Immagini della pagina
PDF
ePub

convengono alla natura vostra. Si che non ti affaticar più, Ulisse; che io per me sono un di quegli, che voglio più tosto morirmi, che ritornare uomo.

ULISSE.

Eh! Talpa mia, tu arài fatto ancor tù, come io dissi a quella òstrica; tu arài perduto a un tempo medesimo l'effigie di uomo, e la ragione. E se tu vuoi veder, s' egli è il vero quel ch'io ti dico, considera che animali voi siete : che se voi fuste pur perfetti, io direi che voi aveste qualche ragione.

O che ci manca egli?

TALPA.

ULISSE.

Come che vi manca ? a lei il senso dell' odorato, e dell' udito, e quello che è più, il potersi muovere da un logo ad un' altro E a tè il vedere, che sai quando ei merita d'essere avuto in pregio : dandoci egli notizia di più differenze di cose, che alcuno altro sentimento.

TALPA.

Oh! per questo non siamo noi imperfetti, ma siamo chiamati cosi da voi, a rispetto di quegli, che gli hanno tutti. Ma imperfetti saremo noi, se noi mancassimo di alcuno. di quegli, che si convengono alla spezie nostra.

ULISSE.

Or non sarebbe ei meglio averli ?

TALPA.

Non a me il vedere come Talpa, nè a lei l'odorare o l'udire, o il potere andare da luogo a luogo come l'òstrica, e, se tu ne vuoi saper la ragione, ascolta. Dimmi un poco,

perch'è dato a vuoi il potersi movere da un luogo ad un' altro, se non per andare per quelle cose che vi mancano ?

ULISSE.

Certamente che la natura non ce l'ha dato per altro. E però si dice che ogni moto nasce dal bisogno.

TALPA.

Adunque, se voi aveste appresso di voi ciò che voi ave di bisogno, voi non vi movereste ?

Ed a che fare?

ULISSE.

TALPA.

Ch'a bisogno adunque quella òstrica del moto locale, se ell' ha quivi tutto quel che le bisogna ? E similmente dell' odorare, porgendole la natura di che cibarsi, senza avere a ricercare qual cosa l'è a proposito, e qual nò: E io similmente, volendo stare sotto la terra, dove io ritrovo il mio contento, che bisogno ho io del vedere ?

ULISSE.

Se bene ei non t'è necessario, tu debbi pure aver voglia d'averlo.

TALPA.

E perché? Non essendo egli conveniente alla natura mia, a me basta essere perfetta nella mia spezie. Come desideri tu lo splendore che ha una stella ? ò l'ale che ha uno uccello?

ULISSE.

Queste son cose che non si convengono agli uomini.

TALPA.

E se gli altri uomini le avessino, tu le desidereresti.

Si, credo io,

ULISSE.

TALPA.

Ed il simile farei io, se l'altre Talpe vedessino; dove non vedendo l'altre, io non vi penso, e non lo desidero. Si che non ti affaticar più in persuadermi, che io ritorni uomo: perch' essendo io perfetta in questa mia spezie, e vivendomi senza un pensiero al mondo, io mi ci voglio stare : perchè io ci trovo molto manco dispiaceri, che io non faceva nella vita umana. Và adunque a fatti tuoi, che io mi voglio ritirar un poco più sotto terra.

Battista Gelli. La Circe, dialogo I.

Detta patria degli Italiani.

NELLA bottega del nostro Demetrio s'introdusse jer l'altro un incognito, il quale nella sua presenza, e fisonomia portava seco quella raccomandazione, per cui esternamente lampeggiano le anime delicate, e sicure; e fatti i dovuti offizj di decente civiltà si pose a sedere, chiedendo il Caffè. Si ritrovava vicino a lui un giovine appellato Alcibiade, altrettanto persuaso, e contento di se stesso, quanto meno persuasi, e contenti erano gli altri di lui : vano, e ciarliere a tutta pruova. Guarda egli con un certo insultante sorriso di superiorità l'incògnito, indi gli chiede. S'egli era forestiere? Questi con un'occhiata da piedi come un baleno, squadra l'interrogante, e con di composta, e decente franchezza risponde: «Nò, Signore.

decidente,

capo

a'

aria

[blocks in formation]
[ocr errors]

- No, Signore,

non sono Milanese, soggiunse questi. A tale risposta, atto di maraviglia fa Alcibiade, e ben con ragione, perchè tutti noi, che eravamo presenti, colpiti fumino dalla introduzione, e dalla novità di questo dialogo. Dopo la maraviglia, e dopo la più sincera protesta di non intendere, si ricercò dal nostro Alcibiade la spiegazione. Sono Italiano, rispose l'incognito, ed un Italiano in Italia non è mai forestiere; come non lo è in Francia un Francese, in Inghilterra un Inglese, un Olandese in Olanda, e così discorrendo. Si forzò Alcibiade di addurre in suo soccorso l'universale costume d'Italia di chiamare col nome di forestiere chi non è nato, e non vive dentro il recinto d'una muraglia; perchè l'incognito, interrompendolo, replicò. Frà i pregiudizj dell' opinione c'è certamente anche questo, nè mi maraviglio di ciò, se non allora che abbracciato lo veggo dalle persone di spirito, come parmi che siete voi : le quali con la riflessione, con la ragione, e col buon senso dovrebbero aver a quest' ora trionfato dell' ignoranza, e della barbarie. Ma fatemi grazia, disse Alcibiade, voi non siete soggetto alle leggi di Milano; e la diversità delle leggi è quella che distingue la nazionalità. — Le leggi universali, e generali sono, rispose l'incognito, fatte per tutti, e tutti ugualmente dobbiamo obbedirle : ma se, sotto nome di leggi voi intendete le costituzioni, e statuti di un paese, io ho l'onore di dirvi che, sino a tanto che io dimoro in Milano, sono a questi soggetto quanto lo siete voi; mentre, s'io avessi per mia disavventura una lite civile o criminale, sarei giudicato a tenore di questi statuti, e non di quelli sotto a' quali sono nato : così alla fine del carnovale mangio in buona coscienza di grasso, vò in maschera, al ballo, al teatro nei giorni ne' quali, per tutto il rimanente d'Italia,

[ocr errors]
[ocr errors]

e della cristianità di comunione Romana, è proibito tutto questo e come giorni di quaresima si va a prèdica, si mangia di magro, e si digiuna. Tutto quel che volete, replicò Alcibiade: ma è certo che voi non siete Milanese, e chi non è Milanese, è in Milano considerato un forastiere. -Sorrise l'incognito, e dopo breve pausa riprese Voi, Signore, siete Italiano? Alcibiade affermò che si. - Io pure sono Italiano, disse l'incògnito; dunque siamo della medesima nazione; abbiamo amendue il medesimo linguaggio, la medesima religione, i medesimi costumi, le medesime leggi generali che importa che voi siate nato fra certe case situate in certo punto d'Italia, ed io fra certe altre? Che importa, che voi stando qui mangiate di grasso, ed andiate in maschera i primi giorni di quaresima, e che io, stando altrove mangi di magro, e digiuni ? Altro è che vi chiamiate Milanese, ed io mi chiami Bergamasco, Fiorentino, Napolitano, come Antonio, Paolo, o Francesco: ed altro ch'io qui, e voi fuori di quà dobbiamo essere amendue egualmente forestieri. Forestiere in Italia è l'Inglese, è l'Olandese, è il Russo; perchè diversi di noi pel clima, per originalità, pel linguaggio, per la religione, e per leggi. Ora se a questi si dà con ragione il titolo di forastieri, come potete immaginarvi che il medesimo titolo debba darsi ad un Italiano in Italia, allorchè si ritrova a dieci passi lungi dal luogo della sua nascità ? »

le

« La conversazione divenne interessante, e fu qualcheduno de' nostri, il quale, approvando le proposizioni dell' incognito, s'introdusse nel dialogo: riflettendo, che certamente era strano, e pernizioso quel genio, che rende gl' Italiani quasi inospitali, e nimici di lor medesimi; donde per conseguenza, deriva l'arenamento delle arti, e delle scienze, e ne viene un impedimento fatale alla gloria nazionale; la

« IndietroContinua »