, e Federigo Guglielmo elettore di Brandenburgo non volevano slegarlo, dicevan essi, irritarlo, e farlo rizzare in piedi. Carlo XII lo aizzò; e col batterlo più di una volța, gl' insegnò a divorar parte de' suoi ștati, e lo rese noto, e terribile all' Europa.

Il conte ALGAROTTI. Viaggi di Russia.

L'Amore e l' Interesse.

NARRANO le antiche istorie delle Deità, che trovaronsi un giorno nel palagio d'un ricchissimo uomo l'Interesse, e l'Amore; e tutt' a due quivi aveano faccenda a pro del padrone. Soprintendeva l'Interesse agli affari. di lui, e faceva le ragioni dell'entrata, e dell' uscita, con tanta avvertenza, ed accuratezza, che tutte le cose quivi prosperavano. Dall' altro lato l'Amore, secondo la piacevolezza del suo costume, avea condotto il padrone della casa ad amare la più bella, e la più vistosa fanciulla, che mai si fosse veduta al mondo; e rideva in faccia all' Interesse, perchè la giovanetta, come che avesse in sè ogni perfezione di bellezza, la non era perciò ricca, nè avea altri beni, fuorchè quelli de' suoi vaghissimi occhi, d'una faccia

veramente celeste, e d'una statura, ed-un portamento di persona, che pittore o statuario non avrebbe potuto fare con l'invenzione quello, che in lei avea fatto natura in effetto.

Non potea sofferire l'Interesse, che per opera del baldanzoso fanciullo gli fosse tolta dalle mani una ricca dote, la quale avea egli più volte già noverata coll' immaginazione; e se avesse potuto, l'avrebbe co' denti trilato, tanto era l'odio che avea conceputo contro di lui. Contuttociò facendo quel miglior viso che potea, e pensando in suo cuore in qual modo potesse far sì, che Amore non avesse più autorità di comandare agli umani cuori, quello ch'egli volea trovò, come colui che tristo e malizioso era, un inganno di questa sorta. Posesi un giorno a sedere con un mazzo di carte in mano, e quasi per ischerzo mescolandole. e facendole l'une fra l'altre entrare, giuocava da sẻ a sè alla bassetta, con un monte di monete da un lato, tutte d'oro, che ardeva, e coniate allora allora, che avrebbero invogliato un romito. Amore a poco a poco accostàtosi, pose certi pochi quattrini in sui primi punti, i quali l'Interesse, che avea nelle uncinate mani ogni maliziosa perizia, glieli lasciò vincere per maggiormente adescarlo; ma poi cominciò a tirare acqua al suo mulino, tanto, che Amore riscaldatosi si diede a poco a poco al disperato, ed ad accrescere le quantità, sperando pure che la mala fortuna si cambiasse in buona. Ma era tutt' uno; ed in brevissimo tempo Amore si ritrovò senza un quattrino, e con maggior voglia di giuocare di prima. Che volete voi più? Avendo egli già giuocato ogni cosa, pose sopra un maladetto asso fino l'armi sue, ed avendo quelle perdute, vi lasciò finalmente l'arco, le saette, il turcasso, e finalmente le penne dell' ali; per modo che vergognandosi di mai più comparire dinanzi a Venere sua

madre, s'intanò, e nascose per modo, che non si sà poi più dove andasse. L'Interesse della vittoria tutto lieto, si legò le penne alle spalle, come potè, e prese l'armi d'Amore, va oggidi in cambio del legittimo padrone di quelle, adoperandole, secondo che gli pare, che vi sia da far guadagno, e da chi non è informato dell' istoria, vien Amore creduto. LO STESSO.

Seguito dello stesso argomento.

DAPPOICHÈ Amore venne dalla casa, in cui abitava, discacciato, fuggitosi dalla città, ed abbandonati i ricchi palagi, e le grandi abitazioni, andò fra le ùmili capanne, dove provveduto d'altre arme dalla madre, incominciò & vivere co' semplicetti pastori. E tanto gli piacque la novella vita, che da indi in poi, non si parti più da' boschi; tanto più, che colà non temè d'aver a vedere la faccia di quell' astutaccio Interesse, che l'avea alla trappola malamente condotto. Ma peggio avvenne ancora per calamità degli uomini abitatori delle città, e ciò fu, che la Pace, la quale è compagna del vero Amore, non potendo più durare, nè vivere in compagnia dell' Interesse, che facea le veci di quello, trovandosi ogni giorno minacciata, alterrita combattuta, prese finalmente una subita risoluzione; e lasciati i dorati alberghi, e le marmoreé colonne che le sostenevano, se n'andò anch' ella a far compagnia al fuggito figliuolo di Venere, e s'accasò fra' pastori. Rimase allora in un gravissimo impaccio ravvilupato l'Interesse, imperciocchè continuamente erano alle mani le mogli co' mariti, i padri co' figliuoli, questi co' padri ; e poco mancava, che non si sgozzassero i fratelli insieme, e si avvelenassero le sorelle l'une con l'altre. Della qual cosa grave

e

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