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à travers trois siècles de recherches constantes et de constante amélioration : le premier naissait alors que les Limbourg travaillaient encore à leur chef-d'œuvre inachevé et il a eu la bonne fortune, lui, de pouvoir donner toute sa mesure. Élevé et formé en France, il a voyagé en Italie, ce qui lui fut bien de quelque profit, mais ce qui n'influa pas sur

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(Miniature des Heures d'Anne de Bretagne, ms latin 9474 de la Bibliothèque nationale).

sa manière au point de la transformer: ses miniatures, plus encore que ses portraits, nous le montrent comme le maître national par excellence, le maître complet quelque soit le genre qu'il aborde, et dont l'influence capitale et profonde a été longtemps ressentie Laissons-lui donc le dernier mot et concluons en quelques lignes.

La Bibliofilia, anno VI, dispensa 7-8

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Il ne faut pas se le dissimuler la France, aux yeux des étrangers, jouait une grosse partie en organisant une exposition de ses peintres primitifs: elle s'en est tirée à son honneur. Du côté des peintres proprement dits, nous avons montré comment, en dépit des vandalismes de plusieurs siècles et malgré les points douteux pour la nationalité de certains maîtres revendiqués à la fois par les Flamands et par les Français, il restait en notre pays des œuvres d'art, pleines de la saveur du terroir la plus franche et la plus caractéristique, en assez grand nombre et d'assez belle qualité pour qu'on pût les mettre à côte des chefs d'œuvre de nos voisins. Quant aux peintures de manuscrits, la preuve était faite à l'avance de l'incontestable supériorité de l'école française, dont les chefsd'œuvre ont rayonné par tout le monde et font aujourd'hui l'orgueil de toutes les collections; mais il importait d'exposer les miniatures en même temps que les peintures, d'abord pour faciliter entre elles un travail de comparaison dont nous avons indiqué toute l'importance, et aussi pour faire une sorte d'amende honorable envers maîtres peintres dont les tableaux sont à jamais perdus.

ceux des

ÉMILE DACIER.

Le fiscalità italiane nell'esportazione di libri antichi

Lettera aperta a S. E. il Ministro dell'Istruzione Pubblica

Eccellenza,

Sotto il titolo « Sempre a proposito delle fiscalità italiane nel commercio librario », l'autorevole giornale Il Commercio Toscano pubblica nel n. 1510 il seguente articolo:

« Tempo fa, rilevando gli inconvenienti gravissimi che derivano al Commercio librario dalle disposizioni fiscali introdotte, richiamammo l'attenzione delle autorità competenti.

<< Ma gl' inconvenienti, lungi dall' essere eliminati, si aggravarono mentre prima era la Galleria che doveva rilasciare il permesso di esportazione, oggi tale incombenza è deferita alla Biblioteca Laurenziana: e fin qui, il cambiamento fu logico, perché almeno l'esame dei libri si fa da persone che di libri se ne intendono ma il rigore fiscale è cresciuto, e le spese, i perditempo e le noie si sono moltiplicate tanto da rendere addirittura difficile e quasi impossibile il commercio coll' Estero.

<< Il Fisco si difenderà forse coll' osservare che si è inteso impedire o frenare la dispersione del nostro patrimonio artistico, e che i rigori sono giusti; ma la difesa sarebbe legittima se lo Stato, anzitutto, cooperasse a raccogliere in casa sua (e cioè nelle Biblioteche nazionali) i tesori della stampa che pure rappresentano valori e capitali che i commercianti debbono realizzare; all'incontro le nostre biblioteche hanno un sacro orrore per l'acquisto di opere rare e preziose, e la scorta annua di cui sono provviste serve per accrescere la quantità dei volumi, non la qualità.

<< Occorre dunque riparare ai gravi pregiudizî di un fiscalismo soffocante.

<< Basti citare il fatto che persona di nostra conoscenza doveva spedire in America un grosso volume del Cinquecento che aveva il tenue valore di L. 5, non per la stampa, ma per la fodera; ma poiché il permesso d'esportazione non si dà che il Martedí e il Venerdí e, per giunta, occorre una spesa di L. 1.80 per ottenerlo, il nostro conoscente perdette la pazienza e pensò bene di levarne la fodera, e cambiò le pagine in due ottimi sigari presso il tabaccaio!

<< Tutto ciò parrebbe novella, ma è verità sacrosanta. Pubblichiamo, a tal proposito, la lettera che il Cav. Olschki ha rimesso al Presidente della Camera di Commercio. Ogni commento è superfluo, ma noi di tutto cuore ci associamo alle istanze più vive perché la on. Camera voglia tutelare con ogni mezzo questo ramo importantissimo di commercio, da cui la città nostra ritrae un decoro degno della maggior protezione. << Ed ecco la lettera :

« Ill.mo Sig. Presidente della Camera di Commercio ed Arti di Firenze.

Le fiscalità della Legge sulla Esportazione essendo giunte ad un punto tale da inceppare enormemente il commercio della mia azienda, mi trovo costretto a ricorrere a codesta on. Camera di Commercio ed arti, affinché s'interessi della cosa, e con la sua autorità elimini, per quanto è possibile, gli inconvenienti gravissimi che oggi si lamentano.

La suddetta legge parla di oggetti antichi di scavo e di oggetti archeologici ed artistici, e quando appresi che anche i libri venivano considerati tali (!) ossequiente alla legge, ogni qualvolta dovetti spedire all'estero manoscritti miniati, incunaboli e libri antichi con figure, pur risentendone un danno non indifferente, ne richiesi, ed ottenni i relativi permessi da questo R.o Ufficio per l'Esportazione di Antichità.

Come codesta on. Camera potrà vedere dal fascicolo (1) che mi permetto unire, sulla mia rivista La Bibliofilia trattai di tali fiscalità in un articolo che fu largamente diffuso all'estero dai maggiori fogli del mondo, che commentarono certamente non benignamente tali vessazioni. In conseguenza di quel mio articolo, il Ministro della Pubblica Istruzione incaricava la nostra R. Biblioteca Mediceo-Laurenziana dell'esame e dei relativi permessi per i libri da esportare da Firenze, togliendo cosí lo sconcio di un ufficio che era chiamato a giudicare di cose che non comprendeva!

Cosi mi furono semplificate ed agevolate le pratiche, ed io non mancai di produrre ciò che ritenevo (ed, a parte la modestia, spero non mi si vorrà contrastare la mia intelligenza in materia !) meritevole della qualifica data dalla legge ai libri.

Alcuni giorni or sono, ebbi occasione di spedire al mio rappresentante in Leipzig tre pacchi postali contenenti, oltre le continuazioni delle mie tre riviste, le prime cinque opere descritte nella copia del permesso rilasciatomi dalla Laurenziana, copia che pure rimetto a codesta on. Camera di Commercio. Come si vede, un'opera è del 1800 e le altre del 1700, il tutto del valore di Lire quindici.

Gli ultimi due volumi, come si apprendeva anche dai documenti che li accompagnavano, non appartenevano a me, e venivano rispediti in Germania.

La R. Dogana di Ala respinge, dopo qualche giorno, i tre pacchi alla R. Biblioteca Laurenziana, scrivendo che abbisognava il permesso per asportare simili libri preziosissimi!! La R. Biblioteca Laurenziana mi rilasciava l' unito certificato dal quale si apprende che pur computando i volumi non miei, il valore complessivo è di lire cinquanta, e che nulla osta all' esportazione dei libri suddetti!!

dizione

Concludendo ho perduto Lit. 5.25 per le tasse postali della prima spedizione, L. 1,80 per la domanda e relativo permesso, ho dovuto pagare nuovamente Lit. 5.25 per la seconda speho perduto del tempo enorme e, come apprendo oggi, ho perduto anche l'affare perché mi viene annullata la commissione a causa della ritardata consegna!! Cosí, presentandomisi l'occasione di vendere un libro di L. 1.00, io debbo per lo meno pagare L. 1.80 per il permesso, e correre il rischio anche di vedermi ritornare la merce senza alcun compenso od indennizzo! Io non voglio tediare codesta on. Camera enumerandole tutti gli inconvenienti e tutte le madornalità che suscitano i diversi casi che occorrono per l'applicazione della legge suddetta; prego codesta on. Camera di voler studiare e discutere tale oggetto per sapermi dire se con questa legge s' intende tutelare il patrimonio artistico dell' Italia, che del resto non è suscettibile di menomazione alcuna, o piuttosto di ostacolare il libero commercio disgustando chi lo pratica, o se si mira a far cessare

(1) Anno V. disp. 7-8 (Ottobre-Novembre 1903).

questo ramo di commercio, che ha alte idealità, annientandolo in una maniera che all'estero è giudicata bene aspramente.

Per tanto ho l'onore di professarmi col massimo ossequio

Devotissimo Obb.mo

f. LEO S. Olschki ».

N. 4437.

R. Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze

Il Bibliotecario capo della R. Biblioteca Mediceo-Laurenziana alla quale con lettera Ministeriale del 31 Maggio 1904 (N.' di pos. 13 pag. N.o di prot. Gen. 5116, é stato commesso l'incarico di esaminare i Mss. e libri a stampa da esportare, visto il R.° decreto N° 431 dato a Raconigi il 17 Luglio 1904 che approva il Regolamento per la esecuzione della legge sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti d'antichità e d'arte e di quella sulla esportazione all'estero degli Oggetti antichi di scavo e degli altri oggetti archeologici ed artistici permette al Signor Cav. Leo S. Olschki di spedire all'Estero i seguenti libri stampati anteriori al sec. XIX, del complessivo valore di Lire Cinquanta (L. 50) e cioè:

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E dichiara, nulla ostando alla esportazione dei suddetti libri di aver fatto apporre perciò il suggello di questa Biblioteca ai 3 pacchi che li contengono.

Firenze, 29, Ott. 1904.

Eccellenza,

P. Il Bibliotecario Capo

(F.) E. ROSTAGNO.

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non

mondo, non

A Voi, vigile custode del patrimonio artistico nazionale, rivolgo la preghiera nel mio interesse personale, ma nell' interesse del buon nome d'Italia di occuparsi di questa questione scottante che ci frutta lo scherno d'ogni parte del esclusa l'Italia stessa. Lasciando in disparte le considerazioni commerciali gravi permettetemi di farvi conoscere le conseguenze morali d'una legge cultori delle scienze condannano come anticivile.

pure assai

che tutti i

Anzi tutto ripeto quel che ho già detto in questa Rivista, cioè che un libro stampato non può né deve essere considerato come un oggetto d'arte nel senso vero della parola, perché creato con mezzi di riproduzione in gran numero di copie che, secondo le circostanze, diventano piú o meno rare: un libro buono, utile e bello trova molti acquirenti sull' orbe terracqueo, l'edizione s'esaurisce e le copie diventan rare; un libro inutile, senza pregio alcuno, resta invenduto e finisce per servire come carta da macero e, per conseguenza, le copie diventano parimente rare, rarissime, introvabili! Ecco dunque il medesimo risultato per due oggetti di natura diametralmente opposta. Nelle disposizioni fiscali imposte all'esodo di libri antichi non si può dunque riconoscere l'intento di frenare l'emigrazione di capi d'opera d'arte ma soltanto di rarità letterarie ovvero tipografiche e bibliografiche. Il concetto di rarità è assai elastico, mentre la legge ha creduto di poterlo determinare con un paio di cifre!! Essa dice (Regolamento per l'esecuzione della legge 27 giugno 1903, n. 242 sulla Esportazione degli oggetti d'antichità e d'arte approvato con Regio Decreto 17 luglio 1904, n. 431, Articolo 255) che i libri anteriori

al 1500 debbono non soltanto essere muniti d'un nulla osta e d'un permesso d'uscita, ma pagare, oltre ciò, dal 6 al 20% di diritti d'esportazione, quasi come con ciò avesse irrefragabilmente stabilito che i libri stampati avanti il 1500 fossero tutti d'estrema rarità, bellezza e immenso valore artistico! Se mi si desse l'incarico di compilare un elenco di quattrocentisti il cui valore non superi il prezzo di dieci lire, potrei presentarne uno copiosissimo. La legge dispone inoltre che i libri da spedirsi all'estero stampati tra il 1501 ed il 1800 debbono pure essere presentati alle Biblioteche nazionali per ottenere il nulla osta, ed accompagnati d' un documento d'esportazione mentre non ne è dovuta nessuna tassa sul valore dei volumi (Art. 256 b del medesimo Regolamento). Si capisce che il legislatore ha voluto venir con ciò in aiuto ai poveri doganieri, perché non abbiano la briga d'aprir tutti i pacchi e di perdere del tempo nella ricerca delle date d'impressione che tante volte non appaion chiare neppure a bibliofili e bibliografi provetti! Questa disposizione implica però anche il verdetto che i libri stampati dopo il 1500 sono tutti privi di valore artistico, comuni e cioè non rari. Che sbaglio! che madornalità! Come si rivela in questo caso digiuno di cognizioni bibliografiche il legislatore! Potrei citare un numero infinito di edizioni del 1500 di straordinario valore, ma mi limito di accennare a volo qui soltanto alle edizioni di Vespucci, paesi nuovamente ritrouati, del 1507 ecc., al Libretto di tutta la navigazione, del 1504, al Quadriregio del Frezzi, del 1508 del quale fu recentemente venduto un esemplare in un'asta a Roma per 25000 lire, ecc. ecc., e, volendo, non mi riuscirebbe nemmeno difficile di compilare anche un elenco copioso di edizioni preziose dei secoli XVII e XVIII.

D'altra parte V. E. saprà che fra i libri stampati tra il 1501 ed il 1800 havvi un numero considerevolissimo di poco o nessun valore quando si trovano isolati, mentre acquistano un certo pregio allorquando s'uniscono a collezioni di una specie determinata e vi riempiono una lacuna. Non vi sono forse opuscoli e libri dei secoli XVI, XVII e XVIII da cinquanta centesimi o meno ancora? Se si ha da spedirne uno a sí tenue prezzo, occorre, secondo la legge, che esso venga presentato ad una Biblioteca nazionale del Regno colla dimanda del permesso d'esportazione che costa sessanta centesimi per ottenere il nulla osta (Regolamento per l'esecuzione della legge 27 giugno 1903, n. 242 sulla Esportazione degli oggetti d'antichità e d'arte approvato con Regio Decreto 17 luglio 1904, n. 431, Art. 256 b) per il qual certificato l'esportatore ha da pagare L. 1.20 (Art. 280 del medesimo Regolamento); occorre inoltre che la Biblioteca nazionale, dopo d'aver compiuto la verifica, chiuda, ammagli ed assicuri il pacco con piombi e riscuota dal mittente per ognuno di questi il diritto di 15 centesimi (Art. 285 del medesimo Regolamento), ecc. ecc.

L'assurdità della legge è dunque manifesta e spero che Voi cercherete di farla abolire al più presto possibile.

Il malcontento poi degli studiosi non ha piú limite se uno straniero ha bisogno d'un volume, che si trova in Italia, per consultarlo, egli deve rinunciarvi, perché nessuno può inviarglielo senza noie e spese non indifferenti; se d'altra parte uno scienziato italiano desidera studiare un volume ch' egli deve farsi venire dall'estero, egli si trova poi imbarazzato assai di ritornarlo, e via dicendo.

È inutile ch' io tedii V. E. con altri esempi che s'offrono spontanei in numero assai considerevole; mi permetto soltanto di dirvi ancora, che ultimamente ho protestato nel Giornale magno della Corporazione libraria germanica contro la proposta d'una Ditta di esportare dall'Italia qualunque genere di libri contro un tenue compenso, sconsigliando

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