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ed indíritte dagli uomini più savj, più pratichi, e più gravi, i quali le governeranno con altro ordine, con altro segreto, e con altra maturità, che non farebbe il popolo incapace delle cose, talvolta, quando manco bisogna; profusissimo nello spendere, talvolta ne' maggiori bisogni tanto stretto, che spesso per piccolissimo risparmio incorre in gravissime spese, e pericoli. Ed è importunissima l'infermità d'Italia, e particolarmente quella della patria nostra però, che imprudenza sarebbe, quando bisognano i medici più periti, e più esperti, rimettersi in quelli, che hanno minore perizia ed esperienza? È da considerare in ultimo, che in maggiore quiete manterrete il popolo vostro, più facilmente lo condurrete alle deliberazioni salutifere a sè stesso, ed al bene universale, dandogli moderata parte, ed autorità : perchè rimettendo a suo arbitrio assolutamente ogni cosa, sarà pericolo non diventi insolente, e troppo difficile, e ritroso a' consigli de' vostri savj ed affezionati cittadini.

Guicciardini. Ist. d'Italia.

Domenico Moresino sconsiglia la guerra con
Massimiliano.

PERCIOCCHÈ più magistrati erano i quali avvisavano che fosse bene di fare a Massimiliano guerra, con l'oste ne' suoi fini entrando; M. Domenico Moresino, procurator di San Marco, uomo prudente, e per soprannome e per la verità savio, ad avvertire e pregare i Padri incominciò, che ciò farsi non permettessero : Le città della Magna di sua ragione e libere a male avere, che Massimiliano le arme usi incontro alla Repubblica, possendo egli la pace godersi quelle medesime, se guerra a lui si farà, dovere. ciò con lor molestia sentire, nè sopportare il nome e la di

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gnità del suo Re punta e lacerata essere: non molto gravi essere le ingiurie da lui fatte alla Repubblica; e di quelle nondimeno, per beneficio di nostro signor Dio, avere egli dato pena ad essa Repubblica; tutta quella sua gente nel Frigoli tagliata, e consumata essere stata Cadore e la Chiusa ricuperate: sopra Verona nulla cosa presa, nulla perduta, nè vergogna veruna ricevuta. E se di ciò, disse, ei terrem contenti, gran frutto della nostra continenza riceveremo, e ciò fia la benivolenza di tutti i popoli della Germania, la qual Germania nel vero col pigliarsi delle nostre vettovaglie, e col darne e ricever da noi delle mercanzie, e per la comunicazione di moltissime cose, in modo è con noi congiunta e legata, che di lei grandi rendite alla Repubblica per conto delle gabelle, e grande utilità privatamente in ogni qualità di cittadini torna ed è importata. Lodevole cosa è per certo con guerra superare i nimici, i fini dello' impero dilungare : ma molto più è, se stessi contenere e vincere, e l'opinione e la voce d'esser giusti e moderati e gravi appo tutti gli uomini accrescere, e largamente mandare innanzi : gli avvenimenti delle guerre dalla fortuna il più si reggono, che è sdrucciolosa ed incerta : i consigli fatti con prudenza stabile fine hanno : e sempre più giovare con la constanza e maturità loro, che quelli frutto di sè con l'impeto rechino.

PIETRO Bembo. Della Istoria Viniziana, 1. VII.

Oratori mandati dai Genovesi a Luigi XII, Re di

Francia.

IL vigesimo nono di aprile (1506), entrò in Genova la persona del Re con tutte le genti d'arme, ed arcieri della guardia, ed egli a piede sotto il baldacchino armato tutto

di armi bianche con uno stocco nudo in mano al quale si fecero incontro gli Anziani con molti dei più onorati cittadini, i quali essendosegli gittati innanzi ai piedi con molte lagrime, uno di loro, poichè alquanto fu fatto silenzio, in nome di tutti parlò così:

« Noi potremmo affermare, cristianissimo e clementissimo Re, che se bene al principio delle contenzioni con i nostri gentiluomini, intervenne quasi la maggior parte dei popolari, nondimeno che l'esercitarle insolentemente, e molto più la contumacia, e la inubbidienza ai comandamenti regj procedette solamente dalla feccia della infima plebe, la temerità della quale nè noi, ne gli altri cittadini, e mercatanti, ed artefici onesti potremmo mai raffrenare; e però che qualunque pena s'imponesse, o alla città, o a noi, affliggerebbe gl' innocenti senza detrimento alcuno degli autori e partecipi di tanti delitti, i quali mendichi di tutte le cose, e vagabondi, non sono tra noi in numero di uomini, non che di cittadini, nè hanno essi questa infelice città in luogo di patria : ma la intenzione nostra è, lasciate in dietro tutte le scuse, non ricorrere ad altro, che alla magnanimità, ed alla pietà di tanto Re, in quella sommamente confidare, quella umilissimamente supplicare, che con quell' animo col quale perdonò ai falli molto maggiori dei Milanesi, si degni volgere quegli occhi pietosi verso i Genovesi pochi mesi innanzi felicissimi, ora esempio di tutte le miserie ricordatevi con quanta gloria del vostro nome fu allora per tutto il mondo celebrata la vostra clemenza, e quanto più sia degno confermarla, usando simile pietà, che incrudelendo oscurarla: ricordatevi che da Cristo redentore di tutta la umana generazione derivò il cognome vostro di Cristianissimo, e che però a imitazione sua vi si appartiene esercitare sopra ogni cosa la clemenza e la mise

ricordia propria a lui. Siano grandissimi quanto si voglia i delitti commessi, siano inestimabili, non saranno giammai maggiori della pietà e della bontà vostra voi nostro Re rappresentate tra noi il sommo Dio con la dignità e con la potenza (perchè, che altro che Dii sono i Re tra i sudditi loro)? E però tanto vi si appartiene rappresentarlo medesimamente con la similitudine della volontà e delle opere, delle quali nessuna è più gloriosa, nessuna più gratą, nessuna fa più ammirabile il nome suo, che la misericordia. »

Seguitarono queste parole le voci alte di tutti, gridando misericordia : ma il Re camminò innanzi, non dando risposta alcuna, benche comandando si levassero di terra, e deponendo lo stocco, che aveva nudo in mano facesse segno di animo piuttosto inclinato alla benignità.

GUICCIARDINI. Istoria d'Italia, 1. VII.

Gaston di Fois, al suo esercito, prima di dare la battaglia detta di Ravenna.

QUELLO che, soldati miei, noi abbiamo tanto desiderato di potere nel campo aperto combattere con gl'inimici, ecco. che questo giorno la fortuna, stàtaci in tante vittorie benigna madre, ci fa largamente conceduto, dandoci la occasione di acquistare con infinita gloria la più magnifica vittoria, che mai alla memoria degli uomini acquistasse esercito alcuno; perchè non solo Ravenna, non solo tutte le terre di Romagna resteranno esposte alla vostra discrezione, ma saranno parte minima dei premj del vostro valore conciossiache non rimanendo più in Italia chi possa opporsi alle armi vostre, correremo senza resistenza alcuna insino a Roma; ove le ricchezze smisurate di quella scellerata corte, estratte per tanti secoli dalle viscere dei cristia

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ni, saranno saccheggiate da voi : tanti ornamenti superbissimi, tanto argento, tanl'oro, tante gioje, tanti ricchissimi prigioni, che tutto il mondo avrà invidia alla sorte vostra. Da Roma con la medesima facilità correremo insino a Napoli, vendicandoci di tante ingiurie ricevute la quale felicità io non so immaginarmi cosa alcuna, che sia per impedircela, quando io considero la vostra virtù, la vostra fortuna, le onorate vittorie, che avete avute in pochi giorni; quando io riguardo i volti vostri, quando io mi ricordo, che pochissimi sono di voi, che innanzi agli occhi miei non abbiano con qualche egregio fatto data testimonianza del suo valore. Sono inimici nostri quei medesimi Spagnuoli, che per la giunta nostra si fuggirono vituperosamente di notte da Bologna sono quegli medesimi, che pochi giorni sono, non altrimenti, che col fuggirsi alle mura d'Imola e di Faenza, o nei luoghi montuosi e difficili, si salvarono da noi. Non combattè mai questa nazione nel regno di Napoli con gli eserciti nostri in luogo aperto ed eguale, ma con vantaggio sempre, o di ripari, o di fiumi, o di fossi; non confidàtisi mai nella virtù, ma nella fraude, e nelle insidie : benchè questi non sono quegli Spagnuoli inveterati nelle guerre Napoletane, ma gente nuova, ed inesperta, e che non combattè mai contro ad altre armi, che contro agli archi, e le frecce, e le lance spuntate dei Mori; e nondimeno rotti con tanta infamia da quella gente debole di corpo, timida di animo, disarmata, ed ignara di tutte le arti della guerra, l'anno passato all' isola delle Gerbe, dove fuggendo questo medesimo Pietro Navarra, capitano appresso a loro di tanta fama, fu esempio memorabile a tutto il mondo, che differenza sia a far battere le mura con l'impeto della polvere, e con le cave faite nascosamente sotto terra, a combattere con la vera animosità e fortezza. Stanno ora rinchiusi dietro

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