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ALESSIDE.

LA Commedia antica di Grecia aveva con sanguino

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so flagello sferzati i vizj, ed esposti all'abbominio de' saggi, additandoli palesemente, quegli astuti potenti che cercavano di distruggere la libertà de' popoli di quella bella regione. Ma ben presto essa divenne la spoglia sotto cui si nascose il livore; e la virtù istessa fu coperta di ridicolo dall' ateniese mordacità. Il più grande de' Filosofi Socrate, ed il più filosofo fra' poeti tragici, Euripide, posti in iscena dalla satirica immaginazione di Aristofane, attirarono i fischj e gl'insulti del cieco volgo. Allora i Governi conobbero la necessità di porre un freno alla licenza de' poeti, e si vietò di additare i nomi delle persone. Da questa riforma ebbe origine la commedia detta mezzana, che, mirando all'alto scopo di emendare i costumi, si astenne dalla vile satira personale, e si compiacque di destare le risa in quegli stessi, per avventura, ch' erano lo scopo de' suoi sali, e che, sebbene dipinti fedelmente, non riconobbero i loro ritratti. La Magna Grecia in quell'epoca ebbe la gloria di produrre il più grande de' Poeti Comici di questo nuovo genere in Alesside.

Egli nacque in Turio verso i tempi di Serse. Le favole che scrisse ascendono a dugento quarantacinque: ma Meursio ne conservò soli cento tredici titoli. Sembra che desso abbia in queste abbracciato il quadro vastissimo della società, come può scorgersi dal loro catalogo (1). Egli dipinse

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(1) I Certame, i Fratelli, Esopo, Archiloco, Asclepiade, Brezia, Epidauro, i Tebani, Crateva, Farmacopola, i Milesi, Olimpiodoro, Opora o la meretrice, Oreste, il Pancraziasta, il Parasito, i Poeti, la Vita di Pitagora, il Siracusano i Tarentini, l'Amatore della Tragedia, il Governatore, il Ratto d' Elena, il Maestro della Lussuria, la Leucade, Galatea, la Pittura, i Gemelli, i Sette a Tebe, il Fanatico, Trasone, Cleobolina, i Giocatori, i Locresi, la Caldaja, la Ballerina, il Fedro, l'Isostasio, ec.

le astuzie delle cortigiane, le imposture de'sacerdoti i stravaganti costumi de' Pitagorici, il lusso degli abitanti di varie città della Magna Grecia, le adulazioni de' verseggiatori, la viltà de' parasiti, i fallaci stratagemmi de'medici, le ingiustizie de' magistrati. Alesside fu dagli antichi scrittori specialmente commendato per la festività del dialogo, e la soavità impareggiabile della sua versificazione. Egli aggiunse l'esatta dipintura de'costumi, ad una satira urbana non sanguinosa, siccome negli scritti de' poeti comici della commedia antica. Ateneo (Lib. II. cosi ne parla: Festivus est propoma omnino illis offert, qui ejus venustatem possunt. intelligere ac discernere.

Dobbiamo dolerci che l' invido tempo abbia consunte tutte le sue commedie, e che l'indefessa diligenza degli Eruditi sia giunta solo a raccogliere pochi frammenti di esse, i quali, a vero dire, bastano per darci un altissima idea del nostro Alesside. Signorelli (1) ne ha tradotti alcuni in Italiano che noi qui riporteremo.

Della favola Aywv, certame, Grozio ci conservò un frammento con cui si beffa con molta grazia la ridicola vanità de' nobili poveri, che nulla ostante vogliono apparire doviziosi. Eccone la versione Italiana del Signorelli.

Conobbi io bene un nostro cittadino
Vano ed altero in povera fortuna,
Che possedendo pochi argentei vasi,
E sottili e leggieri, e grave e gonfio
Con voce al par di Stentore sonora,
A se chiamava il servo unico servo
Ch' ei mantenea ma che valea per cento
Perchè a ben cento cariche suppliva:
E a lui dicea, Strombichide, oggi in tavola
Non metter dell'inverno il vasellame;
Vò quel che adoprar soglio nella State.

(1) Vicende della Coltura delle Sicilie, Vol. 1.o

Un altro venustissimo frammento, che ci è rimasto della favola Acwrdasan Maestro di lussuria, si è il seguente:

Non lasci tu di rompermi la testa
Col nominar si spesso Odeo, Liceo,
Congressi di Termopile, e cotali
Filosofiche ciancie, ove di bello

Nulla si scerne, e d' increscevol molto?
Beviam, torniamo a bere, e insin che lice
Senza noja viviam : d'inutil cura

Non si opprima la mente. Ah non vi è cosa
Più del ventre gioconda. Ei sol ci è padre,
Ei madre, ei tutto. La virtù, il dovere,
Eccelsi gradi, ambascerie, comandi
Di eserciti, vocaboli pomposi,
Vanità, fasto, nulla han di reale
E dopo un velocissimo romore

Passano, al par de'sogni, in sen del nulla.
L'ora fatal sopraverrà ben tosto

E t'avvedrai che dal mangiare e bere,
Tranne il diletto, nulla alfin rimane

Cimon, Pericle, Codro, oggi son polve (1)

I frammenti che ci rimangono delle commedie di Alesside furono raccolti dallo Stefano, e dal Morello fra le sentenze degli antichi commediografi.

Poche sono le notizie, che ci rimangono della sua vita. Da Plutarco (2) sappiamo che morì sulla scena nell' atto ch' era stato coronato. Forse fu l'effetto dell'eccessiva letizia. Egli lasciò un figlio chiamato Stefa

(1) Mi sembrò anche pieno di venustà un altro frammento della sua commedia il Fedro, in cui vaghissimamente si descrive l'Amore. Io lo resi così in volgare :

Ne uom ne donna è Amor; nè fra' mortali
Debbe porsi o fra' numi; di prudenza

I dettami aborrisce, eppur di folle

Non merta il nome egli ogni forma prende,
Ogni vario costume, ogni maniera..

(2) Plut. an seni gerenda Respublica.

mo, il quale, ci attesta Svida, che coltivò ancora la Commedia mezzana. Ateneo cita di lui il Filolacone ossia fautore degli Spartani.

Egli ebbe per ultimo l'alta gloria di essere lo zio di Menandro, di quel Menandro che creando la commedia nuova spiegò tutto il nitore della Greca lepidezza; che fece dimenticare tutti coloro che lo precedettero nella comica carriera, distruggendo anche la fama di Aristofane ; che vestì la greca commedia siccome una vergine dotata di tutte le grazie, e non la dipinse come una sfrontata cortigiana, sull'esempio di Eupoli, di Cratino, e del beffatore del saggio Socrate; le cui opere immortali, sebbene nella maggior parte perdute, conservateci da Terenzio c'incantano anche oggidì, chè noi siamo posti in tanta distanza da que' tempi da que' costumi.

come

Alesside fu il più gran poeta comico della commedia mezzana. Noi non negheremo che le nostre regioni non produssero un numero di Tragici, e di Comici che trattarono l'idioma greco, da potersi comparare a' tanti di Sicilia e di Grecia. Ma bastano i nomi di Alesside " e di Rintone, che inventò le favole Italiche (1) per ren derci grandi anche in questo genere.

GIUSEPPE BOCCANERA DA MACERATA.

(1) Rassomigliavano queste favole alle commedie Pretestate de' Latini, nelle quali dipingeansi le private passioni de'grandi personaggi dell' antichità in aria comiea, ed alla nostra Tragicommedia.

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