Immagini della pagina
PDF
ePub

acquistati i Barbari, i Giustiniani, i Quirini, i Navageri, co' Sabellici, co' Manuzi, cogli Erasini, benchè stranieri, poichè ivi ed a Roma concorrevano a gaza i dotti d'ogni nazione. Ei viaggia quà e là per quel felice stato. Vicenza, Verona, Brescia, e Bergamo gli fanno venire incontro it Trissini, i Fracastori, ed i Panvini, e Bonfadi, e Zanchi, e Barrizi, e Martinenghi, e come in Toscana ed altrove aveà trattati i Nardi, i Macchiavelli, i Guicciardini, i Varchi, e per tutto il favor lo seguiva più lusinghiero delle donne più illustri di quell' età; felice età per questo ancora, che le lettere più gentili accoppiavansi colla bellezza e colle grazie, e tutte insieme guidavano all' immortalità le Vittorie Colonna, le Veroniche Gambara, le Gonzaghe, le Aragone, l'Estensi, e con lor Caterina Cornaro Regina di Cipri, che nel bel Asolo tenea tre corti ad un tempo, quella delle Muse, quella d'Amore, e quella della magnificenza e dignità reale, e di tutte tre il Bembo era l'anima e l'ornamento.

In fine la porpora venne a fregiarlo, e ad esser ne ancor più fregiata, al sessantesimo ottavo dell' età sua prescelto da Paolo III nella più celebre promozione, che fosse mai degli uomini meritevoli veramente di ricompensa e d'onore per mano della giustizia, non della fortuna. Allor più che mai, dopo esserne stato il modello, divenne egli l'amico ed il Mecenate delle lettere e degl' ingegni preclari, co' quali vivea più volontieri senza avvilirli quai cortigiani ed adulatori; ma nobilitandoli in vece della sua liberalità di mano e d'animo, all' amicizia de' grandi per raro caso elevandoli, e per più raro caso ancor pubblicando la sua amicizia ne' più celebri monumenti, che ancor leggiamo, o su le lor tombe, o nell' opere sue, monumenti non so perchè più gloriosi, se pel suo cuore fedele ed amico, o pel nome de' Castiglioni, de' Sannazari, de' Rafaelli, de Tolomei, de'

Longolj, de' Beroaldi, de' Poliziani e degli Strozzi, co' quali poi nell' età di 76 passò a godere de' miglior premj d'eternità con tali e tante virtù meritati in una vita si lunga, e si benemerita d'ogni ingegno e della umanità. Per la qual vita non ho io diritto d'invidiarlo, e di sentir mi per estro ed impeto del mio cuore trasportare con lui a quel secolo fortunato?

X. BETTINELLI. Sopra le principali Epoche dell' amena Letteratura Italiana.

L'Ariosto.

SORGENDO dal medesimo nido, spiegò l'ali à più largo, e più sublime volo l'Ariosto, il quale, producendo alla sua meta la cominciata invenzione, seppe a quella intessere, e maravigliosamente scolpire tutti gli umani affetti, e costumi, e vicende, si pubbliche, come private: in modo che quanti nell' animo umano eccita moti l'amore, l'odio, la gelosia, l'avarizia, l'ira, l'ambizione, tutti si vegg no dal Furioso scappar fuori, sotto il color proprio, e naturale; e quanta correzione a' vizj preparano le virtù, tutta si vede, vi proposta sotto vaghi racconti, ed autorevoli esempj, sù i quali stà fondata l'arte dell' onore, che chiaman Cavalleria, di cui il Bojardo, e l'Ariosto sono i più gravi maestri. Tralascio i sentimenti di filosofia, e teologia naturale, in molti luoghi disseminati, e, più artificiosamente, in quel canto ombreggiati, ove S. Giovanni, ed Astolfo insieme convengono. Non potevano nè l'Ariosto al suo fine, nè i pòsteri all' utile, che si aspetta dalla poesia, pervenire, se questo poema non esprimea tanto i grandi universalmente, quanto in qualche luogo i mediocri, ed i vili: acciochè di ciascun genere la passione, e'l costume si producesse; ed apparisce

quel, che ciascuno nella vita civile imitar debba o correg gere, secondo la bellezza, o deformità delle cose descritte. La medesima ragione, e misura, che si dee, secondo la natura delle cose, distribuire, usò l'Ariosto, anche nel numero de' versi il qual numero da lui, a proporzione della materia, o s'innalza, o si piega, o pur si deprime, dovendo il numero, al pari della locuzion poetica, consentire alle cose alle quali dee ogni stile, tanto di poeta, quanto d'istorico, e d'oratore, puntualmente ubbidire. A queste virtù principali, delle quali fiorisce l'Ariosto, seminati sono alcuni non leggieri vizj, attaccatigli addosso, buona parte dall' imitazione del Bojardo. Tal' è il nojoso ed importuno interrompimento delle narrazioni, la scurrilità, sparsa alle volte, anche dentro il più serio, le sconvenevolezze delle parole, e. di quando in quando anche de' sentimenti; l'esaggerazioni troppo eccedenti, e troppo spesse, le forme plebee ed abiette, le digressioni oziose, aggiuntevi per compiacere alle nobili conversazioni della corte di Ferrara, ove egli cercò esser più grato alla sua Dama, che a severi giudici della poesia. E pure, a parer mio, con tutti questi vizj, è molto superiore a coloro, à' quali, in un co' vizj, mancano anche dell' Ariosto le virtù; poi che non rapiscono il lettore con quella grazia nativa, con cui l'Ariosto potè condire anche gli errori, i quali sanno, prima d'offendere, ottenere il perdono in modo che più piacciono le sue negligenze, che gli artifizj altrui : avendo egli libertà d'ingegno tale, e tal piacevolezza nel dire, che il riprenderlo, sembra autorità pedantesca, ed incivile. Tutto effetto d'una forza latente, e spirito ascoso di feconda vena, che irriga di sqavità i sensi del lettore, mossi, e rapiti da cagione a se stesso ignota. Di tale spirito, ed occulta forza, quando lo scrittore non è dalla natura ar

mato, in vano s'affanna di piacer collo studio, e con l'arte : i cui ricercati ornamenti abbagliano solo que', che sono prevenuti da' puerili precetti, e rettoriche regoluccie, le quali stemperano la naturale integrità dell' ingegno umano. Da questa ingenua, e natural produzione dell' Ariosto scorrono anche spontaneamente le rime, le quali pajono nate in compagnia dello stesso pensiero, e non dalla legge del metro collocate.

VINC. GRAVINA. Della Ragion Poetica, lib. XI.

Il Tasso.

TEMPO è già, che vegniamo alla Gerusalemme liberata del Tasso, il quale è sollevato da tanta fama, che, per quanto io sudassi intorno a lui, o lodando, o riprendendo, nulla di più dare, o in minima parte togliere gli potrei. Poichè sol questo Poeta, col suo dire florido, e pomposo, e risonante, e colla vaga raccolta de' luoghi d'ogni buono autore, onde quel poema è tessuto, può recar diletto tanto alla maggior parte de' dotti, che godon dell' artifizio, e della nobiltà de' sentimenti, de' quali non tutti nè sempre cercano, o si rammentano l'originale; quanto al resto degli uomini dell' età presente, i quali trovano, benche col discrezione, e verecondia, usati dal Tasso quegli àcumi, della cui copia, ed eccesso le frequenti scuole sono così vaghe. Ne può la gloria del Tasso ricevere oltraggio alcuno da pochi, benche eccettuati, e nella greca, e latina eloquenza lunga stagione maturati ingegni, che, colla famigliarità degli antichi autori, diventano troppo ritrosi, e poco tolleranti del novello artifizio e vorrebbero, che il Tasso, all' uso de' primi inventori, facesse meno comparire le regole della rettorica, ed i dogmi della filosofia, ed insegnasse più colla

[ocr errors]

narrazione, che co' precetti espressi; e che, al pari dell' Ariosto, togliesse gli esempj de' costumi, ed affetti umani più dal mondo vivo, in cui quegli era assai versato, che dal mondo morto de' libri, nel quale, più che nel vivo, il Tasso mostra d'aver abitato. Vorrebbero anche questi uomini molesti, e tetri, che il Tasso trattato avesse non solo que' costumi, e quelle passioni, e fatti, che colla frase ornata, e col numero rimbombante si possono esprimere; ma ogni altro affetto, o buono, o cattivo, ed ogn' altro genio umano, per rappresentare interamente il mondo civile; e che non si fosse contentato di quella sola parte, che rendesse di lontano maggior prospetto. Vorrebbero in fine, che si trattenesse meno sul generale, e si accurasse più spesso di seendere al particolare, ove si discerne più il fino dell' espressione, e si conosce la necessità, ed il buon uso delle voci proprie, e l'opportunità del numero, non tanto rimbombante, quanto soave, e gentile. Comunque sia, questi uòmini sì difficili sono assai pochi, e pochi seguaci trovano, o curano di trovare. Perciò non lascierà mai la maggior parte di concorrer nel Tasso, e d'acquetare, senza cercare più oltre, in questo poema, come nel fonte d'ogni eloquenza, e nel circolo di tutte le dottrine, ogni suo senti

imento.

LO STESSO.

Il Tasso, e l'Ariosto.

QUANDO io nacqui alle lettere, trovai tutto il mondo diviso in due parti. Quel illustre Liceo, nel quale io fui per mia buona sorte raccolto, seguitava quella dell' Omero Ferrarese, e con l'eccesso di fervore, che suole accompagnare le contese. Per secondare la mia poețica inclinazione, mi fu

« IndietroContinua »