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ROBERTO RE DI PUGLIA.

MOLTI SONO i 'Re che furono celebri per gloria milita

re, e che illustrarono le nazioni con le conquiste e le guerre, ma gli Annali della Storia ci additano uno scarso numero di Monarchi, che protessero e coltivarono eglino stessi i buoni studj e le pacifiche discipline. Noi siamo abbastanza fortunati per poterne annoverare due non meno valorosi in guerra, che amici degli studj in seno alla pace Federico e Roberto. La Nazione ne ha pronunziati sempre i nomi con religiosa riconoscenza.

Roberto d'Angiò terzogenito di Carlo il Zoppo nacque nel 1279. Dopo la morte di suo padre la successione al trono gli fu contrastata da alcuni suoi congiunti. Rimessa questa decisione al Pontefice Clemente V. egli lo dichiarò solennemente nell' anno 1309 Re di Puglia, e di tutti gli Stati ereditarj di sua famiglia, dopo un concistoro tenuto in Avignone, ove era allora la sede della Corte Romana. Partì egli allora dalla Provenza ove ritrovavasi per l'Italia, e dopo averla percorsa per rianimare le parti Guelfe di cui si dichiarò sostenitore, giunse in Napoli, ove si occupò a far rifiorire il Regno, e ad abbellire la capitale con sontuosi edificj.

Ma la pace di cui goderono i primi tre anni del suo Regno fu turbata da Errico VII. Imp. d'Alemagna, che calò in Italia con poderoso esercito per farsi coronare in Roma e favoreggiare il partito de' Ghibellini, stringendo perciò alleanza con Federico d'Aragona Re di Sicilia. Il Papa temendo che l'Imperadore non occupasse tutta l'Italia e trasferisse la sede dell' Imperio a Roma, dichiarò il Re Roberto Conte di Romagna, e Vicario Generale dello Stato Ecclesiastico. La guerra che doveva insorgere perciò

tra questi due Principi ed il Re fu sedata per la morte dell' Imperador Enrico avvenuta nel 1313.

Roberto irato perchè Federico aveva infestate le coste di Calabria, raccolta un armata di cento venti galee andò con Giovanni e Filippo suoi fratelli ad assaltare la Sicilia. Ma dopo aver con somma felicità occupato Castello a mare è posto l'assedio a Trapani, stretto dalla mancanza delle vettovaglie fu obbligato a lasciar per allo-ra l'impresa facendo una tregua di tre anni co' Siciliani. E postosi, scorso il tempo di questa, più alacremente a proseguire la guerra ne fu impedito da Papa Giovanni XXII, che lo persuase a fare una tregua per altri cinque

anni.

Poco tempo dopo Lodovico il Bavaro scese in Italia chiamatovi dalla fazione Ghibellina. Roberto gli contrastò per mezzo del Principe della Morea suo fratello alla testa di un poderoso esercito la venuta in Roma. Non bastò quest'armata a contenere Ludovico, che superato ogni ostacolo venne in Roma ed astrinse l'armata di Roberto a ritirarsi entro i confini del Regno. Ma la lunga dimora, ch'egli fece in quella capitale, fu cagione che rafforzatosi l'esercito del Re potè riprendere l'offensiva e discacciaredallo Stato Ecclesiastico quello di Ludovico.

Poco dopo essendogli morto P unico suo figliuolo Carlo Duca di Calabria il Re pensò a stabilire la successione del Regno, e chiamò uno de' figli di Caroberto Re d'Ungheria per unirlo alla picciola Giovanna sorella di Carlo. Tornato poco dopo al pensiero di muovere guerra alla Sicilia nel 1338 mandò un armata di settanta vele con 1200 cavalieri per infestare i lidi Siciliani,-e- quindi un altra più poderosa della prima. L'armata del Re allora prese Lipari, sconfisse i Messinesi, e sotto il comando di Ruggiero Sanseverino occupò Melazzo.

Roberto intanto s'occupava ad adornare di sontuosi edifiej la città di Napoli. Egli fece costruire la Chiesa di

S. Chiara fabbrica di maravigliosa grandezza, e di elegante architettura rapporto a que' tempi. Facea compilare i Riti della Regia Camera; prescriveva a' suoi Giustizieri la norma con cui doveansi reprimere le violenze del ceto Ecclesiastico ne' suoi Regj Conservatorj; disponeva con ordine mirabile l'intiera polizia dello stato colle sue Lettere Arbitrarie; e la sua vigilanza si estendea da per tutto onde provvedere alla felicità e sicurezza del popolo. I suoi studi prediletti erano la Teologia e la Filosofia, ed era bello il vederlo assistere in piedi confuso con gli altri studenti a udir leggere queste Scienze da illustri Professori, ch' egli chiamava nell' Università di Napoli dalle più colte città d'Italia. Amò sommamente i Letterati, e perciò diede a Giovanni Barrile il governo di Provenza e di Linguadoca, ed ebbe in somma estimazione Guglielmo Maramaldo. Rendè altissimi onori al Petrarca, e venendo questo altissimo spirito a prender la corona di lauro in Roma, dichiarò che la sua vecchiezza era cagione del non muoversi egli stesso da Napoli per venirlo a coronare colle sue mani. Tanto in quel tempo i Sovrani onoravano i Letterati, e si uguagliavano a loro! Ne' suoi ultimi giorni il Re Roberto si esercitò a scrivere in Toscana Poesia, e si legge di lui, secondo alcuni, un Trattato delle Virtù Morali dettato in rime volgari (1). Si veggono oltracciò conservate dal Villani (2) due sue Lettere piene di politiche sentenze e di saviissime riflessioni, l'una mandata nel 1333 al Popolo di Fiorenza, e l'altra nel 1341 a Gualtieri Duca d'Atene, che su quella Repubblica eser

(1) Questo trattato è stato impresso in Roma nel 1692 dal Conte Federigo Ubaldini, insieme col Tesoretto di Ser Brunetto Latini, alcune Rime inedite del Petrarca, e quattro canzoni di Bindo Bonichi da Siena.

(2) Giov. Villani Le St. de' suoi tempi.

citò una crudelissima tirannia (1). Era questo Re così amante delle lettere che soleva dire che avrebbe rinunziato piuttosto alla corona che allo studio.

Roberto mori nel 1343 in età di sessantaquattro anni dopo aver regnato trentatre anni ed otto mesi, travagliato da mille affanni, e specialmente dal vedere che Andrea che avea scelto per isposo di sua figlia Giovanna nulla avea lasciato de' costumi barbari della nazione Ungarese in que' tempi, ed appariva stolido oltre ogni credenza. Egli cercò prima della sua morte di rimediare a questo disordine convocando un Parlamento generale del Regno, e facendo giurare la sola Giovanna per Regina. Ma le sciagure che piombarono sopra questo paese non furono allontanate da una tale previdenza.

tratto su

Il nome di Roberto risveglia in tutti i cuori Napolitani una gradita ricordanza. Narrasi per pruova della sua beneficenza, che avea fatta porre nel suo palazzo una campanella destinata ad avvertirlo quando i Cortigiani volevano allontanare i poveri dalla sua presenza, tratto blime, e di cui la Storia ne cerca invano uno simile! Amico di tutti i Letterati del suo tempo, egli fu celebrato nelle opere immortali di Petrarca, di Boccaccio, e di Villani, e ne fu chiamato il nuovo Salomone. Riunendo insieme le virtù militari e le civili egli ci offre un modello che pochi Monarchi imitarono. Scrittore nel tempo istesso e Sovrano egli divise questa gloria con Marco Aurelio, con Giuliano, e con Federico II, che l'umanità riconoscente chiama a giusto titolo i benefici riordinatori delle Nazioni,

GIUSEPPE BOCCANERA DA MACERATA.

(1) Giannone St. Civile del Regno di Napoli L. 22 cap.7.

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