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al pontificato per le discordie, che erano tra i cardinali Ascanio Sforza, e Giuliano di San-Piero in Vincola, e molto più perchè con esempio nuovo in quella età comperò palesamente, parte con danari, parte con promesse degli ufficj et beneficj suoi, che erano amplissimi, molti voti di cardinali; i quali disprezzatori dell' evangelico ammaestramento, non si vergognarono di vendere la facoltà, e di trafficare col nome dell' autorità celeste i sacri tesori nella più eccelsa parte del tempio. Indusse a contrattazione tanto abbominevole molti de' loro il cardinale Ascanio; ma non già più con le persuasioni e co' prieghi, che con l'esempio: perchè corrotto dall' appetito infinito delle ricchezze, patteggiò per sè, per prezzo di tanta scelleratezza, la vicecancellaria, ufficio principale della corte romana, chiese castella, ed il palagio di Roma, pieno di mobili di grandissima valuta. Ma non fuggi perciò nè poi il giudicio divino, nè allora l'infamia ed odio giusto degli uomini, ripieni per questa elezione di spavento e d'orrore, per essere stata celebrata con arti si brutte; e non meno perchè la natura e le condizioni della persona eletta erano conosciute in gran parte da molti ; e tra gli altri è manifesto, che il Re di Napoli, benchè in pubblico il dolore conceputo dissimulasse, significò alla Reina sua moglie con lagrime, dalle quali era solito astenersi eziandio nella morte de' figliuoli, esser creato un Pontefice, che sarebbe perniciosissimo al' Italia ed a tutta la repubblica cristiana. Pronòstico veramente non indegno della prudenza di Ferdinando; perchè in Alessandro Sesto (cosi volle essere chiamato il nuovo pontefice), fu solerzia e sagacità singolare, consiglio eccellente, efficacia a persuadere maravigliosa, ed a tutte le faccende gravi sollecitudine e destrezza incredibile. Ma erano queste virtù avanzate di grande intervallo da vizj :

costumi oscenissimi, non sincerità, non vergogna, non verità, non fede, non religione, avarizia insaziabile, ambizione immoderata, crudeltà più che barbara, ed ardentissima cupidità di esaltare, in qualunque modo, i figliuoli, i quali erano molti, e tra questi qualch' uno ', acciocchè a eseguire i pravi consigli non mancassero pravi instrumenti, non meno detestabile in parte alcuna del padre.

GUICCIARDINI. Istoria d'Italia, lib. I.

Giovanni de' Medici.

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In questo tempo (1429), Giovanni de' Medici ammalò, e conoscendo il mal suo mortale, chiamò Cosimo e Lorenzo suoi figliuoli, e disse loro - «Io credo esser vivuto quel tempo, che da Dio e dalla naturà mi fu al mio nascimento consegnato. Muojo contento, poichè io vi lascio ricchi, sani, e di qualità, che voi potrete, quando voi seguitiate le mie pedate, vivere in Firenze onorati, e con la grazia di ciascuno. Perchè niuna cosa mi fa tanto morir contento, quanto mi ricordare di non aver mai offeso alcuno, anzi piuttosto, secondo ch' io ho potuto, beneficato ognuno. Così conforto a far voi. Dello stato, se voi volete vivere sicuro, taglietenë quanto ve ne è dalle leggi e dagli uomini dato, il che non vi recherà mai nè in◄ vidia nè pericolo, perchè quello che l'uomo si toglie, non quello, che all' uomo è dato ci fa odiare ; e sempre ne avrete molto più di coloro, che volendo la parte d'altri perdono la loro, ed avanti, che la perdino vivono in continui affanni. Con queste arti io ho tra tanti nimici, tra tanti dispareri, non solamente mantenuta, ma accresciuta la

Cesare Borgia.

riputazione mia in questa città. Cosi quando seguitiate le pedate mie, manterrete ed accrescerete voi; ma quando facesti altrimente, pensate che il fine vostro non ha a essere altrimenti felice, che sia stato quello di coloro che nella memoria nostra hanno rovinato sè, e distrutta la casa loro. »

pace

Mori poco dipoi, e nell' universale della città lasciò di se un grandissimo desiderio, secondo chè meritavano le sue ottime qualità. Fu Giovanni misericordioso, e non solamente dava elemosine a chi le domandava, ma molte volte al bisogno de' poveri senza essere domandato soccorreva. Amava ognuno, i buoni lodava, e de' cattivi aveva compassione. Non domandò mai onori, ed ebbegli tutti. Non andò mai in palagio se non chiamato. Amava la e fuggiva la guerra. Alle avversità degli uomini sovveniva, le prosperità ajutava. Era alieno dalle rapine pubbliche, e del bene comune aumentatore. Ne' magistrati grazioso, non di molta eloquenza, ma di prudenza grandissima. Mostrava nella presenza melanconico, ma era poi nella conversazione piacevole e faceto. Mori ricchissimo di tesoro, ma più di buona fama e di benivolenza. La cui eredità così de' beni della fortuna, come di quelli dell' animo, fu da Cosimo non solamente mantenuta, ma accresciuta. MACCHIAVELLI. Istoric Fiorentine, lib. IV.

Cosimo de' Medici.

VENUTO l'anno 1464, Cosimo riaggraviò nel male, di qualità che passò di questa vita. Dòlsonsi della morte sua gli amici ed i nimici, perchè quelli che per cagione dello stato non l'amavano, veggendo quale era stata la rapacità de' cittadini vivente lui, la cui riverenza gli faceva meno in

sopportabili, dubitavano mancato quello non

essere al

tutto rovinati e distrutti. Ed in Piero suo figliuolo non confidavano molto; perchè nonostante che fusse uomo buono, nondimeno giudicavano che per essere ancora lui infermo e nuovo nello stato, fusse necessitato ad avere loro rispetto, talchè quelli senza freno in bocca potessero essere più strabocchevoli nelle rapacità loro. Lasciò pertanto in ciascuno di sè grandissimo desiderio. Fu Cosimo il più riputato è nomato d'uomo disarmato, ch' avesse mai non solamente Firenze, ma alcun'altra città di che si abbia memoria; perchè non solamente superò ogni altro de' tempi suoi d'autorità e di ricchezze, ma ancora di liberalità e di prudenza; perchè tra tutte l'altre qualità, che lo feciono principe nella sua patria, fu l'essere sopra tutti gli altri uomini liberale e magnifico. Apparve la sua liberalità molto più dopo la morte sua, quando Piero suo figliuolo volle le sue sostanze riconoscere; perchè non era cittadino alcuno, che avesse nella città alcuna qualità, a chi Cosimo grossa somma di danari non avesse prestata; e molte voltę senzą essere richiesto, quando intendeva la necessità d'un uomo nobile lo sovveniva. Apparve la sua magnificenza nella copia degli edificj da lui edificati; perchè in Firenze i conventi ed i tempi di S. Março e di S. Lorenzo, ed il monasterio di santa Verdiana, e ne' monti di Fiesole S. Girolamo e la Badia, e nel Mugello un tempio de' frati minori non solamente instaurò, ma da' fondamenti di nuovo edificò, Oltra di questo in santa Croce, ne' Servi, negli Agnoli, in S. Miniato fece fare altari e capelle splendissime, i quali tempi e capelle oltre all edificarle, riempiè di paramenti e d'ogni cosa necessaria all' ornamento del divin culto. A questi sacri edificj s'aggiunsero le private case sue, le quali sono, una nella città di quello essere, che a tanto citta

dino si conveniva ; quattro di fuori a Careggi, a Fiesole, a Cafaggiuolo ed al Trebbio, tutti palagi non da privati cittadini, ma regi. E perchè nella magnificenza degli edificj non gli bastò essere conosciuto in Italia, edificò ancora in Gerusalemme un recèttacolo per i poveri ed infermi peregrini, nelle quali edificazioni un numero grandissimo di danari consumò. E benchè queste abitazioni, e tutte l'altre opere ed azioni sue fussero regie, e che solo in Firenze fusse principe; nondimeno tanto fu temperato dalla prudenza sua, che la civil modestia mai non trapassò; perchè nelle conversazioni, ne' servidori, nel cavalcare, in tutto il modo del vivere, e nè parentadi fu sempre simile a qualunque modesto cittadino; perchè e' sapeva come le cose straordinarie, che ad ogni ora si vedono ed appariscono, recano molto più invidia agli uomini, che quelle cose sono in fatto e con onestà si ricuoprono. Avendo pertanto a dar moglie a' suoi figliuoli, non cercò i parentadi de' Principi, ma con Giovanni la Cornelia degli Alessandri, e con Piero la Lucrezia de' Tornabuoni congiunse; e delle nipoti nate di Piero, la Bianca a Guglielino de' Pazzi, e la Nannina a Bernardo Rucellai sposò. Degli stati de' Principi e civili governi, niun altro al suo tempo per intelligenza, lo raggiunse. Di qui nacque che in tanta varietà di fortuna, in si varia città e volubile cittadinanza, tenne uno stato trenta ed uno anni; perchè sendo prudentissimo conosceva i mali discosto, e perciò era a tempo o a non gli lasciar crescere " o a prepararsi in modo che cresciuti non l'offendessero. Donde non solamente vinse la domestica e eivile ambizione, ma quella de' molti Principi superò con tanta felicità e prudenza, che qualunque seco e con la sua patria si collegava, rimaneva o pari o superiore al nimico; e qualunque se gli opponeva, o e' perdeva il tempo ed i da

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