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Francesco Ant. Grimaldi

Celebre Letterato e Filosofo

Nacque in Seminara nella Calabria nel 1744. Mori in Napoli nell' Anno 1784.

In Napoli presso Nicola Gervasi al Giganter N.23.

MARCH. FRANCESC'ANTONIO GRIMALDI.

La famiglia de' Grimaldi è una delle più illustri d'Italia

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come a' Genealogisti è ben noto. Un ramo di questa da Genova trapiantossi nella Città di Seminara in Calabria. Ivi nacque nel 1741 Francesc' Antonio da Pio Grimaldi e Porzia Grimaldi. Il genitore volle essere egli stesso l'istitutore del suo figlio, e schiudere la sua giovine anima alle dolci impressioni della virtù colla voce e coll'esempio. Nato colle più felici disposizioni di Natura, Francesc' Antonio corrispose ardentemente alle cure paterne, e rapidamente percorse la carriera tutta degli studj; ma rapito dall' incanto delle Belle Arti egli specialmente si volse af Disegno alla Pittura ed alla Musica. In quest'ultima egli non riconobbe un' arte ma una parte sublime della filosofia, come quella ch' ebbe tanta influenza presso gli Antichi sul costume delle nazioni; e perciò s'indusse a pubblicare in Napoli nel 1766 una Lettera sopra la Musica indiritta al Signor Agostino Lomellini. In quest' Opera egli si occupa a rintracciare le cagioni per cui la Mu sica fu in alcuni tempi miglioratrice degli animi ed in altri concorse alla loro depravazione; e la distingue perciò sotto tre forme, la prima che chiama Naturale, la seconda Armonica voluttuosa, e la terza Armonica Filosofica. Egli propone che si restauri la Musica armonica filosofica, che fu l'emblema e la conservatrice dell' armonia sociale, adoprata da Mercurio da Orfeo e da Chirone.

Pochi anni dopo pose a stampa la Vita di Ansaldo Grimaldi, suo illustre avo, nella quale rischiarò anche varj punti importanti della Genovese Istoria. Genova chiamò il nostro Grimaldi alle più illustri magistrature, ma egli non accettò quest' onore, giacchè erasi allora applicato al Foro Napoletano non da vile leguleo ma da Filosofo. E ben chiara pruova ne dette colla pubblicazione di un altra sua Opera intitolata: De successionibus legitimis in urbe Neapolitana, nella quale con mirabile accordo si scorge l' erudizione e la filosofia. Allontanatosi un poco dalle cure del Foro scrisse la Vita di Diogene. Egli rivendicò la fama di questo Filosofo dalle ingiurie di Laerzio e dalla comune opinione in cui viene tenuto. Diogene reintegrò la Morale di Socrate; egli raccomandò la temperanza l'indipendenza, la libertà, la tranquil

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lità,

lità, la beneficenza, onde giugnere alla meta della morale. La sua vita fu a questi suoi principj uniforme. Nemico della impostura egli con libertà alzava il velo, che ricopriva le azioni empie de' Sacerdoti del suo tempo; venerando la Religione, intimava aspra guerra alla superstizione ed all' intolleranza. Lo splendore e la potenza de' Re non soffocarono giammai in Diogene il grido della verità; ed egli non cessò mai di altamente disapprovare quelle leggi, ch' erano dannose al bene pubblico. Se disprezzò quel grande Alessandro, che facea tremare l'intiero mondo, ciò avvenne perchè egli in lui non vide il Re benefico e giusto, ma il conquistatore crudele e feroce, che toglieva alla Grecia ed a tante Provincie la libertà, che in mezzo a' vili piaceri non apriva giammai il suo cuore alla virrù ed alla pace. Tali furono le massime di Diogene, che fu chiamato sfrontato, maldicente, e la cui memoria fu sparsa di ridicolo. Devesi adunque al Grimaldi la rettificazione della vita sua del suo sistema filosofico.

Ma ad altra opera più interessante volgeasi la mente ed il cuore del nostro Grimaldi. Egli scelse perciò il soggiorno della campagna ove la nostr'anima sembra più adatta a sentire la voluttà della meditazione, e ad elevarsi a pensieri sublimi ed utili alla specie umana. Fu in quest'asilo tranquillo ch'egli scrisse le Riflessioni sopra l'Ineguaglianza tra gli uomini, che possono chiamarsi un corso completo di naturale filosofia, tratta dalla vera natura dell'uomo. Tale opera fu accolta in Europa con sommo applauSo, ed è una di quelle che fanno più onore alla Filosofia Napolitana. Sebbene Rousseau eloquentemente avesse trattato lo stesso argomento, la mente tranquilla del leggitore filosofo ritrova ne'suoi ragionamenti molte volte in luogo della fredda ragione l'entusiasmo, in luogo della verità la vaghezza di andare in traccia de' paradossi. Grimaldi con una serie di raziocinj ritornò sopra questo soggetto. L'ineguaglianza, egli dice, esiste nella natura conviene adunque primamente far delle ricerche sull' organizzazione dell' uomo; e così chiama in ajuto la Fisica, la Storia Naturale, la Fisiologia. Quindi nasce l'esame dell' Ineguaglianza originata dalla diversa destinazione degl' individui della istessa specie; e quella de' popoli e delle nazioni provata con una saggia e moderata erudizioue, e coll' osservazione de' dif

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ferenti climi, delle qualità dell'aria, delle diverse maniere di vivere, di abitare, di nudrirsi. Nasce da questa Ineguaglianza quella della sensibilità, e quindi dell'intelligenza; e da queste le passioni che portano il carattere anch' esse dell' ineguaglianza: ma le passioni determinano la volontà: dunque tutto è Ineguaglianza da' primi composti fisici, fino a' più sublimi morali risultamenti. L'ineguaglianza morale è sviluppata nella seconda parte di quest' opera, e si dimostra che questa è in ragione composta delle facoltà intellettuali dipendenti dal meccanismo particolare degl' individui, e dalle cause esteriori che più o meno si combinano a svilupparla. Esamina quindi il nostro Filosofo l'uomo moralmente sottoponendolo all' esperienza, egli lo considera solitario e nello stato di società; in una parola fa la Storia morale dell'Umanità e così prova fino

all'ultima evidenza, che senza l' ineguaglianza le società non sussisterebbono. I tre ultimi capitoli contengono le più giuste e vere idee della Legge di Natura, del Dritto delle Genti e del Dritto Civile. Infine conchiude non doversi rapportare tutte le azioni morali all' utilità; ma bensì alla Giustizia. Noi avressimo voluto dare un analisi più compiuta di questa illustre Opera; ma gli stretti cancelli in cui dev' essere racchiuso questo Elogio ce lo hanno impepedito, e noi rimettiamo i nostri leggitori all' Elogio di Grimaldi scritto estesamente dal Cav. Melchiorre Delfico, e stampato in Napoli nel 1784.

Il nome di Grimaldi si propagava sempre più in Europa, ed il Sovrano si affrettò di averlo al suo fianco conferendogli l'ufficio di Assessore de' Reali Eserciti. La virtù, e la rettitudine con cui esercitò tal carica gli meritarono le benedizioni de' buoni. Il sentimento il più generoso, l'amor della Patria che infiammava il suo cuore lo chiamò a scrivere gli Annali del Regno di Napoli. Profittando di tutte le accurate ricerche de Filologi, e disponendole da Filosofo, egli descrisse lo stato barbaro del Regno pria che le Colonie di oltremare venissero a civilizzarlo, ed i popoli Autottoni d'Italia furono da lui rappresentati con somma veracità. Così frammischiandovi osservazioni, sul Governo le leggi, le arti e le scienze, giunse fino all'epoca in cui Roma tolse a'nostri antenati la patria e la libertà.

Ma

Ma egli non potè che pubblicare i primi volumi di quest' Opera immortale. Logorata la sua macchina dalle fatiche letterarie, e da quelle del suo ufficio ella ricevette un colpo terribile, giacchè il tremuoto celebre di Calabria distrusse la sua patria, e tolse di vita insiem colla sua madre cinque altri individui della famiglia.

Egli fu il primo che descrivesse quella fatale sciagura, e che implorasse la munificenza Sovrana a sollievo della sventurata Calabria. Ma lo attendeva un altra lagrimevole disgrazia. Poco dopo egli perdè la diletta sua consortë la Contessa Aurora Barnaba, Dama ripiena di tutte quelle qualità, che natura può dare, e l'educazione render perfette. Ella, che aveva formata la delizia del marito, e sparsi i fiori nel cammino disastroso della sua vita, ella morì in età ancor verde senza che le moltiplici cure dell'amicizia e dell'arte salutare avessero potuto trattenere il decreto della sorte,

Tanti ripetuti assalti dati alla sua sensibilità accelerarono la sua fine. Egli morì nel 1783 avendo vissuto 42 anni e nove mesi.

Fra tutte le virtù di Grimaldi fu la principale la modestia. Egli non vivea , per così dire, che per i suoi intrinseci amici. Fu amico della verità in mezzo alle Corti. Le sue maniere erano cordiali e spontanee, e simili nel candore a' suoi costumi.

La sua morte fu compianta da tutti gli uomini virtuosi. Ma il suo spirito rivisse in quell' Elogio sublime, che consacrò alla di lui memoria il suo illustre amico il Cav. Melchiorre Delfico, oggi Consigliere di Stato. Allontanandosi dalla comune maniera di scrivere gli Elogj in Italia, quest'uomo grande non ci dette sterili notizie istoriche sulla vita di Grimaldi; ma ci donò l'analisi compiuta delle sue Opere, e ci dipinse le qualità del suo cuore; vestendo tutto ciò di quelle grazie spontanee di stile, e di quel sapore di filosofia, che adorna tutti i suoi scritti immortali. Cogli occhi rivolti a un tale Elogio noi abbiamo scritto questa breve notizia della Vita e delle Opere di Francesc' antonio Grimaldi,

GIUSEPPE BOCCANERA DA MACERATA.

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