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MARCO AURELIO SEVERINO

In Tarsia piccolo paese della Calabria citeriore nell'anno 1580 il giorno 2 del mese di novembre dal celebre Giureconsulto Giacomo Severino, e D. Beatrice Orangia venne alla luce del giorno questo celebre letterato, cui, quasi presaghi i Genitori de' suoi profondi talenti, ed esimie virtù, imposero il nome di Marco Aurelio.

che in Affidato alla direzione de' più celebri Maestri "quei tempi fiorivano abbondevolmente in Napoli, e favodietro di un rito dalla natura de' più perspicaci talenti indefesso studio, e fatica divenne in breve tempo Filosofo, Giureconsulto, Medico dottissimo, ed in ogni genere di erudizione espertissimo.

Infatti tal-celebre Tommaso Campanella apprese la Filosofia Telesiana: da Niccolò Antonio Steliola, e da Cesare Coppola le mattematiche, e la chimica: da Giulio Cesare Romano, da Latino Tancredi, e da Quinto Buongiovanni la Medicina; da Giulio Tazolino la Chirurgia, e finalmente da Cesare Scarlato la Giurisprudenza, nella quale profittò cotanto, che ad esempio di Budeo comentò la per con somma dignità le Pandette. Quest' opera, sua eccellenza avrebbe goduta la pubblica acclamazione fu tolta all'Autore da un potente Personaggio, nè si è potuta mai più rinvenire.

che

In un concorso fatto in Napoli per la pubblica Cattedra di Notomia egli ottenne il primo luogo, e ne disimpegnò per qualche tempo le funzioni; ma vacando la primaria Cattedra di Medicina fu con applauso universale designato per la medesima.

Era innumerabile la frequenza de' giovani, che concorrevano alla di lui scuola, e la fama della sua eloquenza e profondità di dottrina si diffuse non solo nell' Italia, ma per ogni parte di Europa in guisacchè non v'era

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forestiero sensato, che giugnendo in Napoli non si desse tutta la premura di conoscere personalmente quest*insigne letterato, e non accorresse alla dilui scuola per ammirare la sublimità delle sue cognizioni. Se qualche insigne letterato ritornando da Napoli si presentava in Roma al Pontefice Urbano VIII, interrogato dal S. Padre cosa di buono avesse trovato in Napoli, rispondevano tutti: Severino.

Ma poichè gli uomini grandi non sono mai esenti dall' altrui invidia, malgrado la pubblica stima, che godeva sostenne più d' una fiata replicate accuse in materia di Religione; ma superiore sempre a se stesso distraeva le passioni dell' animo colla letteratura la più amena, e faceta, ora declamando contro gli Astrologi, ora contro i Filosofi, ed oratori più insigni, ed ora scrivendo argomenti poetici, ed oratorj. Abbiamo di Lui in Italiano la Galleria del Casa, la Topica di Giulio Camillo, un trattato della comedia antica; la filosofia, ovvero il perchè degli Scacchi; e le querele dell' et accorciata .

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Troppo lunga, e difficile impresa sarebbe se volessi quì rammentare le diverse opere, che in differenti generi di letteratura egli compose. Scrisse in Logica, in Fisica, in Chirurgia, in Medicina, in Notomia, ed in Fisiologia.

Bellissima però si è la satira, che a questo, proposito pronunciò il Volchomero, cioè che il Severino cercò di acquistarsi fama dalla moltitudiue delle sue opere, più che dalla bontà delle medesime.

Undici se ne contano delle più accreditate, e che trovansi nel catalogo del libro intitolato Therapeusa Neapolitanus, e che possono rinvenirsi nelle biblioteche de' Letterati.

Ma chi potrebbe indicare le infinite opere inedite da questo fonte inesausto di cognizioni, e di scienze composte? Le sue scoperte nella notomìa furono così interessanti, che il Peye, il Graaf ed il Leutand, ed altri posteriori oltramontani, non si sono vergognati di rendersene

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padroni, dichiarandosene autori.

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Essendo egli fautore di quella medicina mata efficace, che adopera cioè il ferro, ed il foco sendo chirurgo di questo primario Ospedale degl' Incurabili soggiacque alla gelosia de' suoi emoli, ai quali riuscì. di farlo allontanare dal suo impiego, e di farlo persino. porre in prigione. L'innocenza però fedele scuopritrice della verità fece riacquistargli il credito, che se gli voleva offuscare, e nel riavere il posto primiero rimase coperta d' infamia l'altrui perfidia

Nel 1656 pria, che la peste diramasse i suoi aliti mortali in questa metropoli egli fu, che ne predisse le conseguenze, e sebbene si propalassero da' suoi nimici per im posture, e visioni, veggendosi col fatto verificato quanto aveva predetto, egli solo fu istituito, e deputato. alla cura ed ai regolamenti di così contagioso morbo.

Fu così vivo, ed interessante lo zelo, ch' ei pose nella sura de' suoi concittadini in quelle sì pericolose circostanze, che sebbene sogliono i figli abbandonar le madri, e le madri le stesse loro più. care figlie,, egli accorreva dovunque il bisogno lo chiamasse internandosi nelle case le più infette, e negli ospedali i più numerosi, in guisacchè contaminato il dilui sangue di quella lue pestilenziale, dovette anch' egli soccombere a quel desolatore flagello,, che spopolò questa vasta metropoli co' suoi deliziosi contorni.

Nel dì 16 Luglio del precitato anno 1656 contando 79 anni della sua età morì in Napoli questo valente Filosofo, e fu sepolto nella Chiesa di S. Biagio detto de' Libraj, ma per la desolazione in cui trovavasi la Città e forse per invidia de' suoi stessi concittadini che troppo superiore lo vedevano ai loro limitati talenti, non vi fu alcuno, che gl' innalzasse un monumento.

Guglielmo Ernesto Scheffer medico di Francfort non volle che occulta rimanesse la memoria di un'uomo così celebre, ed all'umanità benefico, ed è perciò, che sotto

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